Il palazzo dei Galli venne distrutto dall’esercito romano di Giulio Cesare, durante le conquiste narrate da Cesare stesso nel De Bello Gallico? Quel che è certo è il fatto che restano tracce di fuoco, le statue degli antenati-Dei con torque di una famiglia aristocratica celtica gettati, dopo l’incendio e alcune mutilazioni, nel fondo di un pozzo, con vecchie suppellettili.
La distruzione risale, secondo i dati raccolti dagli archeologi e le verifiche di laboratorio, all’epoca della conquista romana. Metà del primo secolo a.C. Gli anni coincidono con quelli della cesariana guerra gallica. Tra il 58 e il 52 a.C. il futuro dittatore guidò a Nord le legioni romane che sconfissero le tribù galliche.
L’azione violenta che avvenne nel palazzo aristocratico dei Galli, i cui resti sono stati recentemente scavati a La Morandais, a Trémuson – un comune francese di 1.919 abitanti situato nel dipartimento delle Côtes-d’Armor nella regione della Bretagna -. è temporalmente riconducibile proprio anche a quegli anni. Tanti dati convergono.
Gli abitanti dell’Armorica (oggi Bretagna) controllavano i commerci marittimi con l’isola e avevano chiamato in aiuto i loro alleati britannici durante la guerra del 56 a.C. contro Cesare. Siamo in quella zona e in quegli anni.
“Il rifiuto organizzato di questi oggetti, alcuni dei quali sono forti simboli dell’aristocrazia, segna molto probabilmente il degrado sociale della famiglia che viveva in questi luoghi. – dicono gli archeologi dell’Inrap che hanno condotto gli scavi.
“Sospettiamo un legame tra questo evento e la conquista romana, anche se è impossibile confermarlo. – afferma Stéphane Bourne, responsabile della ricerca archeologica. Il sito non fu però abbandonato e continuò ad essere occupato per quasi un secolo. Il cuore del sito si sposta poi più a Est, al di fuori dell’area di scavo”.
Una sostituzione evidente. Una linea spezzata. Il rifiuto della cultura precedente, di quattro busti scolpiti, dei quali uno sepolto e altri tre gettati nel fondo di un pozzo, accanto a un un secchio di legno decorato dell’età del ferro e ad altro materiale ligneo – con tracce di fuoco – del palazzo, edificio cospicuo che si sviluppava attorno a un cortile residenziale, che era delimitato da ampi e profondi fossati e al quale si accedeva da un ingresso sormontato da un monumentale portico. Attorno al palazzo, altri edifici, vasti e organizzati, oltre a quel pozzo, profondo sei metri, in cui finirono le sculture degli Dei antenati.
“L’aspetto monumentale degli sviluppi, così come la qualità dei mobili che vi sono stati scoperti – prosegue l’archeologo Stéphane Bourne – porta quindi designare il sito di Morandais come habitat dell’élite aristocratica gallica. I livelli in cui è stato abbandonato il pozzo hanno prodotto assi, assi, assi e traverse, alcune delle quali hanno subito l’azione del fuoco. Questi elementi architettonici bruciati ricoprivano il piano operativo del pozzo, che produceva, sulla sua superficie, un deposito di oggetti costituito da pezzi notevoli: tre busti su una base, mobili in legno tornito, un maglio, un ferro, diverse doghe e un fondo traforato appartenente a un contenitore in legno di quercia, oltre a un treppiede da banchetto in legno di tasso cerchiato in bronzo e decorato. Il significato di questo deposito rimane enigmatico. Forse questi oggetti non avevano più alcuna importanza simbolica per gli abitanti?”
Nei pressi del pozzo, in un edificio di fronte all’ingresso monumentale, è stata scoperta la statua di una figura barbuta scolpita con un torque. Il torque o la torque era un collare o un girocollo, realizzato con una disposizione a tortiglione da cui deriva il nome. Veniva usato dai Celti, Sciti e altri popoli antichi.
“Il busto di quest’uomo, che fu depositato faccia a terra in fondo ad una piccola fossa – prosegue l’archeologo – costituisce ancora oggi un contesto unico. Questo busto, come gli altri tre rinvenuti nel pozzo, porta tracce dell’azione del fuoco e mutilazioni. Queste somiglianze potrebbero indicare che le quattro sculture facevano parte di un set, esposto nello stesso luogo, che sarebbe stato profanato e poi distrutto da un incendio”.