Straordinari i primi risultati dei saggi di scavo condotti nel grande prato marchigiano di Falerio Piceno nel quale, un professore dell’Università di Bologna, aveva individuato la presenza di articolate strutture utilizzando il semplice programma di Google Earth, a disposizione di tutti sul web.
Gli scavi di saggio condotti, per conto della Soprintendenza, dallo stesso professor Storchi hanno permesso, in questi giorni, di portare alla luce una porzione di tempio romano con abside e pavimentazione in marmi pregiati, una strada romana del primo secolo – che era il decumano, la via principale della città che la percorreva da est a ovest – e domus. E siamo solo agli inizi.
Tra le primissime immagini delle evidenze di scavo, quelle scattate da Marco Ramadori dell’associazione Viarum, benemerito sodalizio che promuove la conoscenza storica legata al cammino su antichi sentieri.
Come dicevamo, basta un computer e un po’ di occhio allenato per vedere ciò che è nascosto dal terreno. Lo studioso dell’Università di Bologna, Paolo Storchi, mesi fa aveva individuato, attraverso le immagini satellitari messe a disposizione di tutti i navigatori di internet sul sito Google earth, un quartiere romano, in un campo coltivato, nel territorio comunale di Falerone, in provincia di Fermo, nelle Marche. Siamo nella zona di una cittadina romana, chiamata Falerio Picenus.
Il sito archeologico della città antica di Falerio Picenus è nella frazione Piane di Falerone, sulla sinistra del fiume Tenna; si trova a circa 2 km dall’odierno centro di Falerone in provincia di Fermo.
Il parco archeologico è formato principalmente dall’area urbana dell’antica città di Falerio Picenus, integrata dalle attigue aree cimiteriali e dalle ville suburbane. L’intera area, per una estensione di circa 30 ettari, può sommariamente essere divisa in due parti: la prima, centrale, per buona parte intaccata dalla edificazione avvenuta dagli anni settanta in poi; la seconda, verso est e verso settentrione, sostanzialmente non urbanizzata, quasi totalmente coltivata, e dunque idonea ad interventi di ricerca e valorizzazione. L’intera estensione, praticamente pianeggiante, si sviluppa lungo la Strada Statale 210, con la superficie principale del lato nord sullo stesso asse viario.
Il teatro si presenta ancora oggi come un monumentale edificio ( qui sopra, nella parta arte della foto, alla nostra sinistra) che, seppure saccheggiato nella sua decorazione, si staglia ancora isolato in mezzo alla campagna, all’ombra di un querceto, al termine di un breve vialetto.
È uno dei teatri romani meglio conservati delle Marche e viene tuttora utilizzato in estate per numerose rappresentazioni. Attualmente sono conservati e recentemente restaurati il primo e il secondo ordine delle gradinate (media e ima cavea), parte dell’edificio scenico, il prospetto del proscenio a nicchie circolari e rettangolari, alternate alla base del muro del frontescena.
Secondo i canoni allora correnti, la colonia era imperniata su due assi ortogonali: il cardo, in direzione nord-sud e coincidente con l’attuale via del Pozzo ed il decumanus che univa il Teatro all’Anfiteatro da est a ovest. Da queste due strade principali si ripartivano quelle secondarie che costituivano la struttura dell’insediamento urbano. La città doveva avere sicuramente una notevole consistenza, se si pensa che il suo perimetro si snodava per circa due miglia, senza considerare le aree esterne dedicate ai sepolcreti.