1886: trecento francesi sbarcano a New York e l’America si converte alla fede impressionista

La pittura impressionista giunge dalla Francia in America negli anni Ottanta dell’Ottocento, dischiudendo, nell’ambito della rappresentazione artistica, l’orizzonte della quotidianità e della luce.

di Maurizio Bernardelli Curuz

[L]a pittura impressionista giunge dalla Francia in America negli anni Ottanta dell’Ottocento, dischiudendo, nell’ambito della rappresentazione artistica, l’orizzonte della quotidianità e della luce.
Il profilo dei fondali epici della scuola di Hudson River, che descriveva, con pennellate contrassegnate da una visione lenticolare della realtà, prodigiose quinte naturali che lambivano il boato del sublime, specchio di una nazione che si dimostrava grande attraverso le risorse della natura, passano in secondo piano, a causa del nuovo linguaggio che avanza inesorabilmente. L’Impressionismo, peraltro, è ciò di quanto più anti-epico si possa immaginare: esso si orienta, sia sotto il profilo tecnico che nell’ambito dei soggetti prediletti, alla scoperta della bellezza della quotidianità e dei piccoli prodigi della luce, che non hanno la necessità di spazi scenografici magniloquenti per essere evidenziati. E’ il canto al tempo che fugge e che viene magicamente imprigionato sulla tela.

Il nuovo modo di far pittura conduce quindi all’esplorazione di anonime campagne o degli spazi urbani, nei quali, freneticamente, corre la vita di tutti i giorni. Pittura moderna, quindi. Che non cerca nella natura il prodigioso, ma occupa il segmento del presente, con evocazioni di spazi legati alla ferialità.

John Singer Sargent,  Dennis Miller Bunker dipinge a Calcot
John Singer Sargent,
Dennis Miller Bunker dipinge a Calcot

Gli americani – che fino a quel punto, sotto il profilo dell’esplorazione del paesaggio, si erano rivolti alla magnifica celebrazione delle sconfinate bellezze del Paese – si trovano così a considerare un nuovo approccio alla tela, con pennellate rapide, minori vincoli agli obblighi del disegno e un’intensa attenzione ai valori atmosferici; si scopre, grazie all’Impressionismo, che il medesimo paesaggio non è mai uguale a se stesso; varia con le ore del giorno o con le stagioni, così da essere parzialmente diverso da sé. La presa d’atto pittorica ha allora la funzione di bloccare, in un’istantanea, il mondo in uno dei suoi possibili attimi irripetibili. Non siamo più di fronte ai paesaggi consegnati a un concetto di monumentale, marmorea immutabilità.
La variazione del lume, il contrasto tra luce ed ombra, l’entrata più decisa del blu a delineare le ombre, l’accesso alla pittura tonale vengono assunti dagli artisti americani che aderiscono alla linea impressionista con fedeltà al modello originario, quanto i soggetti da rappresentare: barche negli stagni o vele da diportisti nel mare, passeggiate sulle rive dei fiumi, sortilegi della primavera che ammanta di candidi fiori gli alberi da frutto. O ancora, nell’ambito delle “istantanee” invernali, ciò che pare un ulteriore omaggio a Monet, con i treni carichi di neve e di fumi, nella campagna o alle stazioni oppure, ancora, nelle vedute urbane con omnibus, carrozze e passanti.
La penetrazione dei registri impressionisti si basa su un movimento a doppio senso. Già Mary Cassatt, John Singer Sargent e James Abbott Whistler vivevano e lavoravano in Francia a stretto contatto con i nuovi pittori, ma è con il 1886 che l’ondata giunge sulle coste orientali dell’America con una mostra organizzata dal mercante di Monet, Paul Durand-Ruel, all’American art association di New York.
James Abbott McNeill Whistler, Notturno
James Abbott McNeill Whistler, Notturno

E’ un attacco d’arditi: il mercante catapulta sulla capitale economica e culturale degli Stati Uniti trecento quadri dei principali maestri francesi. La mostra è una summa pittorica e copre, di fatto, le principali strade imboccate dall’Impressionismo: dalla sontuosa poetica dell’istante, che si basa sulla supremazia retinica, di Monet, alla morbidezza neo-tizianesca di Renoir; dalle pennellate piumose, trasognate e melanconiche di Sisley alle verità più spente di Degas, attento ad una narrazione che non si esime dal confronto con i problemi sociali e con la descrizione degli interni; nella mostra trova degna collocazione anche l’opera di Manet, il padre nobile, che ha aperto le porte all’Impressionismo e che si profila come elemento di raccordo tra passato e presente. E nella squadra d’attacco – oltre all’americana Cassatt – Durand-Ruel colloca pure le soluzioni evolutive più ardite, quei non impressionisti dopo l’Impressionismo, che rispondono al nome di Cézanne e Seurat.
L’appuntamento suscita il prevedibile entusiasmo dei giovani artisti Usa, che si rendono conto della modernità di tale linguaggio, il quale si rivela in perfetta linea con il metronomo tachicardico della civiltà urbana d’America. E’ seguendo le suggestioni impressioniste che numerosi pittori decidono di recarsi a Parigi, mentre Metcalf e Robinson, senza esitazioni scelgono la strada più evidente della galassia francese, raggiungendo Giverny, il luogo in cui viveva Monet.
La via del rinnovamento – e comunque del confronto con la Francia – è resa paradigmatica dal caso di Innes il quale, formatosi nell’ambito delle ricerche della Hudson River School, lascia uno spazio sempre maggiore agli effetti atmosferici, praticando una pittura tonale, che tiene conto cioè dell’effetto dei colori dominanti della luce e dei principali elementi cromatici in grado di trasfondersi, a livello di sfumatura, in ogni oggetto presente nel quadro. William Merritt Chase, dal canto suo, nel pieno riconoscimento dell’auctoritas, segue scrupolosamente le linee indicate da Monet, non solo dipingendo en plein air, nel costante confronto con il dato pulviscolare, ma recuperando le suggestioni più accese e abbacinanti del maestro, negli anni della primissima stagione impressionista. Anche Robinson e Weir aderiscono in toto alla linea francese, come del resto Hassam o Whistler, che assume la pittura nuova come un pretesto di libertà e di fluidità nell’ambito della composizione.


Uno dei principali elementi di raccordo tra Parigi e gli Stati Uniti è Mary Cassatt, la quale, dopo l’incontro con Degas, nel 1877, muta la propria maniera – in cui era evidente il debito nei confronti dei maestri spagnoli – per assumere una personalità pittorica spiccatamente francese. Mary favorisce anche il rapporto tra i collezionisti connazionali e gli artisti europei e, poiché comprende la necessità che le opere impressioniste assumano una valenza museale, trova un accordo con gli stessi affinché depositino i dipinti presso i musei. Ciò favorisce la percezione che il fenomeno della pittura di luce occupi, su scala mondiale, i livelli più alti nell’ambito della nuova civiltà artistica, legata alla società moderna.
 

Condividi l'articolo su:
Redazione
Redazione

Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa