CREATIVITA’ E DIRITTO
«La creatività non è altro che un’intelligenza che si diverte.»
Albert Einstein
di Mauro Nutricati
Nei “Principi di psicologia” William James (Foto 1) definì la creatività come “una transizione da un’idea a un’altra, una inedita combinazione di elementi, una acuta capacità associativa e analogica”, fornendo l’abbrivio per l’individuazione degli elementi caratterizzanti quella capacità che è unanimemente considerata una peculiarità dell’essere umano.
Un processo mentale, quindi, che, fuoriuscendo dalla normale routine, produce un quid pluris, un nuovo ed inedito punto di vista. La definizione cognitivista testé accennata è foriera di importanti ripercussioni sul piano giuridico.
Difatti la legge cardine sul diritto d’autore, la n. 633 del 22.04.1941, all’articolo 1 recita: “sono protette ai sensi di questa legge le opere dell’ingegno di carattere creativo (foto 2, Simbolo della creatività sx, Joan Mirò, Rappresentazione della creatività. Il Carnevale di Arlecchino, 1924/25, dx) che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia, qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”.
La norma in parola, dunque, frappone un discrimen, facendolo riposare sulla caratteristica essenziale della creatività, tra l’opera oggetto di tutela e quella che, invece, rimane fuori dall’alveo normativo della legge citata.
Tuttavia, tale requisito non va solo riferito alla materia trattata o alle idee esposte ma anche alle forma esteriore che queste assumono. Viene in rilievo, quindi, una sorta di principio materialistico caratterizzante l’opera dell’ingegno, quale ulteriore requisito di accesso alla tutela garantita dalla L.d.A. (Legge del diritto d’autore)-
In questo solco si inserisce l’art. 9 n. 2 dell’Accordo TRIPs il quale dispone che: “la protezione del diritto d’autore copre le espressioni e non le idee, i procedimenti, i metodi di funzionamento, o i concetti matematici in quanto tali”. Il medesimo criterio si ravvisa, inoltre, in quelle direttive di matrice europea riferentesi ai programmi per elaboratore (n. 91/250/CEE, art. 1 n.2) e alle banche dati (n. 96/9/CEE, art. 3 nn 2 e 5), nonché in quelle disposizioni della L.d.A. (art. 2 nn. 8 e 9) nelle quali è confluita la normazione europea citata.
Occorre individuare, a questo punto, i connotati che la forma e il contenuto devono possedere affinché si possano definire i limiti della tutela dell’opera dell’ingegno. In dottrina la citata distinzione si fa risalire al Giurista tedesco Kohler (foto 3), che per primo ha elaborato teoricamente la suddivisione tra forma esterna, forma interna e contenuto.
A cagione di tale differenziazione la forma esterna si ricollega all’aspetto con il quale l’opera di presenta nella sua versione originaria: a titolo meramente esemplificativo si possono citare l’insieme delle parole e delle frasi nell’opera letteraria, la melodia, l’armonia e il ritmo nelle composizioni musicali, la composizione di linee e volumi nelle opere figurative. Alla forma interna, invece, apparterrebbero l’organizzazione del discorso, la sequenza e la scelta degli argomenti, nelle linee e nelle proporzioni dell’opera date.
Infine il contenuto, composto da quell’insieme di argomenti, fatti, teorie e argomentazioni al netto di ogni valutazione sulle modalità organizzative e/o espositive degli stessi.
Vi è da dire, per vero, che la suddetta suddivisione è stata da più parti criticata per via delle difficoltà pratiche riscontrate nel definirne compiutamente i contorni, soprattutto in ragione della molteplicità e delle conseguenti sfumature con le quali si presentano le opere dell’ingegno.
Nondimeno anche la Giurisprudenza Italiana si è ancorata, per certi versi, alla distinzione appena descritta avendo statuito come: “ il diritto di autore non tuteli solo la «forma esterna», ma anche la «forma interna» cioè la struttura e la concessione dell’opera. Nell’esame degli elementi che la caratterizzano non può prescindersi dall’individuazione di quel nucleo fondamentale che ne costituisce l’originalità creativa, non liberamente appropriabile da terzi, distinguendolo da temi e dettagli che appartengono già al patrimonio letterario o artistico generale”.
In una pronuncia piuttosto risalente, anche il Supremo Consesso (Foto 4, Suprema Corte di Cassazione) si è espresso sul punto affermando che: “ l’originalità creativa, quale condizione essenziale per la tutelabilità di un’opera d’ingegno, seppure può essere anche di sostanza, deve riguardare soprattutto la forma espressiva dell’opera, in quanto, a differenza della normativa sulla privativa industriale, che prevede la protezione dell’elemento inventivo, la l. 633/1941, tutela l’espressione formale, ossia, l’esteriorizzazione e le peculiari caratteristiche di realizzazione della rappresentazione intellettuale interna: ciò che determina l’originalità dell’opera, ai fini della sua protezione, in base alla legge sul diritto d’autore, non è tanto il tema cui l’opera si ispira, o il soggetto riprodotto, quanto piuttosto le modalità di trattazione del tema, o di realizzazione del soggetto, se compiuto con un’impronta esclusivamente personale. E’ d’altra parte evidente che nel campo delle opere d’arte figurativa, la creatività dell’opera vada riferita, non all’oggetto rappresentato, bensì all’impronta personale ed all’impegno estetico, insiti nella sua riproduzione, non potendosi dubitare che la rappresentazione di un soggetto comune e noto, ancorché abbia ispirato altri esecutori, possa assurgere alla dignità di opera d’arte, o comunque qualificarsi come originale, se compiuta con un’interpretazione personale, presentando un risultato finale che sia frutto singolare dell’impegno del suo autore”
Un vincolo di forma (interna ed esterna), dunque, quale espressione della personalità dell’individuo e necessario per accedere alla tutela, a fronte di una libera utilizzabilità del contenuto.
Anche il dictum del Tribunale di Torino si arresta sui medesimi principi: “Un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore: di conseguenza, la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee ricomprese nel patrimonio intellettuale di una pluralità di soggetti. Il concetto giuridico di creatività, quindi, deve essere riferito non al contenuto esposto, ma alla forma interna ed esterna della esposizione e, di conseguenza, anche ciò che è già di dominio pubblico può costituire oggetto di un’opera tutelabile con il diritto d’autore quando essa sia espressa in una forma che rechi, in qualsiasi modo, l’impronta di elaborazione personale dell’autore”.
E ancora il Tribunale di Milano: “La giurisprudenza si è concordemente espressa nel senso che, in tema di diritto d’autore, il concetto giuridico di creatività, cui fa riferimento l’art. 1 della legge n. 633 del 1941, non coincide con quello di creazione, originalità e novità assoluta, riferendosi, per converso, alla personale e individuale espressione di un’oggettività appartenente alle categorie elencate, in via esemplificativa, nell’art. 1 della legge citata, di modo che un’opera dell’ingegno riceve protezione a condizione che sia riscontrabile in essa un atto creativo, seppur minimo, suscettibile di manifestazione nel mondo esteriore, con la conseguenza che la creatività non può essere esclusa soltanto perché l’opera consiste in idee e nozioni semplici, ricomprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia; inoltre, la creatività non è costituita dall’idea in sé, ma dalla forma della sua espressione, ovvero dalla sua soggettività, di modo che la stessa idea può essere alla base di diverse opere che sono o possono essere diverse per la creatività soggettiva che ciascuno degli autori spende e che, in quanto tale, rileva ai fini della protezione” (Cass. Sent. n. 25173 del 28 novembre 2011; n. 5089 del 12 marzo 2004).
Un ulteriore passo in avanti – in tema di tutela, in seno al diritto d’autore, della creatività, della forma e della personalità dell’autore – si è avuto con la recente sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Foto 5, Corte di Giustizia dell’Unione Europea), la quale chiamata a pronunciarsi nella causa C-883/18 tra Brompton Bicycle LTD e Chedech/Get2Get ha affermato che: “Gli articoli da 2 a 5 della direttiva 2001/29 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 maggio 2001, sull’armonizzazione di taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione, devono essere interpretati nel senso che la protezione a titolo del diritto d’autore da essi prevista si applica a un prodotto la cui forma è, quantomeno in parte, necessaria per ottenere un risultato tecnico, qualora tale prodotto costituisca un’opera originale risultante da una creazione intellettuale in quanto, mediante tale forma, il suo autore esprime la propria capacità creativa in maniera originale effettuando scelte libere e creative, di modo che detta forma riflette la sua personalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti della controversia principale”.
Quest’ultima pronuncia sembra indicare la strada, in Italia, a nuovi orizzonti interpretativi della L.d.A. o, de iure condendo, ad un nuovo intervento legislativo, finalizzati ad offrire una più ampia protezione alle opere di Industrial Design, la cui tutela è ancorata alla presenza, nell’attuale panorama normativo e giurisprudenziale, oltre che del citato carattere creativo anche dell’ulteriore requisito del valore artistico.