Le stilettate di Zana. Con Armando Spadini. Il respiro perduto della punteggiatura

Armando Spadini, Bambini che studiano, 1918, Roma, Palazzo Koch
STILETTATE
diTonino Zana
Provengo da una scuola esigente. Alle Elementari, i segni di interpunzione, punto, virgola, due punti eccetera furono spiegati, musicati, provati per anni e ogni giorno di quegli anni.
Oggi assisto a una cacciata della punteggiatura.
Mi sono accorto, pienamente, ai piedi del punto di domanda. Nei messaggi, uno domanda e non mette il punto di domanda. La prima volta lasci passare, la seconda meno, infine interroghi la coscienza grammaticale. Come, possiamo conversare, comunicare con l’eliminazione della punteggiatura? E ci metto il punto di domanda, altrimenti sarebbe affermativo, sì possiamo farne a meno.
Invece no, magari, una leggera sfoltita alla chioma, all’eccesso, ma una violazione in massa e di massa della punteggiatura è una sberla alla lingua italiana, una ferita dell’identità. La comunicazione diventa altra e con essa i ragionamenti, piano piano muta la cultura del pensarsi. Guai ad abbondonare la punteggiatura.
L’origine di una certa disinvoltura sull’uso della punteggiatura viene da lontano. Si cominciò, noi giornalisti, con quella furbata di una parola secca, verbo o aggettivo e poi il punto. Così, al volo e si pensò a un passo di modernità. Esempio di un inizio tematico. “Freddo”.
Poi avanti con la cronaca. Freddo di ché, cavolo, avanza e aggiungi, “Freddo cane virgola l’altra sera virgola alla cascina virgola a due passi dai corpi freddati da cinque colpi di pistola punto e virgola, là, stecchiti virgola ancora in mezzo all’aia”. Per esempio.
Non parliamo delle virgole, ormai facoltative, ai due punti usati come ghiaccio le gin tonic e al punto esclamativo, quasi un reato. Sul punto di domanda l’ultima resistenza.
Vedete voi. A me pare una stilettata profonda alla nostra identità linguistica ed espressiva.

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Maurizio Bernardelli Curuz
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