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Santo Sepolcro. Portato alla luce il pavimento romano in opus sectile della tomba di Cristo


A destra, il pavimento in opus sectile che si trova collocato sulla roccia del sepolcro. ( Foto Università La Sapienza/Custodia Terrae Sanctae).. A sinistra il Noli me tangere del Correggio, dipinto nel 1525 circa

Pavimentazioni romane, segni di un’antichissima enucleazione della tomba di Cristo, che era collocata in un sepolcro scavato nel fianco della collina sono stati presentati, in occasione della visita dei responsabili delle Comunità presso il cantiere archeologico nel complesso del Santo Sepolcro a Gerusalemme, dove sono in corso lavori di scavo a cura del Dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’Università di Roma Sapienza. Le indagini archeologiche sono collegate con il restauro del pavimento della basilica ed avvengono in aree diverse e progressive, così da non ostacolare lo svolgimento delle funzioni religiose delle diverse confessioni e la visita del complesso da parte dei pellegrini.

“Gli scavi hanno avuto inizio nel maggio 2022 ed hanno interessato fino ad ora parte della navata nord, la metà settentrionale della Rotonda e l’area di collegamento fra le due zone. – spiega la Prof. Francesca Romana Stasolla, professore ordinario di Archeologia Cristiana e Medievale presso l’Università di Roma Sapienza. – Si stanno attualmente concentrando nella porzione meridionale della Rotonda, oggetto della visita. I lavori si svolgono a ciclo continuo, di giorno e di notte, e il gruppo degli archeologi che opera a Gerusalemme si avvale del supporto remoto del resto dell’équipe che si trova a Roma, dover avviene l’elaborazione dei materiali prodotti, che viene realizzata in tempo reale”.

“Nella porzione meridionale della Rotonda è stato portato alla luce il fronte di cava, che come negli altri settori di scavo degrada da nord-ovest verso sud-est, con dislivelli anche molto importanti; la sua profondità in questa zona va da pochi cm ad oltre 2 m. Sono ben evidenti le tracce lasciate dei cunei da distacco e dei tagli per l’asportazione dei blocchi, anche di grandi dimensioni. – prosegue la professoressa Francesca Romana Stasolla – Direttamente sul banco di cava poggiano le fondazioni e le sostruzioni di età romana, da attribuire alle strutture collegate con i lavori promossi dall’imperatore Adriano (117-138) nell’area, dove le fonti scritte ricordano la presenza di una struttura templare. Tali strutture appaiono defunzionalizzate e ridotte a pochi filari, ed almeno in parte interessate da fenomeni di combustione. La maggior parte delle murature romane era già stata messa in luce nel corso delle indagini effettuate da Ch. Couasnon nel 1974 e documentata anche da V. Corbo. In occasione degli scavi attuali tutta l’area precedentemente indagata è stata riportata alla luce, rimovendo la soletta in cemento che la ricopriva, così da poterla documentare e rileggere in connessione con i nuovi ritrovamenti archeologici”.

“La pesante distruzione degli edifici romani si deve anche all’abbassamento di quota di tutta l’area in cui insiste la Rotonda nel momento in cui, nei primi decenni del IV secolo, venne presa la decisione di riportare alla luce e monumentalizzare la tomba venerata, identificata con quella di Cristo. Gran parte delle strutture romane venne distrutta, e la roccia venne tagliata sino alla base della tomba, originariamente scavata nel fianco di una collina, fino a creare attorno ad essa un’area pianeggiante. I resti di una prima monumentalizzazione della tomba sono stati rinvenuti al di sotto dell’attuale edicola ottocentesca. Si tratta di un pavimento di forma circolare in marmi di riutilizzo, lavorati con cura, la cui circonferenza abbraccia l’intera area nella quale insiste la tomba. La pianta circolare coincide con quanto noto dalle più antiche rappresentazioni dell’edicola”.


Sono stati rinvenuti anche i resti di due fasi pavimentali, entrambi in opus sectile. “La più antica (nella foto qui sopra, ndr) utilizza lastrine di marmo bianco e grigio, ed una porzione di essa era già portata alla luce nel corso degli scavi di Couasnon; poggia direttamente sul banco roccioso e, ove questo è a quota più bassa, su interri e stratigrafie di preparazione. Una seconda, a quota più alta, è realizzata in marmi di riutilizzo, fra i quali compaiono porfido ed abbondante cipollino; frammenti sporadici di questa pavimentazione erano stati rinvenuti anche nell’area nord della Rotonda. La complessità della stratigrafia determina la necessità di dover proseguire le indagini archeologiche e lo studio dei materiali rinvenuti, così da poter puntualizzare sequenze e cronologie e proporre quindi ricostruzioni filologicamente attendibili”.