Si scava nei misteri della grotta in provincia di Vercelli abitata dagli uomini di Neanderthal

La cavità fa parte del complesso di grotte che ad oggi ha restituito le testimonianze più importanti e complete del Paleolitico piemontese. Si tratta di una grotta carsica attiva, con uno sviluppo di circa 80 m lungo il ramo principale, che presenta due accessi: un’imboccatura triangolare a sud-ovest e un’apertura secondaria a ovest originatasi dal crollo di una porzione della parete della grotta. Sul corridoio principale rettilineo, si innesta un ramo laterale ascendente che porta ai vani superiori (di esclusivo interesse speleologico): Sala della Torre e Sala dei Pipistrelli

Cantiere archeologico aperto nella grotta della Ciota Ciara (670 m s.l.m.) sul versante occidentale del Monte Fenera, all’imboccatura della Val Sesia, in provincia di Vercelli. Ciota ciara è un toponimo di origine dialettale che significa Grotta chiara.
In questo luogo discosto dal mondo vissero monaci medievali e, in tempi remoti, gli uomini di Neanderthal. I resti dei neanderthaliani appartengono al periodo più antico nella storia di questi ominidi. I resti di animali e di vegetali consentono di affermare che il clima di quell’epoca era molto simile al nostro.

La cavità fa parte del complesso di grotte che ad oggi ha restituito le testimonianze più importanti e complete del Paleolitico piemontese. Si tratta di una grotta carsica attiva, con uno sviluppo di circa 80 m lungo il ramo principale, che presenta due accessi: un’imboccatura triangolare a sud-ovest e un’apertura secondaria a ovest originatasi dal crollo di una porzione della parete della grotta. Sul corridoio principale rettilineo, si innesta un ramo laterale ascendente che porta ai vani superiori (di esclusivo interesse speleologico): Sala della Torre e Sala dei Pipistrelli.

Nel 2020 gli scavi nella Ciota Ciara, diretti dall’università degli Studi di Ferrara e svolti in collaborazione con la Soprintendenza, permisero il recupero di due denti, un canino e un molare inferiore, individuati negli stessi livelli stratigrafici da cui sono emersi i primi resti nel 2019, un osso occipitale e un secondo incisivo inferiore, forse appartenenti a un giovane individuo adulto.

Le prime indagini scientifico/archeologiche dei depositi risalgono al 1953 quando C. Conti eseguì un primo sondaggio all’interno della Ciota Ciara. Nel 1964, G. Isetti effettuò un sondaggio nella zona atriale, che restituì un’ industria litica riferibile al Paleolitico medio. Nel 1966 F. Fedele e F. Strobino, con l’aiuto del G.A.S.B., condussero il primo scavo sistematico all’interno della grotta.

I lavori proseguirono fino al 1975 e si concentrarono all’interno della grotta con tre sondaggi che portarono all’identificazione di un’industria litica musteriana in quarzo e al recupero di abbondante materiale paleontologico di cui il 95% attribuibile ad Ursus spaelaeus. Nel 1989 P. Gallo e F. Strobino rinvennero nel conoide di deiezione della grotta due denti umani. G. Giacobini li identificò come neandertaliani e la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte decise di effettuare due nuove campagne di scavo nella zona atriale della grotta (1992-1994).

Nel 2009 le ricerche sono riprese ad opera dell’Università degli Studi di Ferrara in Concessione del Ministero dei Beni Culturali.

La stratigrafia della Grotta della Ciota Ciara è costituita da livelli a matrice argillo-sabbiosa all’interno dei quali sono presenti ciottoli calcarei di dimensioni che vanno dal centimetro ad alcune decine di centimetri. I sedimenti sono stati messi in posto dalla percolazione dell’acqua e sembrano corrispondere ad una deposizione in clima temperato che si inaridisce progressivamente andando verso il basso.

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Maurizio Bernardelli Curuz
Maurizio Bernardelli Curuz