La durezza, l’intransigenza. La visione teocratica e apocalittica della realtà. Il busto che lo raffigura è un capolavoro di scavo e di resa psicologica. La Direzione regionale musei della Toscana e il Museo di San Marco hanno presentato per la prima volta al pubblico quest’opera inedita: un ritratto in terracotta policroma di Girolamo Savonarola, predicatore domenicano e uomo politico che resse la città di Firenze, opera studiata in questi mesi e attribuita a Marco della Robbia il Giovane che poi diventò, entrando in convento, Fra Mattia della Robbia (1468-1534).
Fra Mattia della Robbia (Firenze, 1468 – 1534), è stato, appunto, un religioso e scultore italiano, membro della famiglia dei Della Robbia, uno dei figli di Andrea e, come lui, specialista della terracotta invetriata, la terracotta smaltata policroma.
La scultura ceramica risale, secondo gli studiosi, alla fine del XV – inizio del XVI secolo e pertanto al periodo in cui l’artista aveva vivissima, in sé, anche come collaboratore del frate stesso, l’immagine vera del predicatore. Conoscerlo, trasferirne perfettamente le linee del volto e del busto sulla terra modellata. Un’opera dichiarata d’importante interesse dal Ministero della Cultura, che si aggiunge alla cospicua raccolta di memorie savonaroliane del Museo di San Marco, per essere esposta nella cappella del quartiere del Priore.
Il busto di terracotta è stato concesso in comodato d’uso al Museo dall’avvocato Alessandro Kiniger, attuale proprietario. L’opera proviene dalla collezione di Giovanni Malfer (1882 – 1973), fondatore del Museo Storico Italiano della Guerra di Rovereto, che all’inizio del Novecento aveva soggiornato a lungo a Firenze.
“Di Girolamo Savonarola è stato detto tutto e il contrario di tutto. – dicono gli esperti del Museo di San Marco, che offre testimonianza anche del frate domenicano, nel suo convento – Profeta apocalittico, agitatore politico, fustigatore della “tirannia” medicea, oscurantista, riformatore religioso e sociale, crociato contro ogni forma di mondanità e paganesimo, sostenitore del bene comune: la sua fortuna critica è tra le più vitali e longeve della storia. Savonarola arrivò a Firenze nel 1490, dietro segnalazione di Pico della Mirandola a Lorenzo de’ Medici; divenne priore del Convento di San Marco nel 1491, e nel giro di pochi anni passò da un’irresistibile ascesa politica e religiosa alla tragica condanna per eresia. Una fine infamante, con tanto di impiccagione e rogo in Piazza della Signoria il 23 maggio del 1498”.
«Grazie alla generosità dell’avvocato Kiniger – afferma Stefano Casciu, Direttore regionale musei della Toscana – il Museo di San Marco si arricchisce di una nuova e sorprendente opera, che rende ancora più presente la figura carismatica di Girolamo Savonarola, il quale, dopo il Beato Angelico, è di certo il personaggio storico che più si lega a questo luogo così amato dai fiorentini e dal pubblico internazionale. L’opera, che non mancherà di colpire i visitatori per la sua forte incisività e per il realismo con il quale sono restituite le fattezza del Frate, è inserita in un nuovo allestimento che ha interessato tutte le salette dedicate tradizionalmente nel museo al predicatore domenicano, e che aiuta a rendere più lineare, leggibile e chiaro il ruolo che questo celebre personaggio storico ebbe nel convento di San Marco, e nella città di Firenze, sino alla sua cattura e al tragico epilogo in Piazza della Signoria, evocato dal dipinto che ha cristallizzato nell’iconografia e nell’immaginario di tutti il momento della sua esecuzione e del rogo che ne seguì».
L’iconografia tipica di Girolamo Savonarola, impressa nell’immaginario collettivo una volta per tutte da Fra Bartolomeo (1473-1517), è quella che lo ritrae di profilo su fondo scuro, con cappuccio nero calato sul capo, naso adunco, labbra prominenti, guance infossate, sguardo altero. Sintesi perfetta di somiglianza fisica e rigore morale, il ritratto di Fra Bartolomeo, che aveva conosciuto da vicino Savonarola e che a seguito delle sue prediche era entrato in convento è, tra le tante rappresentazioni del Frate, la più iconica.
Il busto che viene ora presentato, invece, «costituisce – spiega Giancarlo Gentilini, indiscussa autorità nel campo della scultura, di quella in terracotta in particolare – l’unica effige a tutto tondo di epoca rinascimentale ad oggi conosciuta del predicatore domenicano… e dunque si tratta di un esemplare di assoluta rarità e rilevanza. Il carattere dimesso e di intimità conventuale rientra perfettamente nei dettami della produzione artistica ispirata direttamente dal domenicano ferrarese, contraddistinta da forte e semplice austerità formale, che doveva in primo luogo suscitare la commozione dei devoti».
L’8 aprile 1498 Fra Mattia, autore del busto, resistette con le armi all’arresto del Savonarola, insieme ai fratelli Paolo, Luca Bartolomeo e Francesco Iacopo. Il Vasari attesta che lui e quest’ultimo fratello erano frati in San Marco, vestiti dallo stesso Savonarola, e attribuisce ai due scultori numerose medaglie col ritratto di profilo del Frate e le sue profezie sul verso, di cui una è esposta a San Marco.
“Questo ritratto a tutto tondo, intimo e sommesso, sembra destinato a un pubblico fidato di confratelli e seguaci. – dicono gli studiosi del Museo di San Marco – La scultura, disadorna ed essenziale nei tratti, raffigura Savonarola col capo incappucciato e lo sguardo assorto in una severa contemplazione. I visitatori che d’ora in poi percorreranno il corridoio sud del dormitorio, quello che si affaccia su Piazza San Marco, saranno catturati dagli occhi cerulei di fra Girolamo, che lo fisseranno dal centro della cappella del Priore. È sul busto di terracotta di fra Mattia della Robbia, infatti, che è incentrato il riallestimento del quartiere di Savonarola. Qui, secondo la tradizione, visse il predicatore ferrarese durante il suo priorato. Accanto al busto, per agevolare una più corretta comparazione, è stato trasferito dal piano terra del Museo il celebre ritratto di profilo eseguito da Fra Bartolomeo. L’altro dipinto di Fra Bartolomeo, quello con il ritratto di Savonarola a capo scoperto – il più ideologico dell’artista, poiché vale come santificazione del Priore appena martirizzato – raffigurante San Pietro Martire con le sembianze del Savonarola, va a sostituire invece il suo ritratto più famoso nella sala del piano terra dedicata interamente all’artista”. Inoltre torna di nuovo visibile, dopo lunghissimo tempo, anche il manoscritto dei sermoni firmato dal domenicano ferrarese.