Croce di Desiderio – Un antico capolavoro di oreficeria. L'analisi, il video

Si tratta di una delle più grandi croci gemmate giunte fino a noi, è ricoperta da ben duecentoundici gemme incastonate sui quattro bracci e, caso unico tra le croci note, presenta il maggior numero di gemme antiche reimpiegate, circa cinquanta, molte delle quali provenienti da precedenti oggetti di ornamento



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Croce cosiddetta "di Desiderio", cm 127 x 100, seconda metà del IX secolo
Croce cosiddetta “di Desiderio”, cm 127 x 100, seconda metà del IX secolo

La croce di Desiderio è una croce astìle – una croce che veniva issata su un’asta e portata a mano o su carri durante le processioni – costruita in legno per essere più leggera e rivestita da una lamina metallica dorata. La croce fu donata, secondo la tradizione, al monastero di San Salvatore e Santa Giulia di Brescia dal re longobardo Desiderio, che insieme alla moglie Ansa lo aveva fondato tra il 753 e il 760.
Si tratta di una delle più grandi croci gemmate giunte fino a noi, è ricoperta da ben duecentoundici gemme incastonate sui quattro bracci e, caso unico tra le croci note, presenta il maggior numero di gemme antiche reimpiegate, circa cinquanta, molte delle quali provenienti da precedenti oggetti di ornamento.
All’incrocio dei bracci sono due grandi medaglioni dove risaltano, sul fronte, il Cristo in trono a sbalzo, ritenuto opera dei secoli IX-X, circondato da quattro miniature (X-XVI sec. d.C.), e, sul verso, il Cristo crocefisso, aggiunto nel secolo XVI. Le pietre di età imperiale e tardoantica si trovano soprattutto sul verso della croce e il loro numero elevato testimonia la notevole disponibilità di materiale di alta qualità che doveva provenire da antichi tesori imperiali. Le pietre ci raccontano di miti e storie fantastiche, tra esse si segnalano in particolare: un cammeo in sardonica con le Muse e uno con Pegaso, il cavallo alato, e Bellerofonte; un calcedonio in due strati con la lotta tra Ercole e Onfale, la regina della Lidia; un cammeo con una Vittoria coronata d’alloro, molto simile alla Vittoria alata presente nel museo di Santa Giulia; un cammeo con un’aquila, che in età medievale veniva probabilmente interpretata come simbolo di Cristo, e un onice con il ritratto di una principessa giulio-claudia.
ritrattiSul fronte, dove prevalgono invece gemme medievali, spicca il celebre medaglione vitreo (qui sopra)  con i ritratti in foglia d’oro della metà del III sec. d.C.: il medaglione riporta un gruppo familiare, una madre con i due figli, e la scritta in caratteri greci si riferisce probabilmente al capo famiglia, Vunnerio Cerami.
I pezzi attribuibili all’età altomedievale costituiscono un nucleo molto importante in quanto assai numerosi e probabilmente contemporanei alla lavorazione della croce; tra essi assumono notevole significato due pseudo-cammei a doppio strato (metà VIII-IX sec. d.C.) e diciotto gemme in pasta di vetro decorate a stampo, realizzate nella stessa bottega. Su di esse prevalgono ritratti di eco classica, declinati nei toni del blu e del verde, colore prevalente nella decorazione della croce. Colpisce il fatto che siano invece assenti soggetti sacri. Altre rarità incastonate nella croce “di Desiderio” sono un ritratto di Federico II di Svevia, del XIII sec. d.C. e due rarissime gemme, prodotte da artigiani nordeuropei, di cui esistono solo sette esemplari in Italia e di questi ben sei sono a Brescia: sono le cosiddette Alsengemme, di cui due sono incastonate nella Croce di Desiderio e le altre quattro nella Croce del Campo conservata in Duomo vecchio.
Questo capolavoro dell’oreficeria altomedievale, databile nella seconda metà del IX secolo, si presenta integro nel suo aspetto complessivo, ma ha subìto nel tempo manutenzioni e cambiamenti continui, forse legati proprio all’uso processionale. Molti interventi sono stati effettuati e ne sono testimonianza le numerose sostituzioni quale, ad esempio, il ricollocamento nel 1812 di diciassette pietre per rimpiazzare alcune gemme “pagane” asportate dalle monache, perché ritenute offensive del sentimento cristiano.
La croce è collocata all’interno del piano superiore dell’Oratorio di Santa Maria in Solario, edificio di età romanica riservato alle funzioni liturgiche delle monache, dove anticamente doveva essere custodito il tesoro del monastero. Da questo luogo la croce veniva prelevata dalla badessa il Venerdì santo per portarla nel Coro delle Monache e poi sull’altare maggiore della chiesa di San Salvatore per l’adorazione.
La croce era ancora esposta in Santa Maria in Solario alla fine del XVIII secolo “sopra un altare in mezzo a molte torce ardenti”, ma nel 1798 il Governo della Repubblica Cisalpina soppresse l’ordine monastico e il tesoro del monastero venne disperso: alcuni degli oggetti più preziosi (la Croce, l’Evangelario Purpureo e la Lipsanoteca) vennero trasferiti nella Biblioteca Queriniana, dove la croce fu conservata fino al 1882, quando fu trasferita nel Museo dell’Età Cristiana in Santa Giulia e in seguito nella Pinacoteca Tosio Martinengo.
È solo nel 1993 che la Croce torna finalmente nel museo di Santa Giulia, ricollocata nella sua antica sede.



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