E’ caccia al quadro. Una caccia vera, non un gioco, lanciata dal Museo Gustave Moreau di Parigi. La Pietà del grande pittore simbolista scomparve dal Salon parigino del 1852. Un mistero che dura più 150 anni e che il museo ha deciso di risolvere mettendo a disposizione del mondo una mostra-dossier allestita dal 15 giugno al 30 settembre 2018 nelle sale della stessa istituzione. L’immensa tela, (3,30 x 4,30 m, cornice inclusa) fu presentata da Moreau al Salon, dopo essere stata venduta al governo francese. Ma dal giorno infinitamente lontano del disallestimento della mostra, se ne sono perse le tracce. Il giovane Moreau teneva molto a quell’opera, per la quale si era ispirato alla Pietà realizzata da Delacroix nel 1844 per la Chiesa del Santissimo Sacramento di Saint-Denys, nel terzo arrondissement di Parigi. Abbacinato dal soggetto di Delacroix aveva iniziato a pensare, a livello di schizzi e disegni, al proprio dipinto, fin dal 1848. Probabilmente l’artista aveva trovato la strada per creare un raccordo con il Ministero competente – quello dell’interno -, affinchè la Francia potesse acquistare l’opera, presentando poi ai commissari materiale preparatorio: disegni, schizzi, bozzetti. Gli erano state chieste, probabilmente, alcune modifiche, mentre gli organi istituzionali si erano impegnati, ad opera conclusa, di acquistarne una copia che avrebbe potuto essere realizzata dallo stesso pittore. Questa offerta – l’acquisto di una replica – era originata dal fatto che lo Stato tendeva a impegnarsi per cifre non eccessive, lasciando all’artista la possibilità che vendesse il primo lavoro al massimo del prezzo di mercato e che, con una replica, fosse in grado di accettare senza danni un pagamento politico, contando anche sul fatto che l’acquisizione del pezzo da parte dello Stato sarebbe stata una forma di alto riconoscimento pubblico, con ricadute positive per ogni altra attività del pittore.
A Moreau non interessavano grandi guadagni e forse considerò che una replica gli sarebbe costata – pensando anche alle dimensioni del lavoro – una noia infinita, poichè egli era già proiettato avanti, con la ricerca. Così chiese, a vantaggio dello Stato, di avere un contratto con il quale la Francia non avrebbe acquisito una replica – poi, naturalmente mai realizzata – ma direttamente l’originale, per 600 franchi, prezzo previsto per la copia. E così fu. Il quadro fu pronto. Arrivò in mostra, al Salon, suscitando scandalo per i toni verdastri e per le figure poco delineate, sotto il profilo, disegnativo. Il giorno in cui la mostra si concluse e il quadro fu staccato dalle parete, scomparve. Moreau era convinto che i funzionari avessero inviato l’opera alla cattedrale di Angoulême, ma nessuno sapeva, nessun diceva. E traccia di tale trasferimento non è mai stata scoperta.
E torniamo ai nostri giorni
La mostra-dossier
e un bozzetto della Pietà
Il museo Moreau ha acquisito recentemente il bozzetto, a colori, del grande dipinto perduto. Il lavoro – olio su tela, 22,2 x 27,2 centimetri fu probabilmente utilizzato, a livello progettuale, per ottenere il placet del delegato del ministero. A partire dal bozzetto, come risulta confrontandolo con le vecchie fotografie del quadro finale, esposto nel 1852, vennero compiute, in modo concordato, alcune modifiche a livello della postura di Gesù e della posizione di Maria Maddalena, che nella tela definitiva apparirà davanti a Cristo stesso, in primo piano, mentre nella bozza era in una posizione secondaria. La piccola tela è importante perché ha quel tono di “giorno verdastro”, descritto da alcuni critici o cronisti dell’epoca. Essa, creando un punto di incontro tra la foto in bianco e nero e la tavolozza del bozzetto, consente di ricostruire, a livello teorico, il dipinto, l’immagine a colori dell’opera completa.
Importante per gli studiosi ma pure per il mondo intero chiamato a cercar notizie del quadro scomparso. E’ una sorta di foto segnaletica, diffusa, attraverso la mostra. E’ certo impossibile che la Pietà scomparsa, un quadro di così ampie dimensioni, firmato, sia passato inosservato, nelle case, nelle chiese, negli istituti, nei magazzini. Così si ritiene che l’opera possa essere stata smontata e arrotolata. Poi dimenticata.
Forse non fu gradita dal parroco che la ricevette? Forse la grande opera fu esposta effettivamente nella cattedrale di Angouleme per qualche anno, poi smontata e messa in un magazzino? E fu proprio la presenza di Maria Maddalena, in una posizione di così grande rilievo a creare sconcerto nell’ambiente cattolico al quale era stata destinata la Pietà, negli anni successivi al trasferimento dell’opera, quando i massoni lavorano in modo sempre più stringente, attorno al presunto trasporto, da parte di Maddalena, della mummia di Cristo, in Francia? Ipotesi che non può essere scartata. Un buon parroco non avrebbe avuto esitazioni, nel disfarsi dell’ingombrante e imbarazzante quadro di Moreau, senza peraltro diffondere la notizia della rimozione dell’opera, che era stata acquistata dal Governo.
Quindi la ricerca coinvolge soffitte, depositi. Ora si cerca negli anditi e nelle soffitte della cappella dell’Ecole Militaire di Parigi e nella chiesa di Saint-Aignan a Orleans, sulla base di alcune ipotesi investigative, ma probabilmente dobbiamo prestar fede a ciò che sapeva il pittore, circa la destinazione del dipinto: la cattedrale di Angouleme.
Le indagini partono
dalla casa museo
di Gustave Moreau
I documenti sono raccolti nella casa museo di Moreau, dove è possibile rimettere insieme, tassello per tassello, tutta la vicenda iconografica che precedette la stesura definitiva della Pietà. Curiosità nella curiosità. Il museo fu venne costituito per volontà dello stesso pittore che, il 10 settembre 1897, scrisse nel testamento: “Lascio la mia casa situata in rue de la Rochefoucauld, 14, con tutto quello che contiene: dipinti, disegni, cartoni, ecc., lavoro di cinquant’anni, e ciò che è contenuto in questa casa, i vecchi appartamenti precedentemente occupati dai miei padre e madre, allo Stato, […] con questa condizione espressa: mantenere sempre – questo sarebbe il mio più caro desiderio – o almeno il più a lungo possibile, questa collezione, preservando il suo carattere generale che consente di vedere la quantità di lavoro e lo sforzo compiuti dell’artista durante la sua vita”.
Prima di diventare il santuario celebrato da Marcel Proust e André Breton, il museo nazionale Gustave Moreau fu, a partire dal 1852, la casa di famiglia dell’artista. Apparteneva al padre e alla madre. Nel 1895 il pittore chiese all’architetto Albert Lafon di trasformarla in museo. Gli appartamenti al primo piano sono organizzati come un piccolo museo sentimentale dove sono appesi ritratti di famiglia e opere offerte dagli amici, Théodore Chassériau, Eugène Fromentin o Edgar Degas. Il secondo e il terzo piano furono trasformati in grandi laboratori collegati da una scala a chiocciola, dove sono esposte diverse centinaia di dipinti e acquerelli e migliaia di disegni che si sfogliano come libri. Inaugurato nel 1903. conserva quasi 25.000 opere, tra le quali più di 15.000 di mano di Moreau. Due studenti dell’artista sarebbero poi divenuti i primi curatori dello spazio espositivo stesso: Georges Rouault e George Desvallières.
Si riapre il giallo dell'enorme quadro di Gustave Moreau, scomparso nel 1852. E' "caccia al tesoro"
Importante per gli studiosi ma pure per il mondo intero chiamato a cercar notizie del quadro scomparso. E' una sorta di foto segnaletica, diffusa, attraverso la mostra. E' certo impossibile che la Pietà scomparsa, un quadro di così ampie dimensioni, firmato, sia passato inosservato, nelle case, nelle chiese, negli istituti, nei magazzini. Così si ritiene che l'opera possa essere stata smontata e arrotolata. Poi dimenticata