di Luca Turelli
[“B]occaccio Boccaccino è fra’ Cremonesi ciò che sono il Grillandajo (Ghirlandaio), il Mantegna, il Vannucci, il Francia nelle Scuole loro; il miglior moderno fra gli antichi, e il miglior antico fra’ moderni…”.
Così L. Lanzi nella sua Storia pittorica della Italia, 1795-96. In questa frase è racchiusa l’essenza di un artista, Boccaccio Boccaccino (1466-1525 circa) appunto, caratterizzato da una elevata capacità tecnico-introspettiva. Annoverato tra i protagonisti del Rinascimento nell’Italia settentrionale, considerato uno degli esponenti di maggior spicco del classicismo padano, viaggia nei centri più importanti dell’area, raggiungendo, tra gli altri, Genova, Milano, Cremona, Ferrara e Venezia, tutti luoghi nei quali viene a contatto con linguaggi diversi che concorrono alla formazione di una maniera pittorica peculiare, caratterizzata dalla morbida resa delle fisionomie e dalla particolarissima modalità di realizzazione degli occhi dei personaggi, diafani e luminosi come pietre preziose, che rendono i suoi dipinti immediatamente individuabili.
Non si conoscono, purtroppo, i suoi primi dipinti, andati perduti. Quelli ideati ad inizio Cinquecento, invece, ci offrono il ritratto di un autore che inseguiva il modello della grazia. Da una parte un’inclinazione alla mitezza che però nasconde, o così almeno ci raccontano le cronache di quegli anni, un tratto inaspettato, che fa sorgere sulla sua persona sospetti e ombre. Attento ai particolari e delicato, è capace di infondere una profonda dolcezza nelle espressioni e negli atteggiamenti dei soggetti, aspetti che ben presto diverranno il marchio di fabbrica dell’artista.
Questa peculiarità è particolarmente visibile nei volti rilassati e luminosi delle numerose Madonne col Bambino: in quella di New York, che per certi versi ricorda quelle di Padova (dove sono riscontrabili anche influssi giorgioneschi derivati dal soggiorno veneziano) e di Boston, per esempio, dove all’utilizzo di una luce morbida e magica, tesa a sottolineare la gradevolezza dei lineamenti dei corpi, si aggiungono l’espressione del volto dell’Infante, di rara espressività, e la presenza di un piccolo passero che lo stesso stringe fra le mani, quasi ad indicare la delicatezza, oltre che spirituale, anche fisica della struttura. E’ possibile notare nella tela di soggetto analogo, oggi a San Pietroburgo, il punto d’arrivo di un percorso finalizzato a rappresentare la finezza e gradevolezza dei tratti, che vede qui la sua massima espressione, sotto l’aspetto sia cromatico che compositivo. Serenità, compostezza e assoluta speranza sono manifestati dal Cristo benedicente di Monaco e dal San Giovanni di Firenze, grazie ai colori caldi di cui sono pervasi e all’espressività che il pittore ha saputo infondere alle figure.
Il capolavoro indiscusso di Boccaccino è La Zingarella, un’opera in cui malinconia e riflessione si mescolano a fragilità e morbidezza, caratterizzando uno dei quadri più vivi e intensi dell’autore.
E’ fonte di stupore apprendere che un artista capace di rappresentare l’animo umano nelle infinite sfumature della grazia, e che ci immagineremmo perciò persona mite e delicata, l’8 febbraio del 1500, a Ferrara, dopo aver scoperto il tradimento della moglie, in uno scatto d’ira la uccise. Si risposerà in seguito, lasciando ogni suo avere ai quattro figli, due dei quali, Camillo e Fabrizio, avuti dalla prima compagna.
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