di Luca Turelli
[U]n ritratto che non dovrebbe esistere, un uomo all’apparenza immortale. Ecco il resoconto di una vicenda accaduta nella Venezia del Seicento, che ebbe per protagonisti l’alchimista Federico Gualdi – lo studioso che sarebbe divenuto un punto di riferimento teorico per Cagliostro – e, indirettamente, Tiziano.
La trasmutazione dell’oro, la ricerca dell’elisir di lunga vita sono temi circonfusi da un’aura mitica. Argomenti di questa portata non potevano rimanere estranei alla sfera della pittura, sia per quanto riguarda la rappresentazione di soggetti dal significato ermetico, comprensibili a pochi iniziati, che per quanto concerne le truffe realizzate attraverso il supporto dell’arte. E’ in tal modo che i fili del destino s’intrecciano, ponendo in una relazione indissolubile le figure di Gualdi e di Tiziano.
Gualdi, attivo in Laguna nella seconda metà del XVII secolo, creduto depositario del segreto dell’eterna giovinezza, era un uomo eclettico e colto (fu autore della Philosophia Hermetica), che amava circondarsi di letterati, ecclesiastici, artisti, eruditi. Lo stesso Consiglio della Serenissima decise di sovvenzionarne le ricerche, ma ad una condizione: per godere dei finanziamenti erano richiesti esiti concreti. E poiché i risultati tardavano a giungere, l’alchimista pensò bene di tenere alto il livello di mistero attorno a sé. Un ruolo straordinario, in questo ambito, fu svolto da un ritratto dipinto in perfetto stile Tiziano. Gualdi vi appariva come se il tempo non fosse passato e lui – cent’anni prima, con l’aspetto di un uomo di quarant’anni – si fosse seduto nello studio del maestro per ottenere una pregiata effigie.
L’alchimista era solito far transitare gli ospiti davanti a quel quadro, fingendo un relativo disinteresse per lo stesso, per quanto gli invitati lo osservassero con sguardo allibito, ora scrutando la tela ora il padrone di casa. La mano sciolta, imperiosa e sensuale del falsario, gli accordi cromatici, la capacità introspettiva portavano inequivocabilmente – come testimoniarono anche alcuni artisti – al grande Tiziano; e gli abiti della persona ritratta, poiché la moda aveva fatto il suo corso, sembravano risalire ad una generazione ormai cancellata dalla morte.
L’azione estraniante sulla linea del tempo consentiva all’alchimista di ottenere i massimi effetti di vertigine. Dopo aver sfruttato la vena aurifera offerta dalle persone più suggestionabili, Gualdi fu costretto però a levare le tende. Conclusione di un mito? Non proprio. Per gli assertori della tesi dell’eterna giovinezza, egli sarebbe scomparso da Venezia nel 1682 per poi riapparire in Germania attorno al 1716 con l’identità di August Melech Hultazob, principe d’Achem, raffigurato nelle incisioni dell’epoca vestito alla foggia di un nobile orientale.
Famoso per la sua medicina universale, si produsse in una trasmutazione alchemica per il re Federico Augusto II di Polonia, incontrò Federico II re di Prussia e lo zar Pietro il Grande. Intrattenne un carteggio con Anna Ivanovna, la futura imperatrice di Russia.
Il matrimonio con una contessa polacca gli riservò una ben triste fine: per ordine di costei, un servitore moro lo uccise, soffocandolo.