I pittori del Trecento dipingevano anche con estratti di aglio e formaggio. Come e perchè?

E’ difficile immaginare che mescolate ai colori, nascoste tra le pennellate, si possano nascondere quelle sostanze che solitamente si trovano nelle cucine delle nostre case: l’aglio e il formaggio, per esempio... La sapienza antica era in grado di coinvolgere anche i cibi nella produzione di sostanze importanti per la pittura, soprattutto come leganti facilmente da reperire e duttili sotto il profilo operativo

[O]sservando un quadro in un museo, un affresco in una chiesa o le pitture che ricoprono le pareti dei palazzi antichi si può rimanere incantati dalla loro bellezza, dall’armonia delle forme o, ancora, colpiti dal genio dell’artista che le ha dipinte.
E’ difficile però immaginare che mescolate ai colori, nascoste tra le pennellate, si possano nascondere quelle sostanze che solitamente si trovano nelle cucine delle nostre case: l’aglio e il formaggio, per esempio.
Come scrive Cennino Cennini, allievo di Agnolo Gaddi, a sua volta allievo di Giotto, nel Libro dell’Arte, l’aglio, dopo essere stato mescolato con biacca e bolo, risultava efficace per ottenere un tipo di mordente da utilizzare in particolare su tavole o supporti di ferro. Il formaggio, invece, era adoperato per produrre una colla. Ecco la ricetta: un formaggio stagionato, messo a mollo in acqua, viene grattato sulla superficie; il giorno dopo, la raschiatura viene scolata, impastata – esattamente come si fa con il pane – e mescolata con della calcina.

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione