Aprile dell’anno 313. Costantino emana l’editto che cambia per sempre la storia dell’umanità. Il Cristianesimo, legittimato dall’autorità imperiale, esce una volta per tutte dalle case e dalle catacombe in cui era stato sino ad allora confinato e si presenta al mondo nella luce sfolgorante del suo rivoluzionario messaggio. Cambia la storia, e con essa, cambia anche il cammino dell’arte: canoni e stilemi della classicità si incrinano, sbiadiscono, si ritirano di fronte alla montante marea, che porta con sé pure i semi di nuove concezioni iconografiche e – diremmo oggi – mediatiche. E’ l’inizio della modernità. Quella paleocristiana fu un’arte al servizio della comunicazione del messaggio, attraverso raffigurazioni semplificate o simboliche, spesso abbandonando volutamente la cura e l’equilibrio dell’arte ufficiale ancora legata, ma ormai stancamente, all’ellenismo e alla sua cultura. Il Cristianesimo, finito il periodo della persecuzione, adotta forme di linguaggio iconico di grande comprensibilità. La religione cristiana non è riservata a un popolo, ma al mondo intero. Non è la religione del dominio, ma quella della fratellanza degli uomini, tutti figli di Dio. Nasce una nuova idea di cultura democratica e con essa un linguaggio semplice ed efficace.
La ‘Buona Novella’ annunciata da Cristo deve essere narrata e compresa senza inciampi perché ciascuno possa ottenere la Salvezza promessa. Così le storie bibliche del Vecchio Testamento anticipano quelle della vita di Cristo, e le figure dei patriarchi e dei profeti si affiancano a quelle della Vergine e dei santi, nuovi amici di Dio e modelli da seguire. Un significato inedito è dato alle forme antiche: giardini e pascoli, immagini suggestive del paradiso pre-cristiano, sono adesso emblema dell’Eden riconquistato; il pastore diviene il “Buon Pastore”, ossia Gesù; l’orante dalle braccia tese è ora l’anima beata; il Sole dai molti nomi è il Salvatore, luce definitiva sorta sul mondo.
Simboli criptici si sciolgono, come il pesce, il cui nome in greco è l’acronimo di “Gesù Cristo figlio di Dio”; così come al Messia si riferiscono il faro, il porto o l’ancora. Nuovi simboli nascono e si diffondono per conservarsi sino ai nostri giorni, a cominciare dal cristogramma, che unisce in sé le prime due lettere del nome greco di Cristo, Chi e Rho. E’ rivoluzione, e non involuzione, anche nello stile. Abbandonato il naturalismo proprio dell’arte greco-romana, nella narrazione delle vicende bibliche le figure si dispongono l’una accanto all’altra, o si stagliano solenni nello spazio, come nel caso di Cristo, della Vergine e dei santi o dei primi imperatori cristiani e della corte, rappresentanti in terra del consesso divino. Fino a suggerire, nelle linee, nei segni e nei colori, l’avvento ormai prossimo dell’icona bizantina, figlia ed erede della nuova concezione artistica.
![](https://stilearte.it/wp-content/uploads/2015/03/Schermata-2015-03-04-a-12.31.54.png)
La figura di Cristo trasformò l'arte in un linguaggio democratico. La politica universale delle immagini
Superato il terribile periodo delle persecuzioni e della criptografia, l'arte dei cristiani puntò ad essere il vettore di una religione che non voleva escludere nessuno. Una religione di tutti, di universale fraternità, come aveva voluto Gesù. E la fratellanza comporta il ricorso ad immagini universali