Dal pane di Pompei del 79 d.C. ai contenuti dei depositi archeologici. Viaggio con le fotografie di Luigi Spina al Mann

Celle chiuse da grate che custodiscono memoria dei documenti di cultura materiale provenienti da Pompei ed Ercolano. Oggetti in bronzo, vetro, ceramica e terracotta riempiono tali stanze richiamando alla mente la catastrofica eruzione che spezzò improvvisamente la quotidianità di quei luoghi

Nuove date per la mostra “Sing Sing. Il corpo di Pompei” di Luigi Spina Rinviato per l’emergenza Covid, l’allestimento è in programma al MANN dal 21 gennaio al 30 giugno 2022 Cinquanta scatti in bianco e nero per raccontare i celebri depositi del Museo “Nei reperti si conserva intatto il desiderio di vita”, commenta il fotografo L’esposizione prelude ad una nuova politica di accessibilità pubblica dei depositi museali 21 ottobre. Dai reperti alla vita, duemila anni fa come oggi. La mostra “Sing Sing. Il corpo di Pompei”, che il fotografo Luigi Spina dedica agli ormai mitici depositi nei sottotetti del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, è nata dalle suggestioni.

E, per chi lavora con l’obiettivo, le suggestioni provengono naturalmente dall’osservazione: “Guardando il pane carbonizzato, intatto, ho immaginato il panettiere che lo fece quella notte: non ebbe più un giorno. Penso a quel pane che conserva intatto il desiderio della vita. Mi aggrappo al corpo di Pompei come se fosse il mio”, racconta Spina.


La mostra, rinviata a causa dell’emergenza Coronavirus, ha adesso nuove date: si potrà visitare l’allestimento, nelle sale della Villa dei Papiri del MANN, fino al 30 giugno 2022.
Cinquanta fotografie in bianco e nero tracciano un itinerario di ricerca tra le celle dei depositi Sing Sing, alla scoperta della vita quotidiana che animava le città vesuviane: candelabri, vasellame, lucerne, piccole sculture in bronzo, monili sembrano quasi identità molteplici in cerca d’autore. L’autore, Luigi Spina, torna così al Museo dopo il viaggio fotografico di “Diario mitico”: dalla colossale bellezza dei capolavori della Collezione Farnese all’aura di segreto dei depositi, il cambio di prospettiva appare copernicano. Eppure il miglior fotografo italiano del 2020 secondo Artribune non smette di stupirci, raccogliendo emozioni che accompagnano il percorso di studio e di successiva valorizzazione dei depositi a cura della direzione e dello staff scientifico del MANN. L’esposizione, infatti, prelude ad una nuova politica di accessibilità pubblica dei depositi museali.

Questa storia inizia dove il pubblico che affolla le sale delle collezioni del Museo Archeologico Nazionale di Napoli non può accedere. Questo racconto fotografico svela l’inaspettato che si rivela sotto i tetti dell’istituzione museale napoletana. Una porta in ferro, arrugginita e ricoperta da diversi strati di colore, funge da Colonne d’Ercole nel lavoro di Luigi Spina. Una volta aperta ci si affaccia su un corridoio lungo e stretto: gli occhi devono adattarsi alla luce. Ci troviamo in quello che da sempre viene chiamato Sing Sing: celle chiuse da grate che custodiscono memoria dei documenti di cultura materiale provenienti da Pompei ed Ercolano. Oggetti in bronzo, vetro, ceramica e terracotta riempiono tali stanze richiamando alla mente la catastrofica eruzione del 79 d.C. che spezzò improvvisamente la quotidianità di quei luoghi. Sulle mensole si affastellano candelabri, decorazioni e maniglie, statue, vasellame, lucerne… fino a giungere a del pane carbonizzato. Il tutto diventa testimonianza ancora viva e carica di significato di quell’olocausto naturale, dove l’intervento del Dio Vulcano comportò una tragedia senza precedenti. Le fotografie di Luigi Spina ci conducono a scoprire le celle, il loro contenuto, i capolavori celati agli occhi del grande pubblico. Un tavolo coperto da un lenzuolo bianco accoglie, in sequenza, oggetti provenienti dalle case di donne e uomini che l’antichità non hanno potuto viverla appieno.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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