Due quadri realizzati dell’artista piemontese denunciano un aspetto oscuro della vita della borghesia italiana del XIX secolo, dimostrando che la pedofilia era un fenomeno molto preoccupante anche a quei tempi.
Venduta e Derelitta. Questi i titoli di due quadri dedicati al tema dello sfruttamento sessuale delle bambine realizzati da Angelo Morbelli (1853-1919), artista piemontese che ebbe a misurarsi, con grande efficacia, con i temi sociali. E’ proprio questa sua attenzione ai mali della società, alla tristezza inquietante del perbenismo nell’Italia sabauda, al destino di un uomo che sembra di aver perso ogni protezione spirituale –e ricordiamo, in proposito, l’allucinante Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio del 1900, in cui il superficiale decoro del ricovero stride sinistramente contro l’abissale nulla che grava nello stanzone – a rendere i due soggetti una testimonianza attendibile dello sfruttamento minorile. Sfruttamento che qui diviene sessuale.
Va considerato il fatto che, per costruire un soggetto reiterato da Morbelli in due dipinti, il fenomeno doveva essere piuttosto diffuso e preoccupante. Preoccupante, ma nascosto da quel concetto di rispettabile silenzio che copriva connivenze, convergenti utilità – molte bambine, figlie di prostitute, venivano vendute dalle madri ai clienti – e il disagio di riconoscere la perversione come realtà presente in un ordine sociale che avrebbe voluto mostrarsi adamantino, nella sua ineccepibilità morale.
Nei due quadri di Morbelli siamo ben lontani dalle sentimentali descrizioni dei piccoli spazzacamini di Induno e di Inganni, santi della quotidianità che sollecitavano un compartecipe, pietoso sguardo rivolto alla sorte dell’infanzia negata. L’artista piemontese opera qui con la precisione e la freddezza di un chirurgo, con la violenza di una pagina di Émile Zola. Egli disvela ciò che sta nascosto sotto la facciata perbenista di una società che devia la propria sessualità e che – allora forse più che oggi – coltiva desideri insani, gli stessi che in Inghilterra, proprio in quegli stessi anni, facevano scalpore, attraverso le inchieste giornalistiche sulla tratta delle bambine pubblicate dalla Pall Mall Gazette. I soggetti dipinti da Morbelli sono tra loro simili; in entrambe le opere è ritratta una giovane distesa in un letto, con il dolore e la sofferenza impressi sul volto. L’innocenza è ormai irrimediabilmente perduta. Le inquietanti ecchimosi sulla pelle delle ragazze, molto evidenti in Venduta (1884), quadro esposto anche Oltremanica, ne sono una prova; non lasciano dubbi sul tipo di male che le affligge: la sifilide. Un’eruzione cutanea, questa, che caratterizza il periodo secondario della malattia e che inizia sei settimane dopo la scomparsa della lesione primaria. Sarebbe così da accantonare l’ipotesi, peraltro contraddetta dai titoli delle tele, che qui sia effigiata la nipote di Morbelli malata di tisi. Una più intensa luminosità, tesa a donare un maggiore calore all’ambiente e coinvolgere emotivamente lo spettatore, permea l’ambiente di Derelitta, dipinto realizzato nel 1897.
Angelo Morbelli – L'arte che denunciò la pedofilia e il commercio delle ragazzine
Va considerato il fatto che, per costruire un soggetto reiterato da Morbelli in due dipinti, il fenomeno doveva essere piuttosto diffuso e preoccupante. Preoccupante, ma nascosto da quel concetto di rispettabile silenzio che copriva connivenze, convergenti utilità – molte bambine, figlie di prostitute, venivano vendute dalle madri ai clienti – e il disagio di riconoscere la perversione come realtà presente in un ordine sociale che avrebbe voluto mostrarsi adamantino, nella sua ineccepibilità morale.