Questa è una bottiglia sigillata di vino del 335 d.C., trovata in una tomba romana. Aprirla o non aprirla? Cosa si farà

Sarebbe certo interessante analizzarne il contenuto per stabilire se la bottiglia contenga davvero vino e come sia stato trattato questo liquido, a livello di composizione. Ma l'apertura è rischiosa perché il contenuto, a contatto con l'aria potrebbe perdere diverse informazioni. Si sta allora pensando allo strumento della scansione multispettrale - che viene utilizzato nel campo dello studio e del restauro di opere d'arte, che consente, attraverso il colore, di stabilire l'origine chimica del pigmento.

Aprirla o tenerla rigorosamente chiusa? Che rischi potrebbe correre il vino in essa contenuto? Per ora è rinviata l’apertura di una bottiglia che si ritiene contenga vino ancora liquido e che risale all’epoca dell’Impero romano. La tomba in cui è stato trovato, in Germania, questo prezioso testimone delle cantine romane è compreso tra il 225 e 350 d. C. Inquadriamo l’epoca: siamo negli anni di una svolta storica fondamentale, quella del riconoscimento del Cristianesimo e della libertà di culto, della rinuncia alle persecuzioni da parte dello Stato, della restituzione dei beni sequestrati o acquistati sottocosto presso i cristiani. A Milano, nel 313, era stata da poco firmato l’editto di Costantino.

La bottiglia di vino di Speyer – il nome della città nei cui dintorni il contenitore fu trovato e nel cui museo è conservata – è un contenitore sigillato da cera d’api. E’ considerata la bottiglia di vino integra più antica del mondo. E’ un contenitore da un litro e mezzo di capienza.

La bottiglia fu scoperta nel corso di uno scavo – avvenuto nel 1867 .- durante il quale fu portata alla luce la tomba di un nobile romano del IV secolo d.C. La tomba conteneva due sarcofagi, uno con i resti del corpo di un uomo e l’altro di una donna. Molto probabilmente marito e moglie. Una fonte dice che l’uomo era un legionario romano e che il vino fungeva da conforto durante il suo viaggio nell’aldilà.. Delle sei bottiglie di vetro nel sarcofago della donna e dei dieci vasi nel sarcofago dell’uomo, solo uno conteneva ancora un liquido. All’interno della bottiglia del “legionario” è contenuto, nel terzo inferiore, un liquido trasparente mentre nella parte superiore si è addensata una sostanza resinosa, coperta da olio. E’ probabile che tutto il contenuto si sia destrutturato, nei millenni. E che la parte liquida sia costituita dall’acqua naturalmente contenuta nell’uva e nel vino, mentre le la parte semisolida di superficie sarebbe costituita dalla parte corposa del vino al quale, probabilmente era stato aggiunto un infuso di erbe, con il fine di profumarlo, forse anche con resine. L’olio sarebbe stato inserito nel collo, come rafforzamento alla collocazione del tappo per garantire appieno la conservazione. La perdita dell’etanolo avrebbe contribuito alla destrutturazione del contenuto e alla riduzione del volume del materiale visibile.

Sarebbe certo interessante analizzarne il contenuto per stabilire se la bottiglia contenga davvero vino e come sia stato trattato questo liquido, a livello di composizione. Ma l’apertura è rischiosa perché il contenuto, a contatto con l’aria potrebbe perdere diverse informazioni. Si sta allora pensando allo strumento della scansione multispettrale – che viene utilizzato nel campo dello studio e del restauro di opere d’arte, che consente, attraverso il colore, di stabilire l’origine chimica del pigmento.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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