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“Signor custode, al mio paese in Bretagna ho sentito tanto parlare di questo famoso Museo del Louvre. Per favore, ditemi quali sono le cose più importanti da vedere, perché sono curioso e poi, caspita, voglio proprio farmi una cultura”.
“Sentite, sono a vostra disposizione, ma non posso accompagnarvi nelle sale e darvi una spiegazione delle tele. Sono troppe per poterle vedere in tutti i dettagli. Fate così: salite al primo piano nelle sale di pittura e proseguite per i piani della stessa sezione. Poi andate a visitare il Museo della Marina, che non manca di interesse, poi il Museo degli Antichi, l’Arte Greca, l’Arte Romana, eccetera. Non temete, ne avrete di cose da guardare, e se volete vedere tutto ci vorranno almeno otto ore… No, non disperatevi, spero che tornerete un’altra volta se vi fermate un po’ in città”.
“Grazie, caro signore, i vostri consigli li terrò bene a mente e ne farò tesoro di sicuro. Comincio subito. Anche se sono un ignorante, voglio proprio approfittare di tutti gli insegnamenti scientifici che si possono ricavare da questo grande museo”.
Il dialogo, che ci fa subito tornare alla mente il film Le vacanze intelligenti, con le mitiche sequenze della coppia Alberto Sordi-Anna Longhi intrappolata nei labirinti della Biennale, è tratto da Une visite à l’Exposition de 1889, vaudeville in tre atti composto da Henri Rousseau (in Lettere e scritti, Abscondita, 144 pagine). Sì, proprio lui, il Doganiere, il quale – non tutti lo sanno – oltre a dedicarsi alla pittura coltivava ambizioni di successo anche nell’ambito del mondo dello spettacolo.
Henri aveva un discreto talento musicale. A diciannove anni suonava il sassofono nella banda del suo reggimento, in cui si era arruolato per evitare la prigione, dopo essere stato sorpreso mentre sottraeva una banconota da dieci franchi dal cassetto dell’avvocato che lo aveva assunto alle proprie dipendenze. Nel difficile periodo nel quale tentava di affermarsi come pittore, per sopravvivere dava lezioni di violino: ed un valzer da lui creato e dedicato alla moglie Clémence riscosse una certa approvazione.
Ben scarsi consensi Rousseau ottenne invece come autore teatrale. Un lavoro giovanile, L’Étudiant en goguette, è rimasto inedito. Une visite à l’Exposition de 1889, proposto dall’autore al Théâtre du Châtelet, fu inesorabilmente rifiutato; ed analoga sorte toccò al dramma in cinque atti La vengeance d’une orpheline russe. Entrambi i testi sarebbero stati riabilitati solo molto tempo dopo la sua morte, nel 1947, da Tristan Tzara, che ne promosse e curò la pubblicazione riconoscendo ad Henri la patente di “artista totale”.
Il Doganiere amava il teatro. Nella sua povera casa era solito organizzare serate durante le quali venivano letti e recitati testi, invitandovi amici intellettuali (tra cui Apollinaire) ma anche semplici conoscenti. Une visite à l’Exposition rivela appieno la sua passione per l’universo della finzione scenica ed un’acuta verve comica e parodistica, forse inattesa in una figura che ci è sempre stata presentata come avvolta in una nube di soave, ingenua, eterna naiveté.
La storia narrata dal vaudeville è quella di due contadini, i coniugi Lebozeck, che per la prima volta in vita loro si recano a Parigi decisi a visitare, appunto, l’Exposition. I Lebozeck, accompagnati dalla serva Mariette, affrontano coraggiosamente, come già abbiamo visto, le insidie del Louvre, per riversare poi la propria attenzione a numerosi altri luoghi canonici della Ville lumière, in un’odissea spassosissima e a tratti surreale.
Ecco questi precursori di Romeo ed Augusta Proietti, i protagonisti di Vacanze intelligenti, al cospetto del Jardin des Plantes (“Ma perché poi lo chiamano così, visto che ci sono un sacco di animali, e tutt’altro che piccoli?”), del Trocadéro (“Questi poveretti devono essere sfiniti, a forza di stare qui immobili dal mattino alla sera. Non vorrei proprio essere come loro!” commenta Mariette. La rimbrotta il padrone: “Ma stupida che non sei altro, credi che siano persone vere? Hai le fette di salame sugli occhi? Non vedi che sono di cera? Non penserai che della gente in carne ed ossa possa stare nella stessa posizione per delle ore!”), degli Invalides (dove si verifica la memorabile performance di madame Lebozeck, che non ha nulla da invidiare a quelle della sora Augusta del film: “Scusate, signor Invalido, possiamo entrare? Siamo venuti apposta per visitare casa vostra, ed anche la tomba di Napoleone; voi dovete essere un soldato, vero?”. Ed ancora: “Ma gli invalidi dove sono? Non li vedo. Non si riesce a vederli. Saranno tutti malati, poveretti, ma quello con la testa di legno, vorrei proprio vederlo”).
Distrutti dalla sete, fantozzianamente alla ricerca di un’introvabile fontana che ha assunto oramai i contorni di un miraggio, ecco gli eroici campagnoli giungere infine nei pressi della neonata tour Eiffel. “Ah, Vergine Santissima, com’è bella questa gran scala – garrisce Mariette. – E’ più alta anche del campanile della nostra chiesa. E’ proprio divertente, ma come si fa a salire, ha le sbarre tutte di traverso. Mah, chi ha inventato ’sto arnese ha avuto proprio un’idea bislacca, io l’avrei fatto molto più bello. Volendo si potrebbe andare a vedere, di curiosi ce ne sono già e anche noi siamo qui e vogliamo proprio farci una cultura”.
I Lebozeck concordano. “Sapete dirmi da che parte bisogna andare per salire su ’sta gran scala?” chiede il marito ad un guardiano. “Come avete detto? – è la replica piccata – Gran scala? Sappiate, signore, che questa è la tour Eiffel, la torre più alta del mondo, perché, non dimenticatelo, è alta trecento metri! Ma da dove venite, che non ne avete mai sentito parlare?”. “Voi la chiamate torre – ribatte serafico monsieur Lebozeck; – io ho sempre saputo che una torre è rotonda, non fatta come una scala piena zeppa di sbarre. Ma non importa; vorremmo salire sulla torre, visto che è una torre, ma per arrivare su in alto, dove dobbiamo andare?”.
Insomma, il simbolo assoluto del progresso delle arti e della tecnica a cui tutto il mondo pareva inchinarsi reverenziale, viene distrutto in poche battute dalla logica – questa sì davvero inossidabile – di due contadini bretoni e della loro serva. Diavolo d’un Rousseau, maestro di ironia e di umorismo. “Non c’è nessuno che non rida fino alle lacrime” aveva scritto all’epoca Beaumont su La Vie Moderne.Peccato, però, che si riferisse ai quadri del Doganiere, e non ai suoi copioni.
UN BELLISSIMO, POETICO VIDEO CHE CI NARRA LA VITA STRALUNATA DEL DOGANIERE E CI MOSTRA CENTINAIA DI QUADRI
LE VACANZE INTELLIGENTI DI ALBERTO SORDI. IL BRANO ALLA BIENNALE DI VENEZIA. IL VIDEO. CLICCARE QUI SOTTO IL NOSTRO LINK INTERNO
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Il Doganiere Rousseau, come scrittore, anticipò la comica di Alberto Sordi e l'arte
Appassionato di teatro, il celeberrimo pittore-Doganiere scrisse l'esilarante vaudeville che sembra anticipare, nelle grottesche disavventure d’una famiglia di provincia in visita a musei e monumenti parigini, le vicende del film "Le vacanze intelligenti" di Alberto Sordi