. Ricordai il giorno e il luogo e il mese e l’anno e l’abito e il profumo e la luce del meriggio e l’ansimare delle rose e il suo collo fruttato e i suoi capelli e i suoi occhi che non stavano conchiusi in un circolo ma si stendevano in un largo paesaggio palustre e il desiderio di fonderci e la sublime idea d’essere platonicamente fatti l’uno per l’altra e le piccole parole e quello staccarsi insieme dal terreno, come foglie di pioppodello stesso ramo portate a turbinare in una danza composta, roteante, indi direzione delle nubi più sconvolgenti che mi fosse capitato di vedere; bianche, bianco-rosee, e il suo collo, e la sua perla all’orecchio, e così volando, innalzandoci e tenendola abbracciata, ebbi modo di vedere la polvere che stava sopra il cornicione dorato di una chiesa.
L’area di servizio, dopo Ventimiglia, s’inclina verso il mare. C’era odore di neve e di sale. C’era odore di notte, di granchi crivellati, di sarde cotte dal sole e rinvenute con le piogge, di fritture, bitumi, benzine e di onde nebulizzate. . Lo spazio è davvero minuscolo. L’area carburanti e, da un lato na bar o poco più su quale si alternano cornacchie indonni e gabbiani fuori orario, alla luce dei faretti, disputando una rumorosa partita per patate fritte rimaste sull’asfalto accanto a un contenitore bianco di plastica e a un pugno di gamberi cotti nello stesso olio, ma randagi, attorno al bidone delle immondizie. All’estero, poco lontana dal vetro dell’autogrill troneggia un’inserviente piccoletta, a braccia nude per le caldane, nonostante il vento freddo. Ha un cappellino da friggitoria calcato fino alla radice del naso e si dimena nelle ciabatte portando in tensione i polpacci per farsi più alta, impugnando una scopa con entrambe le mani, che fa roteare per colpire i volatili che la scansano con sorprendenti virate o innalzamenti ingiuriosi e subitanei nell’aria. Poi se ne stanno bloccati a tre, quattro metri dal tetto, lanciando sacramenti e sterco ingiurioso. Il parcheggio è praticamente deserto. In sosta, un camper bianco e un robo come un suv. E una di quelle grosse macchine con ruote di frantumazione d’ogni pedone. Non so se ci metteranno a disposizione il camper o l’altro marchingegno, cioè quella specie di Suv. No. Il camper non mi andrebbe.
– Prima di entrare mi dici cos’hai nascosto,Mazarine.
– Dopo. Promesso.
– Fammi un favore
Mazarine non risponde, ma ride.
Le veneziane semiaperte della vetrata ritagliano il barista che pulisce il banco, una sua collega che guarda verso di noi, ma è come se non ci vedesse, anche se siamo molto vicini. E’ un autogrill notturno con luci lattiginose alla Hopper, affogate di malinconia, persone con lo sguardo fisso all’esterno, con anime dalla vescica natatoria esplosa, che salgono, verso il soffitto. Un’ombra nera con bottoni d’argento viene verso la porta.
L’architetto si affaccia all’esterno e azione immediatamente, con sigaro e accendino, una nube di benvenuto, intrisa del blu-incidente della polizia che avanza un tratto e viene poi frantumata dal vento. Saluta con grande affabilità. Dice che è felice che tutto si sia risolto perfettamente e che si aspettano molto da noi, per quanto riguarda la croce. Poi mi cita un breve saggio, – indimenticabile, aggiunge – che ho scritto sulla Cena in Emmaus del Moretto. Racconta che gli era sfuggito, nonostante segua con interesse i mie lavori, ma che gliel’aveva segnalato Salvatores, il regista. L’ha letto e riletto, l’ha consigliato agli amici. Lo ringrazio, ma dico che il merito è tutto di Moretto. Moretto mostra la capacità assoluta del regista. Meglio delle Cene in Emmaus di qualsiasi altro autore, meglio di Caravaggio. Il preambolo, fuori scena, è questo: Sì, i due discepoli senza nome camminano, lontano, mentre si fa sera. Sono addolorati, delusi per la morte di Cristo. Davanti a loro si è spalancato l’abisso del nulla. Incontrano, lungo la via, un pellegrino e con lui entrano in una locanda perché ogni oscurità avanza. Il quadro, naturalmente è solo un fotogramma, che stringe sulla locanda ma che è infinito, sotto il profilo della scansione del tempo. L’oscurità, l’atmosfera rarefatta. I sentimenti sono sospesi. Nessuno può sapere chi sia quel pellegrino nonostante qualche pagliuzza di luce. Il nichilismo è un plancton velenoso, come il gatto ammalato, il clandestino demoniaco che si lamenta ai piedi del tavolo. Il gatto ha la rogna nichilista e un’espressione contorta, assolutamente da opinionista televisivo. La rogna nichilista si vede bene che scava dentro e lui che si gonfierà a dismisura fino a esplodere in lacerti di pelliccia marcia, mandando pezzi putridi verdastri in tutta la locanda, ricavata in una chiesa. C’è un presagio di soluzione, ma non la soluzione. Eppure quello che deve accadere accadrà. E tu trattieni respiro, con gli altri che stanno dentro il quadro, perchè sta accadendo, ma non accade, ma sai che accadrà perchè deve accadere.
Gli rispondo che faremo del nostro meglio.
– Lavorerete bene insieme, ne sono convinto” aggiunge l’architetto
-Penso che sia ancora presto per dirlo, in termini di affiatamento, visto che ci siamo conosciuti soltanto stasera – dice Mazarine, con un tono lievemente sarcastico. Poi con assoluta indifferenza chiede cosa ci faccia la polizia là fuori.
– Sono lì da un po’. Magari tu ti fai strane idee, mentre loro sono lì, in pausa e assistono alla partita tra gabbiani e cornacchie. Se l’auto della polizia sta ferma lì, evitiamo comunque che qualche sconsiderato, se la prenda con noi, non è vero Mazarine?
– Certamente, ma io penso di aver trovato il modo per partire senza che si offendessero –
– Ti piace troppo giocare con gli sconsiderati. Mi sembra che tu senta l’ebbrezza del pericolo e che l’adrenalina sia una specie di droga, per te. –
– E’ una critica?
– No, Mazarine. Sto scherzando un po’, non prendertela. Volevo solo dire che hai svolto un ottimo lavoro e che, sono quasi certo, ti rinnoveranno il contratto per un altro anno. Pensate che qualcuno vi abbia seguito?
– Mi sarò anche esposta con i magrebini , ma per ore sono stata completamente irreperibile rispetto a quelli di Avignone. Non mi avrebbero mai trovato. Anche perchè avevo detto che sarei partita con una mia amica, in auto e avrei passato qualche giorno a riposare e a pensare.
– Hai svolto un grande lavoro Mazarine, ma avresti dovuto essere un po’ più prudente. Il simpatico signore che hai lasciato ad Avignone… Ti saresti dovuta limitare a scattare qualche foto della lettera. Quando si renderanno conto che non tornerai, ecco a quel punto potrebbe diventare piuttosto pericoloso per te.
L’architetto non vuole proseguire nell’analisi degli errori commessi dalla ragazza. Così si interrompe e mi abbraccia fraternamente, mentre la donna delle pulizie, interrompe le sciabolate nel vuoto e abbassa la durlindana in segno di rispetto. Gabbiani e corvi molleggiano le zampe sul tetto dell’autogrill, gracidano e urlano a ritmo, ridono, ci prendono solennemente per il culo, in un’imprevedibile alleanza temporanea.
L’architetto mi abbraccia forte e io ricambio di vero cuore. Non so se vi stanno sulle palle quelli di Comunione e liberazione o giù di lì, ma almeno ti stringono forte e ti fanno sentire a casa, senza tante manfrine pretesche, anche se è la prima volta che li incontri. A me piacciono queste cose, anche gli abbracci virili tipo Silvio Pellico e Maroncelli, tipo Anselmo Guerrieri Gonzaga e Mazzini, magari con un braccio solo perchè l’altro è coperto dal mantello. E in quel momento sussurri con voce melodrammatica: fratello! Il massimo è poi quando dopo averti sbaciucchiato, al meeting di Rimini, ti affidano alle ragazze del movimento che ti stringono, una ad una, da cuginette e sorelline come se tu avessi giocato al malato e alla dottoressa o viceversa, fin dai tempi più remoti del paleolitico della tua infanzia quando appena appena conoscevi l’uso del bastoncino per accendere il fuoco. Però che conforto, le ragazze del movimento. E al meeting di Rimini, poi. In genere sono carine, tutte fragoline, mutandine a pois, magliettine con granchietti e iris, panne insufflate, ambrosia, ribes, camicette con pappagalli e frutti di bosco, croissant su e giù, fiati di ciliegia sotto Spirito, code di cavallo, caschetti, capelli lunghi lucidi perchè amano pettinare la vitae annaffiare il giardino dell’anima e abbeverare dalle mani l’Unicorno perchè, amano Gesù e il prossimo e si cospargono pelle e coscette con balsami d’ambrosia e sono semi-vergini, cioè proprietarie, quantomeno, di un lacerto d’imene avveduto. Per metterti a tuo agio ti abbracciano, poi ti fanno dondolare maternamente, mentre ti stringono, così senti il contatto con i due piccoli morbidi animali da compagnia che sono accucciati sotto il reggiseno, al caldo, sul loro petto e non ti abbaiano nemmeno addosso, nonostante siano molto compressi. E senti che ognuna, sul petto, ha due animaletti, diversi da quelli delle altre. Diversi d’incarnazione, espressione della moltitudine gioiosa dell’Uno: così assapori la diversità inesausta dei fenomeni, cioè delle singole incarnazioni dell’idea di Tetta, gioisci d’ogni singola effrazione rispetto al noumeno sempiterno e celestiale della Tetta sovrana, platonica, quell entra perfettamente nella coppa di champagne delle ragazze del Moulin Rouge. Le tette delle ragazze di Comunione e Liberazione si pongono come elastico sostegno dell’assoluta varietà nell’unicità della Creazione e, peranto, della preziosità di noi tutti, esseri non creati in serie, ma plasmati, uno ad uno. Così mentre ti coccolano, tu pensi evviva la differenza nella differenza, e con il tuo torace valuti il loro. Sotto le magliette ci sono infatti agnellini con occhietti piccoli, cuccioli di pastori maremmani con occhioni estroflessi, duri e languidi, volpini nervosi che vengono in su con un musetto di zibibbo, ghiri, scoiattoli arrotolati per il letargo, porcellini d’india, caldi caldi, che son tutta pancia rosea e nasetti d’un rosa oleandro. L’architetto indica il Suv. Sarà la nostra auto. Funebre e solida.
– Speriamo che non abbia le marce automatiche. Non sopporto le marce automatiche; mi piace guidare, cambiare nel momento in cui decido io.
– Appartieni ancora alla generazione dei fallocratici impenitenti – dice l’architetto – Don Marco avrebbe voluto mandarti una Giulietta originale, rossa, con il motore rifatto e il tutto il resto a posto. Ci aveva pensato seriamente, perchè voleva viziarti. Sarebbe stata troppo evidente. Ti ricordi il biondino della spider rossa?
– Aveva sequestrato e ucciso una ragazzina, tanti e tanti anni fa, da queste parti.
– E se non sbaglio fu proprio la spider rossa a rendere evidente il rapitore.
– Il Suv ha il camion automatico?
– Don Marco ci ha obbligato a trovarne uno con il cambio manuale.
– Benissimo
Mazarine è contrariata e nervosa. Dice di non capire perchè ci facciano cambiare l’auto e sbattere nel cesso i telefonini e che davvero, quella cosa, le sembra un po’ esagerata. L’architetto le mette una mano sulla spalla e spiega paternamente che sarà anche un’esagerazione, ma così siamo tutti più tranquilli. Poi annuncia che mangeremo qualcosa insieme all’autogrill. Aggiunge che hanno prenotato per noi due camere a Recco, dopo Genova, Per cui potremo viaggiare insieme fino a Recco. Elena sulla mia auto, l’architetto sul camper, io e Mazarine sul Suv, così mi impratichisco un po’. Ah, l’hotel si chiama proprio Elena. Hanno telefonato all’albergo chiedendo se è possibile occupare, anche se fossi tardi, una saletta per le riunioni.
L’architetto dice anche che gli servono informazioni precise sul gruppo di Avignone, prima che noi ripartiamo per Parma, per un certo incontro. Organizzazione, contatti esterni, azioni nel mondo arabo. Vuol poi sapere se il barone finanzi il gruppo e capire perchè, insieme a movimenti americani, stiano puntando a mettere in crisi Benedetto XVI. E la vicenda dei quadri donati da alcuni pretri francesi e macinati.
– Come,macinati! – dico io.
– Macinàti – risponde Mazarine
-Passati al frullatore- aggiunge l’architetto.
Lui si è fatto un’idea dell’intera impresa avignonese. Che il gruppo sia fatto procedere autonomamente, con idee autentiche, conversioni di giovani arabe, finanziamenti a gruppi femminili di resistenza presenti in nord Africa, contatti con il clero nazionalista e tradizionalista francese e italiano e, al tempo stesso con gli antagonisti e con qualche maestro sufi. Non mette in dubbio l’autenticità delle intenzioni di Aleksandra e degli altri. Ma ritiene che la mafia vegli sul gruppo stesso per osservarne la crescita. Se il modello dovesse funzionare attraverso la convergenza della visione femminile della religione il modello potrebbe essere un’arma temibile. Il crollo dell’Isis avverrà attraverso le donne. Questo potrebbe creare vantaggi maggiori a quelli conseguiti da Cosa nostra nella collaborazione stretta con gli Alleati, non solo nello sbarco in Sicilia, ma per le operazioni sull’intero scacchiere.
L’architetto appoggia la schiena al Suv che è perfettamente lucido:- E’ da quel momento che la mafia ha maturato il diritto di sedere accanto ai vincitori. I rapporti di non belligeranza con lo stato italiano sono iniziati proprio allora e si sono traumaticamente interrotti con l’avvento dei corleonesi. Negli stessi anni in cui i sindaci erano designati dai mafiosi, senza veti da partedel governo italiano e degli americani, gli Stati uniti aprivano le porte dello Ior a una mafia ancora controllabile. Marcinkus era un cardinale americano e si fate un giretto su internet capirete con chi era in contatto.Ora c’è da immaginare cosa potrebbero ottenere le grandi famiglie mafiose se, senza l’uso di armi, ma attraverso una contrapposizione attutita, domestica – che farà certo vittime, ma non quante le armi da fuoco, -si raggiungesse un risultato di vittoria incruenta, attraverso l’isolamento assoluto dei fondamentalisti.
L’architetto spegne il sigaro scalzando la punta infuocata con il lamierino del posacenere e lo lascia in deposito, all’esterno, con la parte superiore per rilevata affinche non si sporchi di cenere unta.
– La nostra non è una religione etnica, ma la religione del mondo, dell’insurrezione alle ingiustizie, dell’amore. E non capiamo che quelle che si stanno combattendo sono tutte guerre di religione, poichè ogni religione ha una visione del mondo e ogni visione del mondo comprende anche una visione politica ed economica. Sunniti contro sciti, ex luterani contro ex cattolici, ex ortodossi contro ex luterani, ebrei contro musulmani, ebrei sospettosi nei confronti dei cristiani, atei contro il resto del mondo, cristiani che sono costretti a non mostrare diffidenze nei confronti degli ebrei. Solo attraverso la religione della conciliazione si può giungere la pace.
– Vedo che ti vuoi iscrivere anche tu al gruppo di preghiera d’Avignone – dice Mazarine, ridendo.
– Si, dai, forse sto esagerando, ma questi hanno le idee molto chiare. Più della signora Merkel che fa avanzare in Europa i cingolati invisibili della finanza per portare la Germania sopra tutti gli alleati. In fondo hanno perso ogni guerra, seminando solo distruzione. E perderanno anche questa volta. Agli americani quella signora piace sempre meno. Ottima sotto il profilo tattico, ma disastrosa stratega, quanto i suoi antenati degli altri Reich.-
L’autogrill è minimo, ma ha reparti di libri, di dolciumi e qualche specialità regionale. I baristi mi salutano annoiati. Pochi tavolini, c’è soltanto Elena. Lei si alza dalla sedia, io le dico: Signora, stia pure”. “Che vento meraviglioso, stasera” Fa lei, allungandoimi la mano con cordialità” E che scena incredibile, le cornacchie e i gabbiani e la signora rotondetta che li vuol prendere a scopate. Non li sopporta perchè sporcano i vetri e perchè arrivano sempre di notte, quando lei è di turno”.
“Ma non le basterebbe togliere le patate fritte e i gamberi, dalla base del bidone?”
– I dipendenti mi hanno raccontato che che ogni sera i due gruppi tornano, anche se non c’è nulla da mangiare. Un gruppo difende il bidone. L’altro attacca. Il gruppo che perde un round si ritira sul tetto dell’autrogrill e prepara un’altra planata. E’ in svantaggio chi presidia il bidone, perchè gli altri calano dall’alto. Ma adesso, a quanto pare, come mi raccontava il signore del bar, i corvi usano fanteria e aviazione, contemporaneamente.Nel senso che alcuni stanno a terra mentre gli altri, in volo, difendono le postazioni dei fanti. Non è assurdo e ridicolo?”
– Io non sono un etologo ma, in effetti, mi sembra che questo sia un comportamento simbolico. Sono passati alla ritualizzazione dello scontro. Lo sport di squadra, tra gli uomini, è forse nato in questo modo. Le cornacchie sono intelligentissime e credo che i gabbiani ossano contare su una struttura più agile. Sono più manovrieri. Una bella gara”.
Io ed Elena ci guardiamo e ci riconosciamo senza sapere esattamente dove ci siamo visti. E tocchiamo, con i nostri sguardi certe polpe interne, certi nervi occulti, d’una pasta fangosa e malleabile sulla quale è rimasta reciprocamente un’impronta; chissà quando, magari una volta in treno,un secondo solo,ma ci siamo già visti. Cerco di pensare a quello sguardo e di cercarlo dentro di me per capire se io mi confonda i suoi occhi con uno sguardo simile di un’altra donna; ma il modo di guardare è proprio quello, pieno di un senso di accoglienza, di casa e di una pace che potresti trovare soltato sdraiandoti in lei. Ma per quanto mi sforzi e per quanto abbia percezione che il ricordo non è sbagliato, per quanto il mio mestiere con quadri abbia potenziato notevolmente una memorie visiva che già possedevo da bambino, il suo sguardo si lega, in pfofondità solo a un’aggettivo antico, con il quale kl’avevo catalogato., non ne trovo riscontro nemmeno nelle fanchiglie dei pensieri piùlontani. Mazarine chiede dove siano i servizi. “Sono di fronte al distributore di benzina, vengo anch’io con te” dice Elena.
L’architetto mi guarda “Fa freschino, Se non hai bisogno di andare in bagno, resta pure qui. Prenditi una birra o qualcosa. Do io un’occhiata alle due signore”. Le vedo attraversare l’area di servizio. Parlano con l’affabilità di amiche. E lui le segue a una decina di passi di dsatanza. E’ un uomo aperto, con un’ombra lunga e pacata, che ha il potere di espandere una gioia moderata ma ben percettibile. E di cosa gioirà, mentre alza il braccio per salutare uno degli addetti al distributore di benzina, che si è fatto più in qua per vedere il finale della partita tra volatili?. L’auto della polizia stradale. e’ avanzata di qualche metro, entrando nel piazzale e ha spento i lampeggianti finalmente. Guardano gli uccelli, la signora, poi le auto, quindi all’interno dell’autogrill. Sento l’abisso della stanchezza e della solitudine; c’è sempre qualcosa di orribile di melmoso che mi insegue. Un’oscurità dolorosa.
La donnetta grassa rientra, facendo sobbalzare la culatta della scopa.
– Domani notte porto le trappole per topi – proclama solennemente
Potrei avere una birra, per favore? –
Prendo il bicchiere ghiacciato e volto le spalle al bancone. Siamo ai lati del mondo, in un gorgo spumoso in cui il tempo trascorre lentamente, girando su se stesso. L’architetto adesso cammina in direzione della pattuglia stradale.I lampioni, da posizioni diverse, gli mettono attorno tre ombre. Elena e Mazarine tardano ad uscire dai bagni. Qualche auto scroscia velocemente sull’autostrada, poco più là del guard-rail. Il poliziott oche non sta alla guida abbassa il finestrino. Si parlano, l’architetto ride in beatitudine. Si appoggia scioltamente alla capotte dell’auto per proseguire la conversazione. Mi viene da pensare, per un attimo, che potrei essere io la preda di questa piccola catena di allucinazioni e che la messa in scena, così convincente, possa essere stata ideata per una somma di utilità marginali legate alla mia scomparsa.
Tra un attimo avrei consegnato il telefono, lasciato l’auto in una stazione deserta, nei pressi del mare. Le telecamere di sicurezza del distributore e della cassa potuto essere segnalata dieci o quindici giorni dopo e che nel frattempo il sistema circuito chiuso avrebbe sovrascritto alla mia immagine di altri volti e auto. Stasera i poteri bancari internazionali riprendono il pieno controllo dell’Italia. La Germania, sconfitta in due guerre, assume un potere dittatoriale dell’Europa attraverso i flussi finanziari. Hanno ridotto Berlusconi a un pagliaccio e l’opinione pubblica s’è formata su quanto scrivono i giornali, che sono controllati dalle banche. Non dico che don Marco o Mazarine mi vogliano far fuori con le loro mani.
Elena e Mazarine entrano di corsa perchè hanno freddo. Anche l’architetto saluta i poliziotti e rientra.
– Allora, Mazarine, sei pronta a raccontarci cos’hai inventato per lasciare
– Al vecchio sono simpatica. Dice che mi vorrebbe come nuora. S’è messo in mente, tre o quattro mesi fa, che io e suo figlio Jacques potessimo sposarci. Sai, non è vecchissimo, ma è un tipo molto inamidato. Io gli rispondevo: si vedrà, si vedrà se Jacques non si comporta come tutti gli altri uomini. E così gli raccontavo che un legame duraturo deve basarsi su presupposti certi.E poi avrei voluto lavorare per un po’ di tempo, prima di stare stabilmente con qualcuno. Lui si informa discretamente ogni giorno dei progressi di Jacques nei miei confronti. Così entriamo in confidenza. Raccoglie, attraverso le sue fonti, tutte le informazioni sulla mia famiglia, che mi gira con estrema discrezione, come se parlasse di una famiglia nota a tutto il mondo.E’ come se pensasse di avermi, fisicamente, attraverso l’azione di suo figlio e di conquistarmi attraverso il suo spirito
– Una situazione molto pericolosa. Non so se te ne se resa conto Mazarine. Lui si è certamente invaghito di te; pensa di aver compiuto una nobile rinuncia a favore della propria famiglia, ritenendo di sceglierti, secondo una modalità arcaica, per il proprio figlio, ma, al tempo stesso di non rinunciare a una sorta di amore platonico, che completa e corregge l’immaturità di Jacques. Il problema è che se il vecchio dovesse sapere che hai tirato per il culo mezzo mondo e hai informazioni sulla sua famiglia, sul gruppo e che hai tradito la sua parte spirituale, potresti avere problemi molto seri. Per cui stasera si cambiano auto e telefonini.
– Non c’era nulla di migliore per avere accesso a tutto. Il vecchio non mi poteva mettere in situazioni di imbarazzo perchè mi vede come una propria nuora. Jacques mi desidera,ma quando annuso qualche mezza imboscata metto sempre di mezzo sua sorella Aleksandra, che considera il fratello uno sconsiderato muscoloso. Aleksandra vorrebbe che io entrassi in famiglia e capisco anche il perchè. Cementando la nostra amicizia con una parentela potremmo cambiare il corso alla famiglia, ripulirla. Intanto il vecchio per farmi capire in che famiglia potente sarei entrata mi fa vedere autografi di gente importante, lettere, libri firmati, fotografie. Poi mi chiede se io abbia voglia di mettergli un po’ di ordine tra tutti quei ricordi, ordinandoli per date – perchè pensa di scrivere un giorno la sua autobiografia – numerandoli e rilevando le personalità in un data base del computer. Vuole dimostrarmi che lui mi considera già una di casa e che io capisca non solo che sono molto ricchi – per questo lavoro mi dà cinquemila euro, subito, in contatti, chiusi in una bella scatoletta colorata -ma potenzialmente vicini ai maggiori centri di potere. Negli ultimi giorni mi mostra la lettera ricevuta segretamente dal cardinale che, dice lui, gli chiedeva un parere. Mi domanda se io sono in grado di capire cosa voglia dire quella croce formata da quadri, ma io gli rispondo che mi sembra una semplice lettera anonima. Invece vedo immediatamente che la croce è formata da elementi che paiono dotati da una certa congruenza. Siccome le informazioni che ho raccolto in un anno sono sufficienti ed è venuta fuori queste novità della lettera, telefono a don Marco, che mi chiede, senza espormi di fotografarla e poi di partire, con tranquillità. Io invece non voglio fare una semplice foto. Mi è venuto in mente che se non porto la lettera vera, magari non mi credete. Così mi organizzo. Siccome ogni sera il barone mi fa prendere un pacco di carte che io gli catalogo con il computer, nel mio alloggio, e poi sistemo in apposite cartellina, ogni mattina, tornando alla villa, inserisco la lettera in un mucchio di fogli e fotografie. Lascio la foto a casa insieme ad Chiamo una ragazza che conosco – aveva frequentato con me il corso di estivo di restauro – e che non abita molto distante dal mio alloggio ad Avignone. E’ molto bella e fa la prostituta d’alto bordo, in tutt’altra zona, Jacques non può conoscerla. Così chiamo la mia amica che si offre, per un paio di giorni, di risolverci un piccolo problema legato alla datazione dei solventi dei quadri
– E cosa c’entrano i solventi dei quadri?
– Ho già informato don Marco su questa cosa, ma poi, se vuoi te la dico. Allora Amelie arriva. E bellissima. Nella versione della ragazzina studiosa e candida. Nessuno avrebbe mai potuto sapere chi fosse. Le avevo anche fatto vedere foto del vecchio, di tutti quelli della villa. E lei non aveva mai incontrato nessuno di loro. Anche perchè non esercitava in pubblico o nei locali. Ma con la diffusione dell’indirizzo da amici ad amici.
. Lascio Jacques e lei in laboratorio. E immagini quello che succede, Io entro alle 20,40 e fotografo con il telefonino. Grido come una pazza. Jacques mi insegue. e grida. Io mi butto tra le braccia del vecchio. Gli dico se vuole vedere cosa faceva Jacquaes, con la mia amica. Lui mi risponde: Hai ragione, Mazarine, ma perdonalo”. Poi mi fa cenno di dargli il telefono. Apre l’immagine. “Mi permetti di cancellarla?”. Io gli dico di sì con la testa. Poi credo che aora altre immagini per controllarle. Non ho mai scattato nulla di strano, con il telefonino. Cui sono solo, paesaggi, foto di gruppo. Non c’è nemmeno un’immagine della villa, del laboratori. Lui si scusa, mi riconsegna il telefonino e io gli dico che vorrei andarmene da mia mamma perchè ero stata offesa dalla mia amica a da suo figlio. Amelie viene chiamata. Si scusa. Dice che non ne sapeva niente.
-Sei sicura che non ti abbia lasciato andare per capire esattamente chi tu fossi davvero? Oppure perchè tu contribuissi a diffondere, pur in ambienti ristretti, la notizia del recapito della lettera ai cardinali?
-Non credo proprio. La lettera io l’ho vista per la prima volta cinque giorni fa. E hi finto di non farci molto caso.
– E tu hai motivo di ritenere che loro abbiano pensato a te esclusivamente come storica dell’arte ed esperta in materiali pittorici
– . Ma mi sono fatta immediatamente coinvolgre anche nelgruppo di preghiera e nelle attività di propaganda, per quando sotterranea. Poi naturalmente dalle sperimentazioni sui quadri, alla ricerca dipossibili risorse.E pensavano che io avessi perfettamente aderito alo loro pensiero in campo, diciamo così pastorale,
-Cioè
– Creare il nucleo di una chiesa femminile, ribelle, in grado di accogliere estremiste, ecologiste, vecchie filosofe del sessantotto, ragazze vicine ai blac bloc o ai gruppi dell’estrema destra anti-araba e anti ebraica. Il gruppo può mantenere una propria autonomia assoluta, finanziarsi con centinaia di milioni di euro,creando peraltro una truffa colossale nell’ambito del mondo dei musei e del collezionismo. Stavamo preparando la base per creare ex novo, ma con solo materiali antichi, Gesù al Getsemani di Caravaggio, scomparso nel 1945, a Berlino.
Realizzare, destrutturando tele antiche, macinando la pellicola pittorica per ottenere colori da riutilizzare per creare falsi non rilevabili ad alcun prelievo.
– nella rimozione dello strato pittoricp, nela macinazione dei colori e nel recuopero delle tele che erano state donate dal alcuni parroci.
– Ho fatto tutto quello che c’era da fare, sotto il profilo tecnico. I risultati sono stati molto buoni, abbiaHanno mai pensato che tu potessi controllarli?
No
-Prendi il mio cellulare che trasmette su bande non rilevabili e chiamalo. Come vi siete lasciati?
– era dispiaciuto ma tranquillo. Io sono partita all’improvviso. La lettera l’ho vista cinque giorni fa. Ho subito capito che avrei dovuto costruire qualcosa di plausibile, per tornare in fretta, con la lettera in mano.
– Tu avevi accesso tranquillamente al suo ufficio
– Sì, sempre.
Il vecchio diceva che io avrei dovuto sposare suo figlio
Dopo la tua segnalazione siamo riusciti a recuperare trentadue lettere, compreso l’originale che era stato inviato al papa.
– Per cui disponete anche dell’originale.Ci sono differenze con le copie?
-Nessuna sono buona fotografie. Ma quella mandata ai cardinali non ha, come l’originale, la parte posteriore del foglio.
-Avete trovato qualcosa di importante?
– Le immagini sono state incollate su un vecchio foglio di carta da lettera intestato, poi vi dico achi
-E l’originale è arrivato nelle mani del Papa?
– No, fermato prima. Abbiamo inviato ai servizi italiani la busta e il foglio della Croce. Nessuna delle due, nemmeno sulle vecchie fotocopie dei quadri,che sono molto ricettive all’unto è stato trovato niente. Nessuna impronta, nessuna traccia genetica.Nulla, come se la lettera fosse stata portata dall’arcangelo Gabriele in persona. Poi forse prelevata da un cameriere o da una cameriera del Santo Padre che, in servizio, usano i guanti.
– Immagino che quella non sia stata fatta partire da Brescia
-No, è stata depositata a mano tra la posta del Papa senza che abbia percorso i tratti che portano allo smistamento, agli uffici per le risposte ordinarie, agli archivi o alla segreteria di Stato. Tutto quello che arriva al Pontefice viene selezionato e protocollato.
– E questa lettera non è stata protocollata
– Al Papa non sarebbe mai consegnata una lettera anonima. Verrebbe fermata ben prima.
. Significa che è stata aggiunta alla corrispondenza del papa all’interno dell’appartamento, da qualcuno che può accedere liberamente. Qdi u
–
Non abbiamo molte altre informazioni,ma qualcuno ha immediatamente avvisato i servizi italiani, che hanno preso in carico il documento per esaminarlo. Se Mazarine non avesse trovato quella busta ad Avignone, non avremmo saputo nulla. In Vaticano non sono contentissimi che tu abbia preso quella busta
-Perchè?
– Perchè avrebbero lasciato cadere tutto. I cardinali di curia e il segretario di Stato che deve averla ricevuta, in quanto cardinale, devono aver pensato che fosse meglio evitare che anche questo foglio contribuisse ad avvelenare il clima. Devono aver pessato che fosse fruttodiuno stupido gioco, all’interno del palazzo.
– I cardinali di curia le hanno ricevute da Brescia o anche loro brevi manu?
– Loro, attraverso la posta.
–
Le luci della stazione di servizio si spengono all’improvviso ed entra in funzione immediatamente l’impianto di sicurezza, con i neon, nei punti nevralgici.
- Mi spiace, dice la cameriera – devono essere i lavori che stanno facendo da alcuni giorni.
Il telefono suona. E’ don Marco. Non rispondo. Potrei uscire, salire sulla mia auto e lasciare Mazarine e gli altri in questa stazione di servizio, ma resto per vedere, tanto sono uno spettro. Appoggio al tavolo il mio cellulare e le chiavi dell’auto. L’architetto, la moglie e Mazarine si siedono al tavolo. La cameriera prende due candeline e le appoggia davnti a noi
- Tutto molto più intimo, grazie – dice l’architetto –Avete ancora del pane alle olive?
- E’ tardi. Finito.
- Ci basta quello che abbiamo, lo divideremo da bravi fratelli- dice la moglie dell’architetto.
Lei prende il pane dal cestino e congesto elegantie delle mani lo spezza in quattro parti che sembrano perfettamente uguali. Il braccialetto con piccoli pendenti d’argento risuona allegramente. Ha una grande gioia negli occhi e mi sembra di conoscerla da sempre. Le due candele illuminano l’iride dei suoi occhi, che hanno un colore d’ambra e fiume. Cerco di capire dove l’ho incontrata, ma non ricordo. Le cameriere si fermano e ci guardano. Le candele