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Tra i paesaggi di neve più intensi d’ogni tempo, non possiamo dimenticare l’opera di Camille Pissarro (1830-1903),Chemin de Creux, neige (1872), un olio su tela di dimensioni medio piccole- 46 x 55 -che emana una luce straordinaria (qui sopra) . Anch’esso, come la Gazza di Monet, si inserisce in un periodo di sperimentazione nel quale la pittura di sintesi è meno ardita – le pennellate sono meno evocative, più lisce e il colore risulta steso morbidamente – un periodo di passaggio dalla tradizione pittorica, in parte già rinnovata dalla pittura en plein air dell’école di Barbizon, e all’innovazione impressionista. Mentre la maggioranza dei paesaggi innevati di Pissarro sono dipinti in condizioni di luci stabili e diffuse, qui il maestro cerca quella che i macchiaioli avevano definito la macchia, cioè il contrasto intenso tra luci e ombre, in porzioni geometriche di terreno o di muro. Un contrasto che gli impressionisti avrebbero allargato. Non più un dialogo chiaroscurale tra aree del dipinto – come nei macchiaioli- ma l’avvento di una luce fremente, che mutava persino il colore delle ombre. Monet sarebbe stato il principale punto di riferimento di questa linea stenografica della pittura di luce, ma tanto aveva appreso osservando il suo primo, oscuro, ma determinante maestro, Boudin, e il decano dei pittori di paesaggio ribelli, Pissarro, appunto. Il sole non alto sull’orizzonte del sentiero di Creux, in Pissarro, segmenta il declivio, in parte trapassando i rovi, in parte fermandosi contro i fusti di piccole piante che crescono accanto alla palizzata, alla nostra destra. Con una luce presssochè radente alla superficie, accolta dal terreno coperto di neve, il pittore dispiega tutta la propria abilità nel rilievo cromatico, offrendo un’opera di grande virtuosismo, in cui si somma ogni conoscenza pittorica del passato ad ogni innovazione luminista, soprattutto a livello delle ombre. In circa mille metri quadrati di aerea, il maestro trova un terreno che presenta ogni possibile variante richiesta dal paesaggio innevato. Luce primaria del sole, riflessi, luce riflessa, luce del cielo, ombre superficiali e ombre profonde, gli sfumati prospettici, i neri intrisi d’acqua e di ghiaccio degli alberi, la neve azzurra sui tetti, la neve sempre più grigia nelle parti in ombra, il contrasto tra gli arbusti rossicci e il cielo perlaceo, i rosa sporchi dei muri della piccola casa. Vale certo la pena soffermarsi su ogni parte di questo paesagio mitico per apprezzare le infinite varianti tonali.
Come nella Gazza di Monet, Pissarro prepara un fondo rosa-beige, prima di intervenire sul quadro a livello d’opera d’arte. La preparazione chiara ha il fine di aumentare la luminosità del quadro, interferendo con esso dal basso e riportando in superficie un magico lucore, suggerendo i colori rosati che giungono dalla rifrazione della luce del sole negli strati più prodondi della neve. Analoga è la procedura seguita dai due pittori per rendere la superficie dei due edifici, in entrambi i quadri. Il colore del muro laterale della casa e della piccola struttura in muratura è quello della preparazione iniziale, appena ritoccato.
Pissarro, oltre ad essere un faro, per i più giovani, nell’ambito della pittura en plein air, sarà sempre un grande sperimentatore. Nel corso della sua lunga carriera proverà diversi effetti, tra analisi e sintesi, tra pointillisme e quella stenografia telegrafica di punto, virgola, linea che era la peculiarità di Monet, Sisley e, in parte di Morisot. I quadri di Pissarro che presentiamo, in modo antologico, in questa pagina, dimostrano un costante variare della tecnica, non solo per cercare nuovi effetti, ma per commisurare l’atteggiamento tecnico nei confronti dell’effetto stesso.
Claude Monet (1840-1926) dipinse circa 140 paesaggi innevati, ma il più noto ed amato – che presenta pure le dimensioni maggiori – è La gazza realizzato agli inizi della sua carriera (1868-1869), cioè circa sei anni prima della mostra del gruppo da Nadar, con una tecnica non ancora apertamente impressionista.L’opera, infatti, si presenta ancora piuttosto analitica; le pennellate sono contenute e diffuse. L’effetto globale è quello di un’atmosfera ovattata, perlacea, luminosa, ma non segmentata dalla luce, o da rapidi colpi di colore, come avverrà nella pittura successiva. Ciò che prelude all’impressionismo è l’uso di ombre colorate, contro la tradizione accademica che tendeva, pur in un certo tonalismo, a realizzarle in grigio lievemente permeato da altri colori. L’opera è stata realizzata en plein air ma non in una sola seduta, come vedremo nell’analisi ravvicinata della tela. Del resto non sono numerosissimi, nonostante si ritenga il contrario, i dipinti impressionisti realizzati “alla prima”, di getto, in una sola seduta. Le opere venivano impostate, lasciate parzialmente asciugare, dotate di una seconda o terza stesura e, infine, generalmente rifinite in studio per adattare la pittura ad un ambiente chiuso, in cui il quadro sarebbe stato fruito. La tela che stiamo esaminando presenta, in particolare, tutte le accortezze e le procedure tecniche di finitura che non troveremo così perfettamente definite nei dipinti precedenti e in quelli successivi. Non siamo cioè di fronte a un effet (simile a un rapido bozzetto), ma a un’opera curata, che rappresenta un momento di profonda meditazione, in Monet, tra effetto-impressione e quadro finito, tra le vibrazioni del momentaneo e dell’istante e le sensazioni più stabili e luministicamente compensate di una pittura più vicina a quella della tradizione.
La Gazza (francese: La Pie) è stata dipinta nel circondario del Comune di Étretat, in Normandia, quando Monet aveva 28 anni.. Louis Joachim Gaudibert, amico e protettore di Monet, aveva aiutato il pittore a sistemare una casa che avrebbe accolto l’artista stesso,la compagna, Camille Doncieux, e il loro figlio appena nato, permettendo a Claude di dipingere in un relativo benessere, circondato dalla sua famiglia.
Tra il 1867 e il 1893, Monet, Alfred Sisley e Camille Pissarro avrebbero dipinto centinaia di paesaggi che illustrano l’effetto naturale della neve (effet de neige). Simili dipinti invernali sono stati realizzati, ma con minor interesse e in un numero di tele più limitato, da Pierre-Auguste Renoir, Gustave Caillebotte, e Paul Gauguin.
Il primo paesaggio innevato di Monet, del quale si abbia notizia, rappresenta un carro sulla strada di Honfleur (qui sotto), e fu realizzato nel 1865 o 1867.
L’ANALISI TECNICA DELL’OPERA “LA GAZZA) DI CLAUDE MONET
Particolare 1: il cielo, alla nostra sinistra, nel dipinto. La tela, prima d’essere dipinta, è stata preparata dal pittore con una stesura di colore in una gamma cromatica compresa tra la terra di Siena schiarita e il rosa, con un effetto simile a quello di una sabbia lievemente rosata. E’ molto probabile che la colorazione della preparazione di base, che traspare sulla destra, qi sopra, conferendo una particolare luminosità al cielo, non sia stata data in modo uniforme su tutto il primo livello del dipinto, ma che essa sia più chiara nella parte del cielo e che viri verso un melange di terra e vinaccia nella parte di terra. Un effetto cromatico, quello a livello della terra, vicino al colore di una macchia di vino su una tovaglia beige. Questa preparazione, molto liquida perchè diluita in essenza di trementina o acquaragia, asciuga in qualche ora.
Dopo aver steso la preparazione, Monet ha atteso che asciugasse, prima di recarsi all’esterno per dipingere. Dalla craquelure che vediamo in alto, alla nostra destra, possiamo capire che l’artista sovrappose al color sabbia rosata del fondale uno strato finissimo di grigio azzurro, tirato con un pennello ampio. Quindi dipinse, mescolando marron, grigio e azzurro, i rami degli alberi. In un passaggio successivo pose gli strati di neve. Poi lasciò che il quadro asciugasse e sfocò con un passaggio di pennello largo in grigio-azzurro, per ottenere l’effetto della prospettiva aerea.
Particolare 2: isoliamo visivamente le ombre. Esse sono colorate. Alla nostra destra esse sono formate da grigio – bianco più una punta di nero -, blu, con minimo apporto di rosso. Alla nostra sinistra, l’ombra più chiara presenta una percentuale leggermente maggiore di azzurro e una diminuzione del nero nella composizione del grigio. Da notare è il montante, alla nostra sinistra, del cancelletto che presenta al centro il color sabbia della stesura primaria del fondo. Osserviamo attentamente la neve illuminata, tra i gradini del cancello. Per la massima luminosità, il pittore inserisce un bianco con un minimo apporto di arancione, che contrasta con l’azzurro perlaceo delle ombre causate dalla compressione del calpestio.
Particolare 3: il muro della casa mostra il color sabbia rosata e vinaccia della preparazione basica del dipinto. Tutti gli altri colori sono stati stesi in sovrapposizione. Da evidenziare, alla nostra sinistra, le pennellate discontinue che definiscono, con il bianco, i rami più sottili. La discontinuità del tratto rivela che questi particolari sono stati aggiunti quando la tela era già asciutta in tutti gli strati sottostanti. Quest’effetto di segmentazione si verifica quando un colore poco diluito viene tirato su uno strato asciutto di colore sottostante.
Particolare 4: il legname è stato dipinto con colori bruni sulla preparazione sabbia-rosa-vinaccia. Il pittore ha poi tirato il grigio azzurro della neve, offrendo un effetto di nuovo impasto, parzialmente coprente. Rispetto ad altri dipinti della maturità, il pennello evita ogni stenografia, per procedere in stesure a impasto o parzialmente tese e lisce. Gli effetti luministici sono contenuti in un numero limitato di chiazze di luce di forma tondeggiate o rettangolare.
Particolare 5: nei punti di massima luninosità la neve, come dimostra Monet, è composta da numerosi colori: i tre primari (rosso, giallo, blu) che si moltiplicano, mescolandosi tra loro e unendosi al bianco. Il pittore segna punte e linee colorate sulla preparazione di base, che poi lascia asciugare. Procede quindi tirando una mano rapida e leggera di bianco-azzurro traslucido. E’ in questo punto, caratterizzato dalla massima intensità della luce, che iniziamo ad osservare la vibrazione fremente, qui lievemente sotto pelle, dell’impressionismo più aperto.
L’opera, per quanto sia stata realizzata in più fasi, dinostra l’osservazione diretta degli effetti naturali della luce. Alla fine degli anni Cinquanta dell’Ottocento, il paesaggista francese Eugène Boudin (1824-1898) introdusse Monet alla tecnica della arte en plein air. La pittura dal vero era stata facilitata dall’invenzione dei tubetti in metallo che contenevano i colori (1841) e della commercializzazione del cavalletto portatile. Boudin e Monet avevano trascorso l’estate del 1858 dipingendo insieme, sur le motiv, cioè con il soggetto, in questi casi naturale, di fronte. “Se sono diventato un pittore”, avrebbe detto Monet, lo devo a Boudin.” Anche nell’ambito dei paesaggi di neve, Monet non si sottraeva dal confronto diretto con la realtà. Un giornalista scrisse: “Lo abbiamo visto solo una volta. Era inverno, nel corso di diversi giorni di neve, quando le comunicazioni erano praticamente a un punto morto. Il freddo era tale da spezzare le pietre. Abbiamo notato un piede, poi un cavalletto, poi un uomo, avvolto in tre giri di stoffa, le mani nei guanti, la faccia metà congelata. Era M. Monet, che stava studiando un effetto neve”.
Ora osserviamo nuovamente La gazza, comparando l’opera con il dipinto sottostante, realizzato da Monet nel 1875, un decennio dopo. Ecco, chiara, la sintesi e il percorso compiuto dall’artista in quel periodo, in direzione di un’impressione più rapida e stenografica della rappresentazione della reatà.
Una selezione dei migliori video tutorial che insegnano a dipingere la neve, con i perfetti effetti tonali e un’alta resa pittorica, nell’ambito del paesaggio tradizionale
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COLORI A OLIO E TECNICHE
[C]i avete contattato in molti, neofiti delle pittura ad olio ma anche professionisti; la domanda è comune: quali sono i colori ad olio migliori in circolazione? Quali si adattano meglio al mio livello di pittura?
Ma, prima di “addentrarci” nella materia, vediamo a chi possono servire i colori a olio
Pittura figurativa tradizionale
- Ai pittori di paesaggio
- Ai pittori di nature morte
- Ai ritrattisti
- A chi ha bisogno di velature trasparenti e lucide per rifinire gli acrilici
- A chi si vuole avvicinarsi in modo classico all’astratto, preferendo la materia “elastica” dell’olio essiccato ad altre soluzione materiche
- A chi vuole esercitarsi con copie d’autore
- A chi intende raggiungere i massimi effetti di verità
Pittura contemporanea
- A chi vuole mantenere, nell’astratto nella sintesi, una matericità che appartiene alla tradizione
- A chi vuole completare acrilici, che sono più spenti, con interventi vivificanti
- A chi crede che le tecniche miste consentano il massimo dell’espressione tecnica
I colori ad olio, per quanto siano di più complessa gestione, non possono mancare nello studio di un artista, accanto agli acrilici.
I LIMITI DEI COLORI A OLIO
Essi, nonostante costituiscano per antonomasia la pittura, richiedono tempi di asciugatura che sono piuttosto lunghi, specie se essi sono dati “a corpo” – cioè in strati spessi, come accadeva spesso nella pittura di Van Gogh – mentre l’essiccazione dell’acrilico è rapidissima e può essere assimilata a quella della tempera. L’untuosità dei materiali richiede un certo ordine da parte del pittore per evitare di sporcare gli abiti e gli ambienti in cui opera. Questi materiali esigono poi un certo esercizio compiuto con qualche prova in quanto, offrendo, con diluizioni performanti e uso dei pennelli di forma e ampiezze variabili, esiti diversificati, impongono la maturazione d’esperienza che consenta di sfruttare appieno le numerose possibilità offerte dal prodotto. Nel caso di una pittura realista o iperrealista essi richiedono tempi maggiori di attesa per le stesure successive e la capacità di fermarsi al momento giusto, ma sono indispensabili, anche solo come finitura, per rendere l’effetto del “vero”. Uno dei maggiori errori compiuti dai neofiti con i colori a olio è quello di raggiungere un buon risultato in una frazione della prima seduta e di voler andare oltre, nel completamento. Questo comporta spesso il crollo di qualità del quadro. Il colore a olio richiede all’artista, nell’ambito della pittura tradizionale, di evitare eccessive sovrapposizioni, a quadro ancora bagnato, poichè l’effetto è quello dello spegnimento del colore. Per le stesure successive sarà necessario attendere 24-48 ore – dipende dallo strato di materia – affinchè la parte superficiale della pittura sia asciutta e sia possibile procedere con stesure superiori.
Ogni stesura superiore avrà invece tempi sempre inferiori poiché la quantità di colore generalmente impiegata è più lieve. Un caso a sé riguarda la cosiddetta pittura alla “prima”. Essa prevede che il quadro ad olio sia steso in una sola seduta, di getto. Ma i colori, in questo caso non vengono mischiati sulla tela, quanto giustapposti – messi, cioè uno accanto all’altro, più come tasselli di un mosaico che come pennellate tout court – per evitare mèlange che portano sempre a un colore indefinito, vicino al grigio tortora. La seconda stesura dovrà sempre avvenire quando ormai il quadro non appiccica. E la prova si affronta manualmente. Per chi non vuole attendere, esistono prodotti additivi, chiamati essiccativi o essiccanti, in grado di accelerare notevolmente l’asciugatura. Li vedremo poco più avanti, nell’articolo.
LA SCELTA DEI MATERIALI
Ecco un nostro elenco con le migliori marche e relativi pregi. Abbiamo provato ad uno ad uno ciascun prodotto, per potervi offrire una resoconto puntuale. Potrete così indirizzare la scelta nei confronti di un prodotto che sia in linea con le vostre esigenze tecniche e che rispetti il vostro budget. E’ certo il fatto che, specialmente nella pittura tradizionale – figura, paesaggio, veduta, natura morta – la qualità dei colori è determinante per l’esito del quadro. Come un pianoforte di livello per un concertista. La qualità dipende molto dalla purezza dei pigmenti utilizzati e del medium – l’olio di lino – nonché dalle modalità di incorporazione del medium nell’olio stesso.
Questi colori non virano, con il tempo, nonostante il naturale assestamento cromatico, che crea invece una fusione elegante dell’opera, in ogni sua parte. E si avvicinano maggiormente alle ricette tramandate dai pittori antichi. Terre e ossidi venivano infatti stemperati nell’olio di lino. La concentrazione del pigmento è direttamente proporzionale alla durata del tubetto e alla brillantezza del colore. Pertanto potrà sembrare di conseguire risparmi, con prodotti già molto diluiti. Ma questi ultimi si consumano prima.
IL COLORE DI QUALITA’
Il colore di qualità si presta ad una più ampia gamma di effetti, proprio in virtù alla concentrazione della materia prima. I costi variano appunto in base alla purezza, Può essere allungato, sulla tavolozza, secondo gli effetti che vogliamo ottenere. Essenza di trementina, principalmente, come diluente. Oppure un tocco minuscolo di acquaragia, che noi preferiamo poiché consente, se usata senza eccessi, di ottenere una più rapida asciugatura della prima stesura, anche se induce una lieve attenuazione della brillantezza. L’acquaragia può essere molto utile se operiamo all’aria aperta, davanti a un paesaggio che intendiamo catturare con una certa rapidità e che rifiniamo in studio o con un ritorno al posto in cui abbiamo impostato l’opera, senza lasciar trascorrere un tempo eccessivo.
Evitiamo invece di aggiungere olio di lino. I colori in tubetto, sotto il profilo del medium, contengono già olio a sufficienza. Aggiunte ulteriori provocano una mestica infatti molto unta, scivolosa difficilmente gestibile con scioltezza. E i tempi di essiccazione diventano infiniti. Ma ognuno deve sperimentare la diluizione secondo le inclinazioni personali. L’effetto è quello di un dentifricio al quale è stato aggiunta acqua. Anche la pennellata diventa difficilmente controllata e controllabile.
Come ben sappiamo, i tubetti di colori ad olio furono prodotti nella seconda metà dell’Ottocento e questa soluzione favorì notevolmente l’esercizio della pittura all’aperto. In precedenza ogni pittore acquistava i pigmenti – polveri – e produceva il colore, aggiungendo l’olio di lino, secondo le proprie esigenze. I colori in tubetto avevano il grosso vantaggio d’essere trasportati e utilizzati con comodità, mentre nel passato remoto gli oli erano collocati in vasetti, che potevano essere perfetti contenitori, se utilizzati in studio, ma che risultavano intrasportabili. Proprio per renderli pronti all’uso, i produttori trovarono proporzioni tra pigmenti e medium che consentisse al pittore di non portare con sé altro olio di lino, ma una sola boccetta con diluente. In commercio esistono ancora, soprattutto per i restauratori, colori in polvere che coprono una nicchia di mercato e che sono più adatti a chi opera in termini “terapeutici” su un quadro o su un affresco, più che a chi voglia raggiungere un risultato formale, espressivo o narrativo.
Colori a olio: ecco le recensioni:
MAIMERI: Olio puro. Una soluzione di alta qualità. Questo prodotto, infatti è definito puro in quanto il colore non è mescolato con altre sostanze. Si tratta di olio più pigmento e nulla più, se non un minimo apporto di additivi per migliorare la qualità del colore. Caratteristica principale, infatti, è l’attenzione e la fedeltà del colore. Un prodotto studiato per il risultato cromatico migliore possibile. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Maimeri
FERRARIO: Van Dyck. Una gamma con uno dei migliori rapporti qualità/prezzo. Ideale per chi è alle prime armi ma, data la qualità del prodotto, molto utilizzata anche dagli esperti del settore. Purezza, intensità delle tinte e impasto untuoso sono le caratteristiche principali. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Ferrario
OLD HOLLAND: un prodotto per puristi. Old Holland produce ancor oggi i suoi colori utilizzando le tecniche e le formule tradizionali. Uno dei marchi più ricercati dagli artisti fin dalla nascita della pittura ad olio. Il prezzo non è certamente adatto alle tasche di tutti ma si tratta pur sempre della “Ferrari” dei colori ad olio. Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Old Holland
WILLIAMSBURG: una linea e un prodotto che si fregia di essere stato creato dagli artisti stessi, per la migliore resa possibile. Ogni tonalità risulterà diversa nell’impasto, che può essere più o meno granuloso o più o meno oleoso, in quanto appositamente studiata per la resa cromatica migliore Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori Williamsburg
WINSOR & NEWTON: la giusta via di mezzo. Il prezzo è alla portata e la qualità offerta è sicuramente di medio/alto livello. E’ la linea Winsor & Newton, utilizzata dalle accademia. Buona qualità dei colori, ad un prezzo abbordabile Clicca qui per visualizzare e acquistare i colori WINSOR & NEWTON
Portapennelli. Ideale per dare ordine e organizzazione ad accessori artistici e non solo come pennelli penne matite pennarelli pastelli. Questo contenitore aperto è molto utile perchè mantiene le setole di ogni pennello distaccate, tiene ordine sulla scrivania e risulta uno strumento che ci permette di trovare subito il pennello che cerchiamo. Qui vi proponiamo Artina Porta pennelli Ø 14,5cm – spazio per 49 pennelli colori matite penne – per artisti pittura accademia belle arti, disponibile a 9,99 euro. Acquistalo qui
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UN PICCOLO SEGRETO DEL MESTIERE
Quando avete finito di dipingere – e dovete lavare i pennelli e altri utensili o dovete smacchiare rapidamente il pavimento, il muro o un abito – anzichè utilizzare l’acquaragia, che può essere fastidiosa e lascia aloni, intervenite con acqua calda nella quale è stato sciolto detersivo verde al limone prodotto per i piatti. Il rapporto tra detersivo e acqua è quello che utilizziamo quando dobbiamo lavare padelle molto unte. Poichè il legante è l’olio di lino, il detersivo lo rimuoverà perfettamente con il colore in esso disciolto. Sciacquate poi con acqua calda e passate uno straccio sulle setole, che resteranno molto morbide ed elastiche e che aumenteranno la durata del pennello stesso.
DOVE FAR ASCIUGARE I QUADRI A OLIO
E’ rimasto tra gli aneddoti – basati su una vicenda vera – l’incidente occorso a un grosso quadro di Velazquez. Approfittando di una bella giornata di sole e di vento, il maestro aveva chiesto che i suoi assistenti ponessero il quadro, al quale stava lavorando, all’esterno affinchè fosse accelerata l’asciugatura superficiale. Naturalmente il quadro doveva essere sistemato “in piedi”, in una zona luminosa, ma non direttamente colpito dai raggi solari – per evitare surriscaldamento e la possibile colatura del colore – poichè tutti i pittori sanno che se si appoggia a terra l’intero dipinto, pur verso l’alto, su di esso rotoleranno, in breve, polvere, insetti e peli, catturati dalla viscosità del colore. Si procedette allora poggiando il quadro su un lato, dandogli la giusta inclinazione, affinché non cadesse avanti. Ma un colpo di vento colpì la tela, che si trasformò in una sorta di vela. L’opera volò e cadde in avanti, subendo danni a causa della sporcizia che si era mischiata al colore. Rimuovere sassolini, spighe, fili d’erba, insetti, capelli, peli, crini, polvere grossa significa rovinare le linee dell’opera. Quindi. Bene all’esterno, a una certa altezza, nelle prime ore dopo la stesura. Poi all’interno, in un ambiente ben aerato e lontano da tutti. Mentre l’uso del phon funziona per accelerare l’asciugatura di tempere e acrilici – che normalmente, peraltro non ne necessitano – l’asciugacapelli agisce in modo insignificante sui quadri a olio. Anzi. Calore intenso e flusso d’aria tendono a scompensare l’unione tra pigmento e olio di lino. Pertanto, al di là di tutto: esterno non polveroso nelle prime ore, in caso di bel tempo. Se l’esterno è molto umido, per pioggia o nebbia, l’esposizione risulterà completamente inutile. Per togliere peli, capelli e fili d’erba dal quadro bagnato è assolutamente sconsigliato usare unghie o dita, che spandono il colore, mentre si consiglia una pinzetta da make-up, sottile e precisa.
LA DURATA DEI QUADRI A OLIO SENZA RILEVANTI MUTAMENTI DI COLORE
Le opere ad olio non devono essere costantemente colpite dai raggi del sole, che possono essere fonte dell’indesiderato schiarimento dei pigmenti. Per quanto riguarda la tela, il film pittorico può essere danneggiato da ambienti umidi e, ancor maggiormente, da luoghi in cui si passa frequentemente dal freddo umido al riscaldamento eccessivo. La tela si stringe e si dilata. Questo movimento diviene causa del distacco del colore.
La vernice finale è un ottimo aiuto per la conservazione cromatica del dipinto, poichè funge – oltre che da elemento uniformante che tende a colmare, nella pittura tradizionale, depressioni e rilievi del colore – da protettivo e, lievemente, da filtro solare. I colori in vendita hanno indicazioni sulla durata presunta del colore stesso, prima che inizi un mutamento cromatico, pur lieve.
*** ottima resistenza ai fenomeni luminosi corretti: minimo 150 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
** buona resistenza alla luce: minimo 75 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
* scarsa resistenza alla luce: minimo 25 anni nel caso in cui il quadro sia stato collocato lontano da una forte fonte solare diretta o sia illuminato da appositi faretti che non mutano i pigmenti;
I colori evanescenti (alcune aniline, il bitume genuino, il minio, i colori fluorescenti), invece, vengono in genere catalogati con un pallino nero.
ESSICCATIVI PER COLORI A OLIO
C’è chi aggiunge alla mestica acquaragia che smagrisce il colore, eliminando parte dell’olio e diminuendo notevolmente i tempi di asciugatura. Ma il rischio è che si crei una lieve patina o che il colori muti lievemente. Chi invece intende giungere a tempi più brevi di essiccazione, senza il rischio di mutamenti cromatici imprevisti, può utilizzare gli essiccativi (qui puoi trovare i prodotti migliori in commercio a un prezzo più che onesto).
COS’E’ LA VELATURA AD OLIO E COME SI OTTIENE
La velatura è una tecnica artistica di finitura del quadro che consiste nel porre uno strato sottilissimo di colore molto diluito sul sottostante dipinto, ormai asciutto, per ottenere effetti di trasparenza, semitrasparenza, per creare l’effetto traslucido o per mutare il colore sottostante. Essa, per quanto si dica praticata già, pur episodicamente, dai pittori egizi e dell’antica Roma, caratterizzò inizialmente la pittura fiamminga e si legò al colore ad olio, che fu utilizzato, nei Paesi Bassi, a partire dal Quattrocento, mentre, in Italia, per i dipinti da cavalletto, si faceva ancora uso di tempera grassa.Come ottenere, oggi, una velatura? Noi diamo la vernice finale al dipinto, attendiamo che asciughi per poter lavorare su una superficie “plastificata” o “vetrificata“. Quindi prendiamo pochissimo colore e lo diluiamo, sulla tavolozza, con liquido dello spray della vernice finale. Ed ecco un colore trasparente ma fortemente aggrappante. Per ottenere il liquido dallo spray, basta schiacciare il diffusore, scaricando in un punto della tavolozza il flusso aeriforme, a distanza ravvicinata, per una decina di secondi. Il mercato offre già anche colori trasparenti, che sono contrassegnati da un quadratino bianco sull’etichetta.
COME DARE LA VERNICE FINALE
Nel Novecento gli artisti tesero a utilizzare sempre meno la vernice finale, per ottenere un aspetto più materico e rozzo dell’opera. La vernice, infatti, tende a uniformare la superficie e ad esaltare il colore. Ai tempi di Turner, la vernice finale veniva data, ai dipinti a olio, nella sede in cui l’opera sarebbe stata collocata o negli spazi espositivi. Per questo è rimasto, nella terminologia artistica, il sostantivo vernissage, che significava, originariamente, verniciatura e che oggi è un incontro chic di inaugurazione di una mostra d’arte. Le operazioni di verniciatura avvenivano uno o due giorni prima dell’apertura ufficiale della mostra. E a questi delicati lavori, oltre agli artisti, era ammesso un pubblico selezionato di intenditori. Con vernissage si intese così un’inaugurazione tra pochi eletti; e, successivamente, assunse la connotazione di festa d’inaugurazione. La stesura della vernice finale, a quei tempi, non era compito del pittore, ma di operai specializzati che lavoravano esclusivamente con vernici trasparenti, acquisendo, in questo campo, un’assoluta abilità. Il quadro doveva essere asciutto da qualche mese per evitare che i diluenti sciogliessero parti di colori del dipinto. Il prodotto veniva steso con rapidità. E capitava spesso che questi artigiani fossero così abili da consentire all’artista qualche ritocco finale, disperato, che poi loro sapevano coprire.
Oggi esistono più tipologie di vernici finali, che si dividono, comunque, in vernici a pennello e vernici spray.
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Le vernici finali a pennello richiedono una perfetta asciugatura del dipinto. Il rischio è infatti che si sciolga anche una piccola parte del colore, che si unisce alla vernice stessa, la quale non è più totalmente trasparente e non più totalmente incolore. Sotto il profilo dei risultati tecnici, la vernice finale a pennello è indicata a restauratori, iperrealisti, copisti e a tutti coloro che intendono mettere una cura massima – diremmo classico-accademica – nella realizzazione dell’opera
Le vernici finali spray sono molto comode e permettono d’essere spruzzate anche 24 ore dopo aver finito l’opera e anche se questa non è perfettamente asciutta. L’importante è che il quadro non sia messo verticalmente. Lo spray va dato, dopo aver scosso vigorosamente la bomboletta per un minuto, a una trentina di centimetri di distanza dalla tela. Evitiamo l’ambiente chiuso. Meglio all’aperto, ma in una giornata senza vento. Oppure mettiamoci in un luogo aerato, ma senza correnti d’aria, che si porterebbero via tutta la materia volatile. Ricordiamoci poi, se intendiamo tenere il quadro in piedi, durante questa operazione, di non spruzzare troppa vernice, per evitare istantanee colature e formazione di grumi. Dobbiamo produrre un’emissione regolare e piuttosto rapida. Poi appoggiamo il quadro in posizione orizzontale, in un luogo dove non ci siano vento e polvere. E aspettiamo. Possiamo dare un’altra mano dopo qualche ora.
https://stilearte.it/var/www/vhosts/stilearte.ithttpdocs/sei-un-pittore-o-un-artista-vuoi-vendere-alle-aste-catawiki-ecco-come-fare-da-qui/