Appena trovata a Bibione. Cosa offre il sottosuolo. Gli strati romani e la villa tra le dune che produsse ricchezza con il pesce

La villa prosperò verosimilmente grazie alle risorse del mare, in particolare con la pesca e l’allevamento di pesci, come sembra indicare peraltro il ritrovamento di pesi di terracotta per le reti. Le imponenti strutture murarie, realizzate in pietra del Carso e di Aurisina e il lussuoso arredo delle stanze, decorate da affreschi e mosaici, testimoniano allo stesso tempo le elevate possibilità economiche dei proprietari.

Una giovane archeologa ha trovato poco fa un sesterzio del II secolo nel sito della villa romana di Mutteron dei Frati (Valgrande, Bibione). I resti dell’edificio sono l’unica testimonianza ben conservata degli insediamenti che dovevano trovarsi lungo il litorale Alto-Adriatico in epoca romana.
Dopo la ripresa delle attività di ricerca, avvenuto grazie a un progetto finanziato dalla DFG – Deutsche Forschungsgemeinschaft, gli archeologi sono tornano in campo dalla fine di febbraio 2024.
La seconda campagna di scavo vede nuovamente impegnate le Università di Regensburg (Prof. Dirk Steuernagel, Dott. Alice Vacilotto) e Padova (Prof. Maria Stella Busana), con la supervisione della competente Soprintendenza (Dott. Alessandro Asta) e il sostegno di proprietà e affittuario della valle.
I dati acquisiti con le indagini preliminari sono molto interessanti. Si prospetta un mese di intense ricerche, in cui è prevista l’apertura di almeno tre nuove aree da sottoporre a scavo archeologico.
Tutti gli interessati potranno seguire lo svolgimento delle indagini e rimanere al corrente sulle scoperte seguendo i canali social di “Bibione Antica: Discovering the past” (Facebook, Instagram). Bella notizia, inoltre, per chi volesse visitare il sito a scavo in corso. Nel mese di marzo gli archeologi prevedono di effettuare almeno mezza giornata di apertura al pubblico. Date e modalità saranno comunicate nelle prossime settimane.

Lavori di scavo in corso a Bibione (Dirk Steuernagel)

La villa sorgeva sul fianco meridionale di un’antica duna di sabbia (il “Mutteron dei Frati“), probabilmente risalente all´epoca preistorica. Essa venne realizzata dunque in prossimità dell’antica costa dell’Adriatico, mentre l’odierna spiaggia di Bibione, formatasi nei secoli successivi, dista varie centinaia di metri.

La villa prosperò verosimilmente grazie alle risorse del mare, in particolare con la pesca e l’allevamento di pesci, come sembra indicare peraltro il ritrovamento di pesi di terracotta per le reti. Le imponenti strutture murarie, realizzate in pietra del Carso e di Aurisina e il lussuoso arredo delle stanze, decorate da affreschi e mosaici, testimoniano allo stesso tempo le elevate possibilità economiche dei proprietari.

La villa di Bibione offre quindi importanti informazioni riguardo all’insediamento di età romana nella regione nordadriatica.

Il sito era già noto da molto tempo. Le prime menzioni di scoperte archeologiche fortuite si hanno nel Settecento. In seguito, furono intrapresi scavi a più riprese, diretti dall’allora Soprintendenza Archeologica del Veneto, tuttavia senza mai riuscire a indagare sistematicamente l’intero complesso inserendolo nel suo ambiente naturale antico e nel quadro delle floride attività economiche e commerciali di allora. Proprio a tale scopo gli archeologi di Ratisbona e di Padova hanno ora elaborato un esteso programma di ricerca che coinvolge anche esperti di geologia, geografia e scienze naturali. Insieme alla Soprintendenza ABAP per l’Area metropolitana di Venezia, si è cominciato già nel 2018 a rilanciare le ricerche sulla villa marittima condividendo i dati archeologici disponibili, riprendendo le questioni aperte e sviluppando nuove prospettive anche per la possibile valorizzazione futura del sito nella cornice naturalistica di grande pregio della Valgrande. Nel corso di due anni, si sono svolte indagini preliminari di diverso tipo, tra l’altro prospezioni geofisiche e primi saggi di scavo, dirette dalla Soprintendenza.

Pesi di terracotta, per reti da pesca, fotografia Francesca Pandolfo
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Maurizio Bernardelli Curuz
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