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All’odierna ostentazione dell’opera d’arte nelle case si contrappone un’usanza del passato: la copertura dei quadri più preziosi per mezzo di tavole o tele meno pregiate. Come avveniva l’intervento? I coperti erano incardinati al quadro sottostante e potevano essere spostati, come la copertina di un libro. Non ci appare completamente chiaro questo gusto della sovrapposizione, anche perchè forse abbiamo perso il senso sacrale che poteva avere, nel passato, un’operazione di apertura e chiusura di un’icona, come avveniva nei polittici devozionali, che potevano essere chiusi e aperti come libri Possiamo sforzarci di comprendere la funzione del coperto alla luce di questa tradizione, come a quella del disvelamento. La preziosità di un oggetto non stava tanto nell’esposizione continuata, quanto in una sorta di esposizione rituale, come avveniva nel corso del prelievo della pisside dal tabernacolo delle chiese.
E’ ripercorrendo i gesti di una società profondamente permeata dalla ritualità religiosa – che oggi abbiamo perduto come dimensione preponderante – che possiamo intuire l’aprire e il chiudere di un contenuto pittorico ritenuto prezioso.
Il coperto aveva pertanto la funzione di copertina, in alcuni casi dotata di un valore simbolico in quanto anticipava o si metteva in correlazione semantica con il dipinto sottostante. Secondo Bernard Aikema la pratica era molto diffusa. Perfino un’opera fondamentale come La Vecchia di Giorgione sarebbe stata usata per un periodo, e ciò emerge da fonti archivistiche, quale copertura di un dipinto inventariato come “Homo con una veste de pelle negra” di autore ignoto; già nel 1567, tuttavia, il dipinto possedeva la cornice autonoma e aveva perso la funzione originaria.
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