Figlio di Vittorio, noto libraio, editore e autore teatrale, nell’ambito familiare lo scultore Mario Gatti (Brescia 1916-1990) ha conosciuto importanti personalità della cultura e dell’arte, fra le quali Arturo Benedetti Michelangeli, con cui ha condiviso la severa concezione poetica. Suo il ritratto del pianista realizzato nel 1933: opera giovanile, quindi, ma plasmata con acuta capacità interpretativa; esposta alla Rassegna regionale lombarda in Milano, ha meritato d’essere pubblicata nell’Illustrazione italiana. E’ il tempo in cui Gatti si avvale prevalentemente della cera, che utilizzerà fino allo spegnersi degli anni Quaranta, in lavori quali La veletta, affermatasi nel 1946 al Premio Luigina Mastrazzi, La Comunione, dell’anno successivo, e vari altri, accolti dall’Angelicum di Milano: figure come il ritratto del vescovo Giacinto Tredici, posto nel Palazzo episcopale di Brescia. La svolta stilistica si compie dopo il soggiorno parigino: non solo Gatti tralascia la cera per il bronzo, ma la sua visione si caratterizza sempre di più per la sintesi costruttiva ed espressiva che lo porterà ad una purezza formale avvalorata dalla meditazione dei pieni e dalla linearità dei profili traenti eco da Arp e dal più vicino Manzù. Con gli esiti attestanti la progressiva evoluzione, partecipa a manifestazioni in vari centri italiani (Bergamo, Novara…); al compiersi degli anni Cinquanta è presente alla galleria Le Grazie di Milano, poco oltre alla galleria La Fontana di Roma, città in cui nel 1961 risiede, avendo studio nel palazzo che fu del Canova, e dove sue opere affiancano in mostra quelle dei maggiori scultori del tempo. Ma quando la consacrazione artistica sembra a portata di mano, la sopravvenuta precarietà della salute lo costringe a fare ritorno a Brescia.
Segue un periodo amaro per Mario Gatti, il quale, obbligato a dure rinunce, divide con la moglie e i quattro figli l’assillo di allestire un nuovo studio e contrarre nuove commissioni. Il primo consistente incarico proviene da Rescaldina, nel Milanese: una Via Crucis per la chiesa parrocchiale progettata dall’architetto Magistretti e consacrata da Giovanni Battista Montini, il futuro papa Paolo VI. Da questo momento in poi le commissioni rifioriscono; e si infittiscono pure le partecipazioni alle rassegne, come quelle di Trieste, Vercelli, Bologna, San Paolo del Brasile… Personali sono accolte dall’Aab, dalla galleria San Michele negli anni 1968, 1969, 1971, 1975, coniugate ad adesioni a mostre d’arte sacra. Indicativi della crescente considerazione acquisita da Mario Gatti sono il Ritratto di Pio XII, destinato al Vaticano, il busto dell’africanista Roberto Becchetti del Collegio universitario pavese, gli sbalzi dedicati a Leopoldo Nember ornanti l’autostazione di Brescia, il ritratto di Giorgio Montini commissionato dalla Banca San Paolo, le formelle per la Parrocchiale di Sarezzo, il busto di padre Ottorino Marcolini inaugurato a Mompiano nel 1982. Per l’oratorio di Sotto il Monte e la Casa dell’emigrante di Bruxelles, Gatti produce il ritratto di Giovanni XXIII, mentre Vescovo e Prigionieri politici entrano a far parte della raccolta della Galleria d’arte moderna della nostra città. Composizioni funerarie rimangono nel Cimitero vantiniano, opere commemorative e monumenti a Villa Carcina, Palazzolo, Ponte Zanano, Desenzano, Provezze, Tremosine, Sarezzo, Bagnolo, Castenedolo: sono lavori catalogati accanto a Guerriero e Quattordicenne nel catalogo della mostra La scultura bresciana del Novecento, tenuta in Palazzo Martinengo nel 1995.
Mario Gatti, scultore
Lo scultore bresciano soggiornò a Parigi ed ebbe studio a Roma nella casa di Canova. Fu amico di Arturo Benedetti Michelangeli, si ispirò ad Arp e a Manzù per opere di meditata purezza formale. E il Vaticano gli richiese il ritratto di Pio XII