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L’uso delle maschere funebri è antichissimo. Si ritiene infatti che i volti di cera degli antenati, presenti nelle case degli antichi romani, derivassero, in buona parte, dai calchi dei volti dei defunti. Ciò consentiva di conservare l’immagine tridimensionale del viso dell’estinto. I calchi venivano compiuti con materiale che si rapprendeva con una certa rapidità, come il gesso. Il calco in gesso del volto funebre e della mano fu in uso fino al primo, secondo decennio del Novecento, anche se già si riteneva questo ricordo tridimensionale troppo macabro. Una
Le masdhere funebri furono indispensabili, nell’ambito della scultura, a rendere le fattezze delle fusioni in bronzo identiche a quelli del morto, sui monumenti cimiteriali o nei busti che venivano posti a casa o in luoghi pubblici, nel caso l’estinto fosse un personaggio socialmente riconosciuto.
Il calco veniva utilizzato anche per trarre positivi in gesso, che venivano conservati in casa o donati ad amici e parenti. Nel caso in cui il calco della maschera funebre venisse utilizzato per sculture, l’immagine veniva lievemente corretta nei punti di evidente depressione del tessuto, provocata dal peso del gesso sul volto, come possiamo vedere nella maschera di Modigliani. La spigolosità del viso, lo schiacciamento della punta del naso, le profonde cavità orbitali non sono certamente conseguenza della malattia, ma del peso del gesso che gli fu posto sul volto per ricavarne il calco, dopo averlo cosparso di olio per evitare aderenze tra il gesso e l’epidermide. Il gesso fu premuto all’altezza delle labbra, affinchè fossse raccolto il taglio della bocca. Una volta ottenuta la forma, si attendeva che asciugasse perfettamente. Veniva poi leggermente unta all’interno, dove veniva colato e premuto altro gesso per ottenere un positivo, come la maschera funebre di Modigliani che vediamo nella fotografia.
Così si procedeva sui defunti. Per quanto riguarda il calco del volto di persone vive si procedeva per tasselli per evitare il soffocamento del modello o della modella, come dimostra il lavoro di rilievo del viso di Camille Claudel compiuto da Rodin. E’ probabile che, con un un pennello, il volto fosse diviso in aree precise e che la colata avvenisse area per area, dando così modo, successivamente, di ottenere una composizione di ottimo livello. Il calco a tasselli consentiva, peraltro, di evitare che il peso di una maschera unica creasse depressioni e avvallamenti nella fisionomia.
La maschera funebre di Modigliani fu ricavata forse da qualche amico scultore. Il 22 gennaio 1920 Modigliani era stato trasportato all’Hôpital de la Charité in stato di incoscienza. Il 24 gennaio morì di meningite tubercolare. Due giorni dopo Jeanne, incinta all’ottavo mese, si uccisee gettandosi dalla finestra al quinto piano della casa natale. Gli Hébuterne, i genitori di Jeanne, scelsero di seppellire la figlia in forma privata, mentre al funerale di Modigliani tutta Parigi accorse a seguirne il feretro. Solo nel 1930, però, i resti di Jeanne furono tumulati accanto a quelli di Modigliani.