di Maurizio Bernardelli Curuz
Nella terra svedese, verso paesaggi che stanno tra Munch e Friedrich – dai quali la scrittrice Rosella Brunati, fa emergere un brivido viola, un senso di freddo e di pietra ghiacciata, trasportato dal vento dell’estremo nord – un ragazzo di origine italiana contempla la figura di quercia del nonno, in un castello-palazzo, con una ricca biblioteca d’arte. Il nonno è come il viandante del grande pittore tedesco. Fermo rocciosamente di fronte alla natura inquieta e interrogativa; e, per questo ,protettivo, nei confronti del nipote al quale la fortuna non ha arriso, lasciandolo, di fatto orfano. La madre è morta in Italia e il padre è avvolto dal misterioso silenzio. E’ in un luogo che non c’è, che non è delineabile.
Il nobile rampollo cresce con la passione per l’archeologia, per gli studi pittorici e per una dimensione immateriale che è l’unica in grado di dar luce e senso al transito terreno. Scavare significa capire,ricomporre un senso, attraverso la giustapposizione dei reperti. Tutto lo porta allo scavo, dentro e fuori di sé, prima attratto dal ritrovamento di qualche coccio, poi dai libri del nonno. Uno scavo incessante che lo porterà quindi in Italia, terra d’origine, lungo un percorso che coincide con il Grand Tour, poi a Napoli, da un notaio, fraterno amico del padre. Il notaio, commosso, comunica al ragazzo che il padre è morto da poco a causa di una seria malattia infettiva e che era stato lontano da tutti, in terre straniere per assecondare le inclinazioni assolutamente generose del proprio cuore di medico, fedele al giuramento di Ippocrate.
Al giovane venuto dalla Svezia viene così consegnato il testamento, in forma di lettera affettuosa, con il quale riceve in proprietà il castello in cui il genitore ha finito i propri giorni terreni. E’ attorno a questo nucleo intenso e avventuroso, ottimamente scavato psicologicamente e fornito di stupefacenti descrizioni degli ambienti, in grado di rilevarne una sorta di essenza pittorica dilatata, sensoriale e spirituale ad un tempo, che il meccanismo narrativo giunge alla svolta che porterà allo sviluppo incalzante del mistero dell’amore ricomposto, che non conosce passato, presente o futuro, ma che vive in una dimensione eterna.
C’è un punto a cui tendere per risolvere il tormento? C’è un luogo in cui la materia e l’anima s’erano congiunti e che ancora posso compiere il prodigio? Rosella Brunati indica il nucleo magnetico da cui siamo partiti, la terra in cui sono sepolti i nostri cari e sono rimaste aperte le nostre contraddizioni. Le stanze abitate dalle brezze tese dei spiriti degli antenati e dal mare antico, portano l’io a una dimensione di gioia integrale, senza più divisioni. E’ verso quell’approdo che le nostre odissee, pongono dritta la prua affinché nulla sia più avventura – con l’eliminazione delle lacerazioni e dei tormenti – ma stabile ritorno, per sempre. Quel “per sempre” con il quale suggelliamo ogni promessa. Che si incardina agli strati più profondi della terra e che interrompe l’incessante mutamento, la dolorosa metamorfosi. Che diviene un punto a cui ancorarsi per evitare d’essere dispersi, radi nuotatori in un vasto mare, dai moti della vita.
Il romanzo Brezza tesa di Rosella Brunati è ricco di sapienti ricostruzioni di tratti psicologici e di evocazioni d’ambienti. Mai nulla è descrittivo, nel senso ottocentesco del termine, ma potentemente evocativo. Così l’autrice, ponendo il contrasto efficace dall’iniziale luogo oscuro, romantico, della Svezia, con il meridione d’Italia, materializza profumi, odori di fiori e di sterpi bruciati, suoni di foglie sonore rinsecchite dalla calura, acque azzurre, cieli sempiterni, ambienti castellani in cui la tendenza barocca della natura, volta a dispiegare se stessa, al Sud, con tutti gli eccessi vitalistici possibili, si assopisce in stanze ombrose e fresche, protette dal guscio elegante della Storia. Vero balsamo per l’anima e per i sensi, il romanzo di Rosella Brunati apre alla dimensione dello spirituale, in un’atmosfera che diventa, a tratti, onirica, come se il sole e lo splendore degli esterni prolungasse in ectoplasmi la potenza di un’immagine così intensa, da imprimersi più lungamente sulla retina.
Nucleo misterico del romanzo Brezza tesa, è il corpo di un bimbo defunto che, tra le animule degli spazi catacombali napoletani, protegge il giovane nella sua nuova vita, al Sud. Un corpo che non può essere lasciato in una sepoltura comune, ma che deve essere trasportato nella cripta del castello, con ogni affettuoso onore.
Raffinata scrittrice e artista, Rosella Brunati conferma, in Brezza tesa, l’alta qualità del suo sentire e del suo saper rendere, in immagini e costrutti linguistici eccellenti, il proprio vedere non comune. Uno sguardo aristocratico e neoplatonico, il suo, tra materia e spirito, che rivela i poteri assolutamente sciamanici dell’autrice. Sicché vorremmo fermarci nel luogo che lei ci offre alla vista; e riposare lì, con assoluto incanto.
Rosella Brunati, il romanzo d'autore dominato da un intenso senso pittorico
Il romanzo Brezza tesa di Rosella Brunati è ricco di sapienti ricostruzioni di tratti psicologici e di evocazioni d’ambienti. Mai nulla è descrittivo, nel senso ottocentesco del termine, ma potentemente evocativo. Così l’autrice, ponendo il contrasto efficace dall’iniziale luogo oscuro, romantico, della Svezia, con il meridione d’Italia, materializza profumi, odori di fiori e di sterpi bruciati, suoni di foglie sonore rinsecchite dalla calura, acque azzurre, cieli sempiterni, ambienti castellani in cui la tendenza barocca della natura, volta a dispiegare se stessa, al Sud, con tutti gli eccessi vitalistici possibili, si assopisce in stanze ombrose e fresche, protette dal guscio elegante della Storia.