FERRARA – Palazzo dei Diamanti si conferma luogo di riferimento per l’arte rinascimentale con la mostra “Il Cinquecento a Ferrara. Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso”, una tappa nella grande indagine artistica intitolata “Rinascimento a Ferrara 1471-1598: da Borso ad Alfonso II d’Este”. L’esposizione, che segue il successo della precedente “Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa”, si concentra su un periodo cruciale per Ferrara, quello della transizione tra Ercole I e Alfonso I d’Este (1505-1534), un momento di grande trasformazione artistica e culturale. L’esposizione è a cura di Vittorio Sgarbi e Michele Danieli, con la direzione di Pietro Di Natale
La scuola pittorica del primo Cinquecento
In questo contesto si inserisce la scuola pittorica del primo Cinquecento, con protagonisti di spicco come Ludovico Mazzolino, Giovanni Battista Benvenuti detto Ortolano, Benvenuto Tisi detto Garofalo e Giovanni Luteri detto Dosso. Se Garofalo e Dosso sono ben noti al pubblico e già oggetto di mostre monografiche, questa esposizione rappresenta una straordinaria opportunità per approfondire le figure meno conosciute, come Mazzolino e Ortolano.
Ludovico Mazzolino
Ludovico Mazzolino (Ferrara, c. 1480 – 1528) emerge come un pittore “eccentrico”, caratterizzato da un linguaggio anticlassico influenzato dalla tradizione tedesca di Martin Schongauer e Albrecht Dürer, e da un’immaginazione vivace e visionaria. Mazzolino si specializza in opere destinate al collezionismo privato, in cui la presenza di figure caricaturali e grottesche si scontra con i canoni di grazia e armonia dominanti.
Ortolano
D’altro canto, Giovanni Battista Benvenuti detto Ortolano (Ferrara, c. 1487 – post 1527) adotta un approccio più naturale e delicato. Dopo un inizio influenzato da Boccaccino e Francesco Francia, si avvicina alla pittura di Giorgione e, successivamente, a Raffaello, dando vita a capolavori dallo stile classico e luministico che incantano per la loro semplicità e spontaneità.
Garofalo
La mostra include anche maestri come Benvenuto Tisi detto Garofalo (Ferrara, 1481 – 1559), uno dei più prolifici interpreti dello stile raffaellesco a Ferrara, e Giovanni Luteri detto Dosso (c. 1487 – 1542), le cui opere, intrise di miti e allegorie, rappresentano un punto di riferimento nella pittura di corte dell’epoca.
Il percorso espositivo, arricchito da prestiti di prestigio e dall’integrazione con le collezioni della Pinacoteca Nazionale, offre uno sguardo approfondito su un momento cruciale della storia artistica ferrarese, in cui il sacro e il profano, la tradizione e l’innovazione si fondono in una visione artistica complessa e affascinante.
IL CINQUECENTO A FERRARA
Mazzolino, Ortolano, Garofalo, Dosso
Ferrara, Palazzo dei Diamanti
12 ottobre 2024 – 16 febbraio 2025
Mostra a cura di
Vittorio Sgarbi e Michele Danieli
con la direzione di
Pietro Di Natale
Informazioni e prenotazioni
tel. 0532 244949 | diamanti@comune.fe.it
www.palazzodiamanti.it
Dosso Dossi: il pittore di corte e maestro del colore nel Rinascimento italiano
Giovanni Luteri, meglio conosciuto come Dosso Dossi (c. 1487 – 1542), è una delle figure più rilevanti del Rinascimento italiano, in particolare nell’ambito della pittura di corte. Nato a Mirandola, e attivo principalmente a Ferrara, Dosso è stato il pittore prediletto dei duchi d’Este, Alfonso I ed Ercole II d’Este, e ha giocato un ruolo centrale nel definire l’identità visiva della corte estense durante la prima metà del Cinquecento. Il suo lavoro ha rappresentato una fusione unica tra il linguaggio pittorico veneziano e le influenze della cultura artistica romana e toscana.
Dosso Dossi si distingue per la sua straordinaria abilità cromatica, che deriva in gran parte dall’influenza di maestri veneziani come Giorgione e Tiziano, con cui condivise una visione innovativa della pittura basata sulla luce e sul colore. La sua arte ha una qualità atmosferica che emerge in ogni pennellata, e la sua capacità di modulare i colori con sfumature ricche e vibranti ha contribuito a creare opere dotate di una profondità cromatica straordinaria. Questa qualità pittorica era particolarmente adatta per le esigenze delle corti rinascimentali, dove il gusto per il meraviglioso e il fantastico si rifletteva in commissioni di soggetti allegorici e mitologici, un campo in cui Dosso eccelleva.
Dosso non era solo un pittore di opere sacre o ritratti, ma era soprattutto un maestro delle scene mitologiche e delle allegorie, spesso ispirate ai poemi cavallereschi come l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, che fu un importante riferimento culturale a Ferrara. Le sue tele cariche di simbolismo e allusioni colte catturano l’immaginazione dello spettatore con una vivacità narrativa che esprime perfettamente lo spirito intellettuale della corte estense.
L’importanza di Dosso Dossi per il Rinascimento italiano risiede anche nella sua capacità di rappresentare l’interiorità e l’invisibile attraverso la pittura. A differenza di molti suoi contemporanei, la cui arte era più ancorata ai canoni classici e alla rigida osservazione della natura, Dosso seppe conferire alle sue opere una dimensione onirica e quasi surreale. Questa particolarità lo rese un artista profondamente originale e innovativo per l’epoca.
Le sue opere non solo hanno arricchito il panorama artistico di Ferrara, ma hanno anche contribuito a delineare nuove direzioni nel campo della pittura, influenzando generazioni di artisti successivi. Il suo legame con il mondo cortese, il suo gusto per il fantastico e la sua maestria tecnica lo rendono uno dei più grandi protagonisti del Rinascimento, capace di catturare l’essenza del suo tempo attraverso una pittura vibrante, ricca di significati nascosti e di un fascino senza tempo.