Archeologia. Eccezionale scoperta ora a Trento. Trovati i resti di una monumentale necropoli pre-romana. Cosa è stato portato alla luce? Dove? Quali le curiosità? Rispondono gli archeologi

Otto metri, sotto. Lapidi, contenitori, urne, oggetti, corredi. La storia più antica della città di Trento si arricchisce di una nuova, avvincente pagina grazie alla recente scoperta di una necropoli monumentale di epoca preromana messa in luce dagli archeologi in via Santa Croce. Siamo alle radici più profonde. Agli avi più antichi.

L’eccezionale scoperta è avvenuta a seguito dell’attività di tutela preventiva condotta dall’Ufficio beni archeologici dell’UMSt Soprintendenza per i beni e le attività culturali della Provincia autonoma di Trento in occasione dei lavori di restauro e riqualificazione di un edifico antico del centro. La necropoli è venuta alla luce, lì sotto. Un luogo in cui erano sepolti i cittadini di una località che precedette Tridentium, Trento, rifondata, poi, dai Romani.

A che epoca siamo? Ai tempi dello sviluppo della civiltà etrusca, per intenderci. Tempi in cui di Roma non si parlava ancora. La fondazione di Roma è fissata – per convenzione storica – al 21 aprile dell’anno al 735 a.C. Quindi i “trentini” già riedevano in questi luoghi quando la città eterna muoveva i primi passi. Resta però da scoprire il luogo esatto dell’abitato di queste genti, sepolte nei pressi del torrente. Dove abitavano?

E’ probabile che le loro case siano state inglobate o coperte dalle costruzioni romane e che i loro resti siano metri e metri sotto l’attuale città. Diverse ipotesi avanzate dagli studiosi suggeriscono che l’evoluzione storica di Trento, conosciuta in epoca romana come Tridentum, abbia radici risalenti a un insediamento retico situato nella suggestiva area della fondovalle. In questo contesto, è plausibile ritenere che sul Doss Trento sorgesse un antico castelliere retico, luogo che, dopo la conquista, sarebbe stato probabilmente utilizzato anche dai Romani, costituendo così uno dei primi nuclei urbani della futura città. Inoltre, la posizione strategica della Valle dell’Adige, in quanto principale arteria di comunicazione nord-sud, sembra aver facilitato intensi e continui scambi culturali con le altre popolazioni pre-romane, come i Veneti, gli Etruschi e i Galli, contribuendo in maniera determinante alla formazione dell’identità culturale e urbanistica del territorio trentino. I Reti, a cui apparteneva questa gente, erano un’antica popolazione di lingua pre-europea che abitava nell’arco alpino.

Quella del ritrovamento della necropoli trentina è una scoperta di straordinaria rilevanza che consentirà di riscrivere la storia della città. L’importante contesto funerario è rimasto perfettamente conservato attraverso i millenni grazie agli episodi alluvionali che hanno sigillato il deposito archeologico. Ondate di fango e ciottoli hanno così progressivamente coperto l’antico cimitero, conservandolo quasi intatto. Nessuna rimozione, è avvenuta, con l’arrivo di nuovi abitanti. Uno spazio così sigillato è prezioso per l’archeologia poiché non presenta “contaminazioni”.

La necropoli, che si è sviluppata sulla porzione mediana del conoide alluvionale del torrente Fersina, è venuta in luce a una profondità di circa 8 metri rispetto all’attuale quota di via Santa Croce, al di sotto di livelli di frequentazione storica, medievale e di epoca romana. Ciò significa che il cimitero era già stato sepolto, ai tempi dei romani, dal terreno che scendeva dal torrente.

Le pietre chiare, usate come segnacoli delle tombe, e sassi tondi trascinati qui dal torrente, successivamente, con sabbia e fango. Possiamo immaginare la necropoli come un campo verde, tra canali, contrassegnato da numerosissime pietre chiare poste verticalmente nel terreno

Le ricerche archeologiche, tuttora in corso di svolgimento, hanno consentito di mettere in luce 200 tombe, complete di prestigiosi corredi, caratterizzate dal rito della cremazione indiretta, che rappresentano soltanto una parte di quelle potenzialmente conservate nel sottosuolo ancora da indagare. Che significa cremazione indiretta? Che i defunti non erano cremati con un rogo nella buca della tomba, ma in un luogo deputato – i latini l’avrebbero chiamato ustrinum – in un angolo del cimitero. Il feretro veniva collocato sopra la pira. Al termine del rogo, ceneri e parti di ossa incombuste venivano poi trasportate nella tomba.

Le stele che indicavano le tombe. In primo piano due urne a cassetta in cui erano deposte le ceneri


“Una scoperta incredibile, che ci mostra una nuova storia della città di Trento, non più quindi solo come città romana – commenta la vicepresidente e assessore provinciale alla cultura Francesca Gerosa – Sappiamo come sia importante l’impegno di ricerca e di tutela del patrimonio delle nostre radici, e questo è previsto dalle leggi e dalla Costituzione, ma indipendentemente da questo non vogliamo sottrarci e qui si sta lavorando intensamente per riportare alla luce un pezzo di storia sconosciuta per la città. I lavori procedono, ma c’è ancora tutta un’intera area da monitorare per poi valutare quali azioni intraprendere, anche riguardo ai tantissimi oggetti rinvenuti e che sono già oggetto di restauro, come lo saranno anche i ritrovamenti successivi. Stiamo lavorando ricordando che serve sempre un equilibrio per contemperare gli interessi di tutela del patrimonio archeologico, con quelli comprensibili dello sviluppo urbano”. Qui sotto vediamo la vicepresidente e assessore alla cultura Francesca Gerosa in visita allo scavo di via S. Croce a Trento

La scoperta della necropoli monumentale di via Santa Croce apre nuovi scenari e suggestive ipotesi interpretative per la ricerca archeologica, considerata la sua collocazione nel centro storico di Trento e la rarità di questa tipologia di contesti nel territorio dell’arco alpino. Solleva inoltre articolate e complesse problematiche circa le modalità di autorappresentazione in ambito funerario del gruppo sociale di appartenenza di cui, al momento, resta ignoto il contesto insediativo.

Le indagini archeologiche sono dirette dalla dott.ssa Elisabetta Mottes dell’Ufficio beni archeologici della Provincia autonoma di Trento e coordinate sul campo dal dott. Michele Bassetti e dalla dott.ssa Ester Zanichelli di Cora Società Archeologica di Trento e dalla loro equipe di ricerca. Il coordinamento delle operazioni concernenti il restauro dei reperti mobili si deve a Susanna Fruet dell’Ufficio beni archeologici e alla dott.ssa Chiara Maggioni di Cora Società Archeologica per l’attività di microscavo e recupero dei vasi ossuari.

Nei primi secoli del I millennio a.C. il paesaggio di quest’area della città era caratterizzato dalla presenza dell’ampio alveo del torrente Fersina solcato da una rete di canali torrentizi che si intrecciavano tra loro, separati da barre sabbiose o ghiaiose a carattere temporaneo. In un’area marginale dell’alveo soggetta a periodiche esondazioni è sorta la necropoli monumentale della quale sono state documentate più fasi di frequentazione nel corso della prima età del Ferro (IX-VI secolo a.C.). Il contesto funerario doveva essere posto tra due canali che si potevano attivare in caso di fenomeni di piena. Gli episodi esondativi, iniziati già nelle fasi di utilizzo della necropoli, hanno sigillato la stratificazione archeologica antica consentendo l’eccezionale conservazione del contesto funerario. Questa circostanza ha permesso di documentare in dettaglio i piani d’uso della necropoli e di ricostruire con precisione le pratiche funerarie della comunità che hanno occupato quest’area nella prima età del Ferro. 

“L’Età del ferro è un periodo di profonde trasformazioni dal punto di vista storico-culturale in tutto il mediterraneo, nell’arco alpino e oltralpe. Fioriscono le grandi civiltà degli Etruschi, dei Fenici, dei Greci e dei Celti. Sono anche i tempi delle prime olimpiadi che si datano tradizionalmente al 776 a.C. e della fondazione di Roma nel 753 a.C.. I popoli alpini non sono isolati, intrattengono relazioni e scambi con le genti della pianura Padana in particolare fra il 900-700 a.C. con la zona emiliana, con la fiorente civiltà degli etruschi e di seguito con i Veneti e altre genti delle Alpi. Nell’archeologica in corso di scavo abbiamo la possibilità di riconoscere l’elite di una società che evidentemente era insediata nella conca di Trento e che rappresentava il suo potere e prestigio attraverso la deposizione di oggetti emblematici del proprio status privilegiato”, spiega il soprintendente Franco Marzatico.

La caratteristica principale della necropoli, che la configura come un complesso palinsesto monumentale è la presenza di stele funerarie infisse verticalmente con funzione di segnacolo che raggiungono i 2,40 m di altezza, organizzate in file subparallele con direzione principale Nord-Sud. Ogni stele delimita a ovest la tomba principale in cassetta litica coperta da una struttura a tumulo, attorno alla quale si sviluppa nel corso del tempo una densa concentrazione di tombe satelliti.

La materia prima utilizzata per le stele funerarie proviene dall’area della collina est di Trento, zona più prossima di affioramento dei calcari nodulari giurassici del Rosso Ammonitico Veronese, mentre il calcare-marnoso rosato della Scaglia Rossa è stato impiegato per la realizzazione delle cassette litiche.
Lo scavo microstratigrafico delle strutture tombali ha consentito di ricostruire la complessità del rituale funerario. I dati acquisiti dovranno essere implementati da analisi interdisciplinari sui resti antropologici e archeobotanici oltre che dallo studio dei reperti deposti come corredo e offerta.
All’interno delle cassette litiche è presente la terra di rogo, una raccolta intenzionale di ossa calcinate poste entro contenitori in materiale deperibile, meno frequentemente in vasi ossuari. Si ipotizza che i resti combusti spesso collocati sopra il corredo personale, fossero avvolti in un tessuto, di cui in alcuni casi si sono conservate le fibre, chiuso con l’ausilio di spilloni o fibule. In alcune tombe la forma dell’accumulo suggerisce la presenza di cassette lignee quadrangolari.

I corredi funerari messi in luce risultano particolarmente ricchi e rappresentano gli indicatori per definire identità, ruoli e funzioni del gruppo sociale di appartenenza.
Particolarmente significativa è la presenza di reperti in metallo rappresentata da armi e elaborati oggetti di ornamento con inserzioni in ambra e pasta vitrea che attestano l’esistenza di influssi e strette relazioni culturali con gli ambienti italici.

Lo studio scientifico del ricco archivio di dati fornito dall’eccezionale necropoli di via Santa Croce sarà effettuato da una equipe di ricerca interdisciplinare che prevede la partecipazione di enti e specialisti di varie istituzioni italiane e straniere.



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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa