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Enzo Gazich – Le opere, il percorso e l’analisi critica


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Enzo Gazich, illustre docente e intellettuale bresciano, figlio della sua e della nostra Dalmazia, se appena sappiamo tenere a mente gli errori strategici di Stato e la vicinanza di una terra comune, dell’anima e della storia, quella sì, indivisibile. Chi ama la casa di una patria, rischia di non confonderne mai il colore e il senso di appartenenza.

Gazich conosce bene il percorso sotterraneo che collega l’intimità delle acque benacensi con quelle italiane, di allora e di oggi. Catullo, del resto, liricamente patì la dolcezza di un ritorno al Benaco, amabile per le peripezie e le estraneità vissute in lontananza.

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La sua opera non è scambio, ospitalità per genialità, piuttosto rischia di crescere per una distintiva unità realistica. Un nuovo realismo che evoca il silenzio quale attore principe dell’immagine e del colore. Gazich è il pittore delle acque e delle campagne personalizzate. Non si vede l’uomo, la natura riassume la responsabilità della rappresentanza. Poiché la natura è composta, non tradisce ed è benigna, se appena riceve bontà.

Enzo Gazich esprime una verità d’ambiente e una verità metafisica, non talmente enigmatica come quella dechirichiana. Una metafisica che riguarda il riconoscimento della religione del mistero, suscitatrice di armonie con orizzonti tiepidi e cieli uniformi, nell’impasto della lealtà. Un’onestà estetica, di cui l’artista possiede toni persuasivi, ritmi convincenti: c’è un’abilità tutta di Gazich, nel gusto di intersecare la cultura mediterranea alle altezze benacensi, nel captare la bellezza pacificatrice della irrazionalità umana, consolatrice.

Gazich esalta questa condizione materna della pittura, supplente di patrie e di amori sfiniti, rigeneratrice del colore della mitezza. E’ l’etica dell’approdo, di un rifugio, non di una fuga. Del mare dell’infanzia, dell’isola di verdi smeraldi. Dei tramonti mai morti. Di un’arte che difende dalle ferite degli uomini.