Piccio, l’ultimo romantico

Morì nel Po dopo una vita contrassegnata dalla ricerca dell’autentica vibrazione della realtà. Grande precursore della Scapigliatura e del Divisionismo si distinse per un atteggiamento anticonformista nella vita e nella pittura. Cremona ne celebra le opere con una grande mostra



piccio1[C]ome i Macchiaioli e – per certi aspetti – gli Impressionisti, Giovanni Carnovali, detto il Piccio (Piccio significa “piccolo”, perché sin da bambino aveva dimostrato i suoi talenti), nato a Montegrino presso Luino nel 1804 e morto a Cremona nel 1873, è stato uno di quei pittori che, incompresi nella loro epoca e dimenticati, sono stati apprezzati e riconosciuti in tutta la loro grandezza nel Novecento. La riscoperta di questo artista molto bizzarro per temperamento e stile di vita, ma che fu uno straordinario innovatore, si deve, prima che alla critica, proprio ad alcuni protagonisti del secolo scorso che come Nomellini, Previati, Carrà e de Chirico, scorsero in lui il fondamentale tramite tra la sensibilità romantica (tanto che lo si può considerare l’“ultimo romantico”) e quella delle prime avanguardie.
Infatti il suo linguaggio pittorico molto moderno è stato considerato anticipatore delle esperienze della Scapigliatura, del Divisionismo e addirittura del Futurismo. In realtà il Piccio ha elaborato un nuovo modo di vedere e di rappresentare il mondo rifacendosi alla tradizione del naturalismo lombardo, la cosiddetta pittura della realtà, da Lotto e Moroni al Ceruti, e alle suggestioni luministiche di Leonardo e del Correggio.
Questa mostra, sicuramente quella più importante e completa a lui dedicata, ripropone a trent’anni dall’ultima rassegna, quella del 1974 a Bergamo, circa centocinquanta tra dipinti, disegni e bozzetti, mettendolo a confronto con Appiani, di cui può considerarsi l’erede, e con gli altri protagonisti dell’Ottocento lombardo, come Hayez, Trécourt, Ranzoni, Faruffini, Cremona. Sfilano, spesso resi con un realismo impressionante, i personaggi da lui raffigurati.
Nobili e borghesi, imprenditori e intellettuali, tra Cremona e Bergamo (che furono le sue città d’adozione) a comporre lo straordinario ritratto di una società in mutamento. Mentre nei bellissimi dipinti sacri si mostra all’altezza degli antichi maestri da lui studiati. Infine i paesaggi sono tutti veri capolavori.


Resi attraverso le impressioni e i diversi stati d’animo, vi ritroviamo un sentimento panico della natura per cui la visione si dissolve nella luce come nei dipinti di Turner.
Molti aspetti della vita di Piccio rimangono ancora misteriosi, come il leggendario viaggio a Parigi dove sarebbe andato a piedi attraverso la Svizzera, o come gli amori infelici. È certo che non aveva pace, come dimostra il suo continuo errare, alla ricerca di nuovi spunti pittorici, nella campagna lombarda o lungo le rive del Po dove amava nuotare sfidando la corrente.
E proprio nelle acque del gran fiume, ispiratore dei suoi paesaggi più belli, fu ripescato il suo corpo senza vita. Questa morte ne alimenterà il mito di artista irregolare che la mostra ci restituisce in tutto il suo fascino.

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