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Pietro Campagnoli, così la scultura rivela l'anima delle cose. Il pieno ricostruisce il vuoto


Pietro Campagnoli è stato insignito del Premio finalisti Nocivelli 2017 con l’opera che viene qui analizzata dallo stesso autore
 

“La scultura non diventa più un oggetto a se stante, ma rimanda e “assorbe” l’ anima creativa e corporale dei suoi partecipanti, e di chi si presta come modello. Il mio obbiettivo primario, attraverso la mia ricerca, è tentare di far scomparire lo “spettro” del diverso, e mutarlo in una forma più umana ed empatica, in modo da eliminare qualsiasi barriera culturale e sociale di pregiudizio. La “corazza di gesso” non serve più a proteggere la vista dell’ interno, ma esalta l’ essenza interiore per esprimere la ricchezza di chi vi abita. L’ opera si è sviluppata rielaborando l’ installazione di Joseph Kosuth “One and three chairs” e il concetto di forma di Aristotele”.
“Secondo Aristotele, l’individuo reale infatti non può sussistere se non fosse in lui indissolubilmente legata la forma ideale alla materia. Ovunque sia presente una realtà materiale ivi vi è la necessaria presenza di una forma. La forma però ha una priorità cronologica e ontologica, prima nel tempo e prima come essere rispetto alla materia: essa è infatti sia causa efficiente, quella che rende possibile l’esistenza della sostanza, sia causa finale, esprime il fine che dà senso all’esistenza della cosa stessa. Ma, sostiene Aristotele, la priorità della forma è anche logica perché «di ogni cosa si può parlare in quanto ha una forma e non per il suo aspetto materiale in quanto tale”.

Sent by Barbara Bongetta

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