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Alessio Barchitta
“38° 6’6.67″ N 15° 12’47.00″ E”
1º Premio scultura – Premio Nocivelli 2019
www.premionocivelli.it/opera/38°-6667-n-15°-124700-e
www.alessiobarchitta.com
www.instagram.com/alessiobarchitta/
L’opera”38° 6’6.67″ N 15° 12’47.00″ E” fa parte del progetto”coordinate”che conta più di 70 “strappi” originati tra la Sicilia e la Sardegna. Ogni strappo è stato realizzato all’interno di abitazioni in abbandono, edificate in zone soggetto allo spopolamento tra la metà dell’800 e inizi ‘900. Le opere, superfici in silicone, strappano dalle pareti delle case, volta per volta, le varie stratificazioni di intonaci e pitture. Da tali superfici pittoriche emerge un racconto sempre diverso e assolutamente personale, evidenziando un originaria cura per l’ambiente domestico divenuta anonima solo negli ultimi strati, riconducibili all’era degli spostamenti veloci, nella quale la casa delle grandi metropoli diventa un modulo e l’architettura prefabbricata e removibile. Spazi sempre più identici, contenitori sempre più incerti, sgravati dalla nostalgica abitudine del perpetuare. Senza stravolgerli, si ammette e si gioca criticamente con la precarietà insita nel frammento.
Iniziamo con una breve scheda anagrafica, come se leggessimo una carta d’identità. Sotto il profilo della produzione artistica puoi immediatamente specificare il suo orientamento stilistico ed espressivo?
Alessio Barchitta nasce a Barcellona Pozzo di Gotto (Me) il 21/06/1991. Nel 2010 si trasferisce a Milano per intraprendere gli studi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera, nel 2014 consegue il diploma accademico di primo livello in Pittura, nel 2017 consegue il diploma accademico di secondo livello in Arti Visive indirizzo Pittura presso la stessa Accademia.
Attualmente vive e lavora tra Milano e Barcellona Pozzo di Gotto.
Per il mio lavoro è complesso parlare di orientamento stilistico, è qualcosa di più vicino “all’attitudine”, a un processo evolutivo che di volta in volta pone l’accento su qualcos’altro, ma sempre legato all’opera antecedente. Probabilmente ne consegue una certa coerenza stilistica, ma non è una cosa alla quale faccio particolarmente attenzione. Sono molto legato ai materiali, alla loro consueta funzionalità e sistemazione, allo stesso modo m’interessa riflettere su luoghi e abitudini.
Sono sempre stato affascinato dal simulacro, storicamente una figura che pretende di valere per una realtà sconosciuta. Quando la realtà ha però ha un nome, un indirizzo e un periodo storico preciso, tentare di raffigurarla è in partenza un fallimento. Molti dei miei lavori non raffigurano proprio nulla, sono l’oggetto in discussione. Recentemente è un aspetto che sto cercando di rieducare, bilanciando riferimenti immediati e concreti con suggestioni immaginifiche.
Partendo dalle motivazioni della giuria sulla tua opera, puoi raccontarci in modo più personale i temi i contenuti della tua opera, descrivendo le modalità operative usate nella sua realizzazione?
L’opera del premio fa parte di una serie che nasce dall’esigenza di mettere in luce uno spazio abitativo, non si tratta di “archeologia”, credo che prima di parlare una lingua sia necessario conoscerne la grammatica, entrare in confidenza con l’argomento e gradualmente rivederne le possibilità espressive con maggiore consapevolezza. In questo caso specifico si parla di “cura” della casa (come la intenderebbe Heidegger), uno spazio abbandonato dopo il secondo dopoguerra, un tempo punto di riferimento per generazioni, oggi rudere come molti altri. Lo “strappo”, tramite le stratificazioni di pittura, racconta dei suoi inquilini e si colloca in un periodo temporale che precede il crollo dell’idea consolidata di “casa”. L’opera, in maniera frammentaria, ricrea la superficie di un muro perdendo le sue caratteristiche strutturali originarie.
Se potessi dare un consigli ad altri giovani artisti che stanno valutando di partecipare ad un concorso quale sarebbe?
Partecipare ad un concorso è sempre un’esperienza formativa, è un’occasione importante per mettere in discussione un’opera a prescindere dai risultati. Consiglio di essere i più chiari possibili nella stesura del testo, per evitare fraintendimenti che potrebbero distogliere i giurati dalle vostre effettive intenzioni. Per il resto nessuna giuria è insindacabile, provate ancora!
Alessio Barchitta, 70 sfumature di rosso. Settanta strati sovrapposti, da case abbandonate
Il giovane vincitore della sezione scultura del Premio Nocivelli 2019: " Sono sempre stato affascinato dal simulacro, storicamente una figura che pretende di valere per una realtà sconosciuta. Quando la realtà ha però ha un nome, un indirizzo e un periodo storico preciso, tentare di raffigurarla è in partenza un fallimento. Molti dei miei lavori non raffigurano proprio nulla, sono l’oggetto in discussione. Recentemente è un aspetto che sto cercando di rieducare, bilanciando riferimenti immediati e concreti con suggestioni immaginifiche"