Cosa si nasconde – di intrigante – dietro la restituzione di un bel Van Gogh del periodo olandese, rubato da un museo dei Paesi Bassi nel 2020 e riconsegnato, in questi giorni, attraverso una sorta di triangolazione che è terminata nella casa di un detective che si occupa di opere d’arte? Ripercorriamo la vicenda per ottenere una risposta.
Il 30 marzo 2020, il mondo dell’arte venne scosso da un audace furto al museo Singer Laren nei Paesi Bassi. Il capolavoro rubato era “Il giardino del presbiterio di Nuenen in primavera” di Vincent van Gogh, datato 1884 e stimato tra i tre e i sei milioni di euro. Quest’opera rappresenta un significativo momento nella carriera dell’artista che stava affrontando il proprio percorso formativo, osservando soprattutto i maestri olandesi del passato e i pittori del realismo francese. Soggetto del dipinto è il giardino del presbiterio dove il padre di Vincent svolgeva il ministero di pastore protestante. I colori sono secenteschi e, in parte, influenzati dai maestri del realismo ottocentesco. La sua tavolozza non ha ancora incontrato le fonti chiare e gioiose della pittura impressionista francese. E’ dalla fusione di questi periodi e di queste pitture che vedremo il Van Gogh espressionista – quello che tutti conosciamo molto bene – luminoso come un fauve, violento fino all’abbacinamento.
Il furto dell’opera avvenne durante il blocco della pandemia di coronavirus, un periodo in cui il museo era chiuso al pubblico, rendendo il colpo ancora più misterioso e audace. Questo evento ha rapidamente attirato l’attenzione internazionale.
Un olandese è stato, per questo, arrestato e condannato a otto anni di carcere da un Tribunale del proprio paese per il furto de Il giardino del presbiterio di Nuenen in primavera e de I ragazzi che ridono, opera, quest’ultima, di Franz Hals (XVII secolo).
Il presunto colpevole era stato stato identificato e condannato, facendo ricorso all’esame del Dna, trovato sulla scena dei due furti. Il 59enne finito in manette, nega invece ogni addebito e aggiunge che lui non c’è mai stato, in quei due musei.
Considerata l’impossibilità di inserire queste opere nel mercato antiquario, si riteneva che i furti o i tentativi di furto che hanno per oggetto opere di Van Gogh fossero effettuati su commissione. Ma la restituzione dell’opera, probabilmente avvenuta grazie a una trattativa serrata con l’autore del furto e con membri del suo entourage, dimostrerebbe che i ladri si erano probabilmente illusi che un Van Gogh rubato possa avere un mercato. In realtà pare che gli stessi collezionisti che si rivolgevano a quello che un tempo era un fiorente mercato clandestino siano notevolmente diminuiti. Un Van Gogh rubato non può essere esposto o esibito. Costituisce una traccia esplosiva. Internet connette immagini e situazioni. Tutto diventa visibile, anche l’invisibile.
Gli autori del furto si sono così illusi che un Van Gogh rubato potesse avere un valore. In realtà il valore di un quadro rubato si annulla e assume un disvalore economico che è pari al suo valore preceduto da un algebrico “-“. Il Van Gogh rubato vale 6 milioni di euro? Nel caso di furto esso vale -6milioni di euro perchè tale sarà quantificabile il danno che esso produrrà a carico dei ladri stessi e dei possibili acquirenti. Quindi, grazie al lavoro svolto dal detective, che ben conosce questi meccanismi, l’opera è stata restituita perchè essa era divenuta pericolosa come esplosivo.
La svolta nella ricerca del quadro è avvenuta, appunto, grazie all’instancabile lavoro di Arthur Brand, un detective olandese soprannominato “l’Indiana Jones del mondo dell’arte”. Collaborando con la polizia olandese, Brand ha ricevuto il dipinto da un uomo, la cui identità rimase segreta per motivi di sicurezza. Il quadro è stato consegnato in una borsa blu dell’Ikea, accuratamente avvolto in pluriball e nascosto in una federa.
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