Sembrano armi, ma non lo sono. Paiono utensili, ma non lo sono. La funzione di questi oggetti è testimoniata da due “bolli” che appaiono impressi su di essi. Chi li ha trovati e ha cercato di venderli, potrebbe essere stato davvero in buonafede. Ma in molti Stati – Italia per prima – se trovi un tesoro nel tuo giardino o nel muro di casa o nella cantina dei nonni – a meno che non esistano atti di acquisto dei beni, precedenti alle leggi sulle restrizioni o proibizioni del commercio di oggetti archeologici – sei obbligato a consegnarli.
Cosa sono?
Tre rari premi monetari imperiali d’argento risalenti all’epoca romana, a forma d’ascia bipenne, che recano impressi l’immagine dell’imperatore Costantino e il sigillo della zecca. I reperti sono stati recentemente affidati al Museo Nazionale di Storia dell’Ucraina, dopo essere stati bloccati mentre erano illegalmente in vendita su Internet. La scoperta rappresenta un evento straordinario: esistono solo circa 90 esempi conosciuti di lingotti d’argento romani, e solo 11 di essi portano impressi sigilli di zecca. Questi tre, i primi mai scoperti in Ucraina, sono anche gli unici ritrovati al di fuori dei confini dell’Impero Romano. Inoltre, si tratta dei soli lingotti che presentano marchi di zecca sia sul recto che sul verso. Fondamentalmente queste asce d’argento erano premi e, al tempo stesso, super-monete.
Un ritrovamento fortuito e il tentativo di vendita illegale
Il venditore dei “premi di Costantino” era un residente del distretto di Khust, nella Transcarpazia occidentale, in Ucraina, il quale sosteneva che i manufatti fossero stati trovati dalla sua bisnonna mentre faceva giardinaggio nel cortile di casa decenni prima. Tuttavia, non li aveva segnalati alle autorità come richiesto dalla legge ucraina in materia di beni archeologici e storici. Quest’uomo, aveva pubblicato uno dei lingotti online, attirando l’attenzione di attenti impiegati del Museo Nazionale di Storia dell’Ucraina. Questi hanno prontamente denunciato il fatto alla polizia, che, durante una perquisizione nella casa dell’uomo, ha trovato altri due lingotti d’argento. Il venditore è stato arrestato con l’accusa di appropriazione indebita di un tesoro di valore storico, scientifico, artistico o culturale speciale, e rischia una condanna che può variare da una multa, a lavori correttivi, fino a sei mesi di carcere.
I tre reperti: caratteristiche e contesto storico
Ognuno dei tre premi pesa 342 grammi. Sono di argento quasi puro. Portano impressi i sigilli di monete d’oro (solidus) coniate dall’imperatore Costantino nel 310 d.C. ad Augusta Treverorum (l’attuale Treviri, in Germania), capitale della parte nord-occidentale dell’Impero. I lingotti recano inoltre un marchio di officina che certifica la purezza dell’argento, indicando che furono realizzati su ordine dell’imperatore nella zecca di stato.
Questa particolare forma di lingotto, a scure a doppia lama, fu prodotta per un periodo relativamente breve, tra la fine del III e l’inizio del IV secolo d.C. I lingotti non erano destinati al commercio o a transazioni monetarie, bensì avevano un significato politico e simbolico. Erano donativa, ossia doni imperiali riservati a soldati e cortigiani di alto rango.
Un dono imperiale destinato a celebrare la vittoria
Nel caso specifico, Costantino coniò questi lingotti per celebrare la sua vittoria sui Franchi. Tuttavia, non ebbe l’opportunità di distribuirli subito, poiché prima di concludere la guerra contro i Franchi dovette affrontare la ribellione di Massimiano, ex imperatore e padre di Massenzio, suo rivale. Dopo aver sconfitto Massimiano, Costantino dovette confrontarsi con lo stesso Massenzio, una battaglia decisiva che culminò con la vittoria di Costantino nel 312 d.C. al Ponte Milvio, a Roma.
Con un’agenda così fitta di impegni militari e politici, è probabile che Costantino non abbia potuto distribuire i lingotti fino a quando la sua posizione non fu definitivamente assicurata. I tre lingotti, legati insieme da un filo d’argento, furono verosimilmente donati a figure di altissimo rango. Tuttavia, molto poco si sa riguardo la Transcarpazia del IV secolo, e non esistono individui noti che possano essere identificati come destinatari di tali preziosi donativa.
Il donativo nell’Impero Romano: una ricompensa eccezionale per l’esercito
Durante l’Impero Romano, il donativo (in latino donativa o liberalitates) rappresentava una ricompensa straordinaria concessa ai corpi dell’esercito, spesso equivalente a diversi anni di stipendio regolare, noto come stipendium. Queste elargizioni speciali avevano lo scopo di garantire la fedeltà delle truppe all’imperatore e venivano distribuite in occasione di eventi particolari. Sebbene tutte le truppe romane potessero teoricamente beneficiarne, il donativo era più comune tra i pretoriani, la guardia personale dell’imperatore, che godevano di un trattamento privilegiato rispetto agli altri reparti dell’esercito.
Il donativo ai pretoriani: un riconoscimento speciale
I pretoriani, soldati d’élite incaricati di proteggere la persona dell’imperatore e mantenere l’ordine a Roma, ricevevano donativi con maggiore frequenza rispetto alle legioni o alle truppe ausiliarie. Questi compensi straordinari venivano spesso concessi in occasioni particolari, come l’ascesa al trono di un nuovo imperatore, la nascita di un membro della famiglia imperiale o il matrimonio di un figlio dell’imperatore. Questi doni imperiali rappresentavano uno strumento politico fondamentale per ottenere il sostegno della guardia pretoriana, il cui potere spesso influenzava la stabilità del governo imperiale.
Diversamente, le legioni e le truppe ausiliarie ricevevano donativi meno frequentemente, e in alcuni casi, non ne beneficiavano affatto. Questo squilibrio nelle ricompense rifletteva la gerarchia interna delle forze armate romane, con i pretoriani posti al vertice del sistema militare e politico dell’Impero.
Differenza tra donativa e congiaria
I donativa, concessi ai soldati, erano distinti dai congiaria, elargizioni liberali destinate alla popolazione di Roma. Sebbene entrambi rappresentassero forme di liberalitas del princeps — ovvero manifestazioni di generosità imperiale —, i donativa avevano una natura specificamente militare e miravano a consolidare il legame tra l’esercito e l’imperatore, mentre i congiaria servivano a guadagnare il favore del popolo romano.
Le elargizioni alla plebe si verificavano in occasioni simili a quelle dei donativa, come celebrazioni pubbliche, vittorie militari o eventi dinastici. Tuttavia, mentre i congiaria erano concessi in modo più ampio alla popolazione cittadina, i donativa rappresentavano un privilegio esclusivo e riservato ai militari, spesso distribuiti direttamente nell’accampamento.
Il rito del conferimento e la corona d’alloro
Al momento della concessione di un donativo, solitamente durante una cerimonia solenne nell’accampamento, era consuetudine che il soldato insignito indossasse una corona d’alloro, simbolo di vittoria e onore. Non è certo se questo rituale fosse riservato solo a coloro che avevano ottenuto particolari onorificenze o se fosse esteso a tutti i beneficiari del donativo. La corona d’alloro, legata ai trionfi militari romani, rappresentava il legame tra il sovrano, il successo militare e la lealtà delle truppe.
Un episodio significativo legato a questa tradizione viene riferito da Tertulliano nel De corona militis. In questo scritto, Tertulliano racconta la vicenda di un soldato cristiano che, al momento dell’elargizione del donativo da parte degli “eccellentissimi imperatori” Settimio Severo, Caracalla e Geta (o forse solo Caracalla e Geta), si rifiutò di indossare la corona d’alloro. Quando il tribuno gli chiese spiegazioni per il suo gesto, il soldato rispose semplicemente: “Christianus sum” (“Sono cristiano”). Questo atto di dissenso, in un contesto dove il rito aveva una forte valenza simbolica, fu considerato un’eresia e il soldato venne punito con la prigione. Questo episodio evidenzia il contrasto tra le tradizioni romane e i primi aderenti al cristianesimo, una religione che rifiutava molte delle pratiche pagane.