di Elena Charlotte Rainelli
Le sale dei Paggi della Reggia di Venaria ospitano dal 27 settembre al 24 febbraio 2019 la mostra di Elliot Erwitt, uno dei fotografi più acclamato e celebrato del Novecento, a cura di Biba Giacchetti (nella foto) con il progetto grafico di Fabrizio Confalonieri, organizzata da Civita Mostre con il consorzio delle Residenze Reali Sabaude in collaborazione con Sudest57. Con ben oltre 170 immagini, “Elliot Erwitt PERSONAE” è il titolo della prima retrospettiva delle sue fotografie sia bianco e nero che a colori, un concentrato di genialità . Un percorso unico dato dall’ironia immediata d’ accostamenti, dall’antologia della prima parte della mostra caratterizzata da scatti fotografici in bianco e nero dei suoi divertentissimi cani antropomorfi, a quelli nei musei per indagare la sua personale visione dell’interagire dei visitatori con le opere d’arte, alla parte romantica, ai potenti della Terra ,alla foto di Marilyn Monroe e Jacqueline Kennedy. La mostra prosegue con due opzioni. La prima con “Alter Ego” personale di Elliot in Andrèe S. Solidar, con i grandi formati dove si fa beffa scherzosamente dei grandi dell’arte contemporanea. La seconda sezione a colori inedita, caratterizzata con l’avvento del digitale con foto selezionate dall’archivio personale a New York, foto di testate per il New York Time e servizi di moda per riviste americane come Holiday. Chiude la mostra un omaggio alle “Torri Gemelle”.
Elliot Erwitt nasce a Parigi il 26 luglio del 1928 da genitori russi, ha vissuto a Milano per dieci anni, è diventato cittadino americano a causa delle legge razziali, nel 1938 il Fascismo lo costrinse a fuggire. Parla russo, italiano, francese oltre all’inglese e ha viaggiato l’intero pianeta. Ma l’Italia riserva un posto speciale nel suo cuore. In America frequenta la Hollywood Hight York e lavora in un laboratorio di fotografia e sviluppa stampe firmate per appassionati di stelle del cinema. Nel 1953 diventa membro di Magnum Photos invitato dal fondatore Robert Capa, nel 1968 presidente e ricopre questo ruolo per tre nomine.
La carriera di Erwitt nasce con la fotografia in bianco e nero. Il fotografo esprime chiaramente che per i suoi scatti non usa il colore; quello lo riserva al lavoro. La sua vita è già abbastanza complicata , quindi si limita al bianco e nero ed è contento così, perché esprime il compendio che permette d’arrivare all’essenziale, ma è difficile azzeccarlo. Il colore, invece, è adatto all’informazione.
Le foto dei cani hanno una duplice chiave di lettura. Colti in determinate situazioni i cani sono semplicemente divertenti. Ma questi straordinari animali possiedono anche qualità umane, Erwitt è convinto che le sue foto abbiano un fascino antropomorfo. In sostanza non hanno nulla a che vedere con i cani…ma riguardano la condizione umana.
Uno dei primi incarichi in cui compaiono i cani fu un servizio di moda sulle calzature femminili per il “New York Times Sunday Magazine”. L’artista aveva deciso di fotografare le scarpe dal punto di vista canino, perché i cani vedono le scarpe più di chiunque. L’obiettivo è posizionato ad altezza del cane, lasciando ai suoi padroni il solo piede, il polpaccio o la gamba. L’atteggiamento naturale ed irriverente è perfetto per contraltare alla sfarzosità e alla ricerca dell’apparire del proprio padrone.
Uno degli scatti più famosi è “Felix, Gladys and Rover” (New York 1974), uno scatto pubblicitario passato alla storia della fotografia, uno di quelli più amati in assoluto per l’ironia dei contrasti. Il chihuahua è stato vestito apposta per il servizio fotografico e diviene un attore molto serio e professionale. E’ sorprendente come i suoi scatti siano spesso il frutto della casualità e accade che una fotografia costruita ad hoc diventi una vera icona, come l’immagine del cane che salta a Parigi. Erwitt vuole a tutti i costi che il cane salti e per farlo si mette ad abbaiare, lui stesso dice di riuscirci molto bene. In altre occasioni il fotografo usa il suo famoso bastone, ad esso è applicata una trombetta per far spostare la gente. Quando si vuole fare dell’ironia o del sarcasmo con delle immagini bisogna essere certi che gli elementi del contesto siano ben chiari.
Chi usa l’ironia compie un atto di fede nell’intelligenza contestuale dei suoi interlocutori stabilendo con questi, un implicito patto di complicità; il gioco funziona solo se la complicità è possibile affinchè le conoscenze contestuali siano condivise. Erwitt afferma che far ridere è una delle imprese più difficili, se poi come Chaplin riesci a far piangere e ridere in assoluto in alternanza, allora hai toccato il vertice assoluto, è il risultato più alto che puoi ottenere.
L’osservazione dei cani e gli scatti a loro dedicati fanno sorridere e riflettere. Quando si parla di fanatismo di certe competizioni canine e del ridicolo. A Birminghan in Gran Bretagna (1991) si tiene la più grande fiera competitiva canina del mondo con la partecipazione di 25.000 cani che vengono giudicati, selezionati e poi premiati. Ma per Elliot gli stessi cani diventano buoni giudici ed esprimono il loro personale giudizio in modo autentico.
Sammy è il Cairn terrier amato da Erwitt per 17 anni, cane intelligentissimo, scomparso da poco protagonista del famoso autoritratto del fotografo, amava scorrazzare liberamente sulla spiaggia della residenza di Hamptons. Il cane per Elliot rivela sempre lo stato e i gusti del suo padrone e solo attraverso la fotografia si esprime un linguaggio contemporaneo che riesce a cogliere i riflessi inconsapevoli degli uomini. “Le fotografie non si preparano, si aspettano, si ricevono”(E.Erwitt).