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Emergono inesorabilmente, facendosi spazio tra la materia da cui sono sepolti, proprio come le prove di un omicidio in un racconto di Edgar Allan Poe. Sono le antiche scritte “Vino buono” che riappaiono regolarmente, sotto una buona mano di colore nuovo, dagli strati inferiori dei muri, a testimonianza che in quel luogo, all’interno, c’era il bancone di un’osteria. Potrebbero esserne censite a decine, di queste scritte, in tutta Italia in una sorta di gioco fotografico che porterebbe, comunque, all’individuazione degli antichi luoghi di mescita. Non solo. Accanto a questi brani riemergenti del passato, appaiono anche molto spesso frasi fatte vergare sul muro nel corso del periodo fascista.
La domanda relativa al motivo di questo continuo riaffiorare di vecchie scritte non intende certo sollecitare una risposta in grado di cambiare il senso della vita. Eppure appaga una nostra piccolo curiosità. Esistono, a fronte dell’interrogativo, due risposte: la prima eminentemente tecnica; la seconda, alla quale poeticamente è possibile indulgere riconoscendo la sovranità assoluta dei trionfi bacchici. La risposta tecnica. Le scritte furono vergate, rinfrescate, ridipinte anche più volte, utilizzando coloranti (con prevalenza del rosso) o tinte nere, in cui il legante era miscelato pertanto con ossidi o vernici che mutavano la composizione della materia. La superficie di ogni lettera, pertanto, è pertanto configurata da una maggior compattezza ed è più liscia rispetto alle pitture a calce o a tempera dell’intero muro originario.
La copertura con una nuova mano di colore chiaro, compiuta in anni più recenti, avveniva pertanto su un fondo discontinuo. La scritta, a causa dei coloranti o delle vernici, restava più liscia e pertanto non assorbiva il colore, e, pur essendone coperta, se ne distaccava attraverso una sorta di patina plastica. Il dilavamento provocato dalla pioggia, la calcinazione subita con l’esposizione al sole delle parti superficiali della parte portano pertanto una perdita di materiale che si polverizza progressivamente, in piccole quantità. Il distacco di pittura è maggiore laddove – come in coincidenza con le scritte – la superficie del muro risulta più liscia, meno aggrappante. Gli antichi frescanti conoscevano bene questo effetto.
E per coprire un vecchio affresco, non agivano sul colore vecchio, direttamente, ma picchiettavano con la punta del martello il dipinto, creando concavità alle quali l’intonaco nuovo poteva aggrapparsi. Resta la seconda spiegazione, quella mitica, dell’eterno ritorno fantasmatico della scritta “vino buono”. Essa si lega alla persistenza di Bacco, all’aura che certi luoghi molto frequentati e ora deserti offre nei termini della riproposta della propria identità.
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