Con me non sarai solo. Una splendida testa di cane in terracotta emerge con i tre mausolei trovati ora a Roma

Gli edifici sepolcrali - scavati durante un intervento di archeologia preventiva, in vista della sostituzione della rete idrica - erano appartenenti a uno stesso complesso funerario, che sorgeva lungo la Via latina antica, databile fra il I secolo avanti e il I secolo dopo Cristo

In via Luigi Tosti, nel quartiere Appio latino, a Roma, le indagini di archeologia preventiva avvenute sotto la guida della Soprintendenza Speciale di Roma in un cantiere di Acea Ato2 spa e della Società Sita srl per la sostituzione della rete idrica, hanno portato alla luce tre edifici sepolcrali appartenenti a uno stesso complesso funerario, che sorgeva lungo la Via latina antica, databile fra il I secolo avanti e il I secolo dopo Cristo. I romani costruivano, infatti, i sepolcri lungo le vie esterne alla città, ai paesi o alle ville isolate. E gli edifici funerari accompagnavano, in un invito alla meditazione, al ricordo o alla celebrazione di una famiglia, i passanti. Così è per i mausolei della Via Latina antica.

«Una scoperta che getta nuova luce su un contesto importantissimo – secondo Daniela Porro, Soprintendente Speciale di Roma -, quella via Latina che da Porta Capena arrivava fino a Capua è il cui tracciato è oggi ancora visibile nei Parchi degli Acquedotti e delle Tombe di via Latina. Ancora una volta Roma mostra importanti tracce del passato in tutto il suo tessuto urbano».
Parzialmente compromesse da precedenti realizzazioni di sottoservizi, le tre strutture rinvenute mostrano un possente basamento in opera cementizia e si caratterizzano per le pareti che in una sono in blocchi di tufo giallo, nella seconda in opera reticolata, mentre della terza resta un basamento. Uno degli edifici presenta marcati segni di combustione, riconducibili verosimilmente all’incendio che ne ha determinato l’abbandono.
I ritrovamenti avvenuti a una profondità di circa mezzo metro rispetto all’attuale piano stradale, hanno portato alla luce una olla cineraria in ceramica comune (ancora perfettamente integra e contenente anche i resti ossei) e una sepoltura a inumazione in nuda terra di un giovane. Il complesso appare costruito sfruttando il fronte di una cava di pozzolana abbandonata, come indicherebbero le caratteristiche irregolarità dei tagli sul banco di tufo su cui sorge. Dagli strati della cava precedenti le strutture funerarie provengono copiose quantità di intonaci colorati e un’interessante testa canina in terracotta. Un tipo di manufatto la cui funzione originale era dì gocciolatoio collocato sugli spioventi dei tetti: l’esemplare rinvenuto invece, privo del foro di scolo aveva perso il suo scopo pratico, ed era puramente decorativo.”

Gocciolatoio a forma di cane in terracotta da Aquileia del I secolo a.C.: Sala romana del Museo d’Antichità Winckelmann di Trieste
Il cane di terracotta trovato in queste ore a Roma, nella foto di Fabio Caricchia /Soprintendenza speciale di Roma

La testa di cane non richiama alcun cerbero infernale, ma è un solare e gioviale animale da compagnia. L’immagine di un animale amico, forse con funzioni offertoriali. Non sfugge infatti la presenza, sotto il collare, di un elemento figurativo che rinvia a un piatto o una patera. La patera (in greco phiale) è una coppa simile a un piccolo e basso bacile che veniva utilizzata per offrire bevande durante i sacrifici rituali o che conteneva vino o latte, da cospargere sulla testa delle vittime o sull’ara prima del sacrificio.

La presenza del cane, al di là di possibili intrecci cultuali legati ai miti o alle costellazioni, è testimonianza del rapporto empatico, affettuoso e di mutuo soccorso tra l’uomo e il suo piccolo amico. Un legame che si rivela eterno.

“Dallo studio dei materiali, dall’analisi dei dati raccolti sul campo, dalla comparazione con altri rinvenimenti vicini potranno uscire ulteriori informazioni su queste scoperte avvenute lungo l’antica via Latina, una zona dove sono emersi numerosi edifici funerari. – dicono gli archeologi – A poche decine di metri nel 1956 è stato infatti scoperto lo straordinario ipogeo di via Dino Compagni, che si caratterizza per la varietà architettonica degli ambienti e per la straordinaria decorazione costituita da oltre 100 affreschi, con cicli pittorici pagani alternati a dipinti cristiani”. Gli scavi, diretti dall’archeologa Angelina De Laurenzi della Soprintendenza Speciale di Roma, sono stati eseguiti da Archeo di Fabio Turchetta.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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