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Stilettate di Zana. Con Von Sandrart. L’obbligo di conoscere tutto della cucina e di restare magri



Joachim von Sandrart (1606–1688), Allegoria di Febbraio, 1642 circa, 149 x 123,5 cm., Staatsgalerie Schleißheim, Germania
STILETTATE
di Tonino Zana
Obesi? No, fa male. Non è il male, attenzione!
Magri, è bene per la salute – dicunt – non è un ordine e contrasta con concorsi, corsi, applausi, prenotazioni, narrazioni, speculazioni filosofiche sul colore del vino, sul sapore, guai a perdere la visione del retrogusto. Guai a non conoscere il soprannome di un buon cuoco. Guai a non sapere a memoria la classifica delle stelle.
Va bene, l’economia si muove, posti di lavoro sicuri, un made in Italy stra esposto, comunque confermato. Però…
Mi attacco anch’io a un paio di però, legittimo.
Però, se prima vedo, leggo ascolto un capitolo sulla fame in Africa, sui bambini denutriti, sull’eccesso di grassi, sulla necessità quasi obbligatoria di una pista pubblica per correre camminare e pedalare e subito dopo eccola la trasmissione di un’ora o due sul nuovo pasticcio eno gastronomico, beh, allora, qualcosa non funziona, la botte piena e la moglie ubriaca, troppo.
Allora?
Allora la solita, introvabile misura. Un po’ di cucina e un po’ molta di soddisfazione ai bisogni primari, un tocco di estetica e di studio ben scelto della storia e di partecipazione civile e un poco di pizza tutti e quattro insieme, così si mangia, si ragiona e la sera è condita di parole, di sugo e di bene stare. Una pizza da sola è un mangiloquio, un danno per le coronarie, ipoteticamente.
Meglio soli? No, almeno in due, se quattro o otto o dodici, allora è un partito una corrente, un riempirsi di energia per il giorno e la sera, dai, sereni, abbiamo avuto un posto a tavola.
Manca un posto a tavola dove bussa un amico in più. I piatti: Acqua, vino e un piatto di amicizia e voi che ve ne intendete, adesso, metteteci quello che volete. Non sia assente il mio figlioccio vegano e non manchi quel carnivoro di mio fratello macellaio che mi spinse a mangiar carne dalla colazione alla notte per conoscere se la bestia “aveva buttato bene” ed era giusta.
Con un filo di grasso, sempre, che è qualità, docenza di mio fratello Bortolo. Esatta. Donne, un filo di grasso! Buon pranzo, buona vita.