I vampiri nella cultura. Sapete cosa c’è di vero nel morso contagioso? Mito, storia, arte e cinema
Il problema fu aggravato dalle epidemie rurali di acclamati attacchi di vampiri, causati indubbiamente dalla superstizione presente nelle comunità dei villaggi, dove venivano disseppelliti cadaveri e trafitti con paletti di legno. Nonostante molti studiosi dichiarassero che i vampiri non esistevano, e attribuissero gli eventi a sepolture premature o alla malattia della rabbia, la superstizione aumentò. Don Augustine Calmet, un rispettato studioso e teologo francese, compose un esauriente saggio nel 1746, in cui però rimase ambiguo circa l'esistenza dei vampiri. Calmet raccolse testimonianze di incidenti riguardanti i vampiri; numerosi lettori, tra cui un critico Voltaire e demonologhi convinti, interpretarono il saggio come una dichiarazione di esistenza dei vampiri.[66] Nel suo Dizionario filosofico, Voltaire scrisse: «Questi vampiri erano cadaveri, che uscivano dalle loro tombe la notte per succhiare il sangue dei vivi, sia dalle loro gole che dai loro stomachi, e poi tornavano nei loro cimiteri. Le persone a cui succhiarono il sangue si indebolivano, divenivano pallide e iniziavano a consumarsi, mentre i cadaveri che succhiavano il sangue prendevano peso, la loro carnagione si faceva rosea e godevano di un grande appetito. Fu in Polonia, Ungheria, Slesia, Moravia, Austria e nella Lorena che i morti poterono così gioire.» La controversia cessò solamente quando l'Imperatrice Maria Teresa d'Austria mandò il suo medico personale, Gerard van Swieten, a investigare sulle acclamazioni di entità vampiresche. Egli concluse che i vampiri non esistevano e l'Imperatrice approvò una legge che proibiva l'apertura e la profanazione delle tombe e dei cadaveri, ponendo fine alla controversia
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