
Il vento soffia indizi di pioggia e di primavera tra i prati e su questa pietra solitaria che per secoli ha vegliato sul paesaggio. Da tempo immemore, la gente del posto ha osservato con rispetto il megalite, un monumento isolato e imponente. Esso appare come un figura antropomorfa imponente. Ma era davvero solo un megalite solitario? O nascondeva una storia più profonda? Nelle scorse ore Forestry England ha comunicato i risultati sorprendenti di uno scavo appena concluso.
Gli studiosi affermano che gli scavi hanno cambiato radicalmente la comprensione di questo sito, rivelando che il monolite è solo una parte di un complesso cerimoniale risalente a 3.700 anni fa. E sotto la pietra, una cavità ha riportato alla luce la chiave di comprensione del luogo e dei cerimoniali che qui si svolgevano.
Un altopiano che domina una valle
La scoperta è avvenuta nel Derbyshire, nell’Inghilterra settentrionale, un’area nota per la sua ricca eredità preistorica. Situata tra il Peak District e lo Yorkshire Dales – a circa 350 chilometri da Londra – la pietra di Farley Moor si trova in una posizione strategica su un altopiano che domina la valle sottostante. L’indagine, condotta da Forestry England in collaborazione con il team di archeologia di Time Team, ha portato alla luce un complesso cerimoniale dimenticato, suggerendo che l’intera area fosse un luogo di culto nell’Età del Bronzo. La datazione è avvenuta esaminando il materiale organico presente negli strati inferiori.
La scoperta del cerchio di pietre
Gli scavi hanno rivelato che la pietra di Farley Moor, alta 2 metri e larga mezzo metro, faceva parte di un più ampio cerchio di pietre dal diametro di circa 25 metri per 23 metri. Originariamente, il sito comprendeva almeno sei menhir, posizionati con cura attorno a una piattaforma cerimoniale.
La datazione al radiocarbonio ha confermato che il sito risale a circa il 1.700 a.C., collocandolo in un periodo di intensa attività rituale nell’Inghilterra preistorica. Questo lo lega a un panorama più ampio di monumenti cerimoniali, paragonabile a siti più celebri come Stonehenge.
Un mistero sotto il menhir: eccolo

Fondamentale è stato lo scavo condotto alla ricerca della base del menhir. Sotto il piano di campagna, il monolite inizia a rastremarsi, assumendo una forma tendente alla punta, segno della lavorazione finalizzata a piantare saldamente la pietra nel terreno. In fondo ad esso, ecco una piccola nicchia, che risulta frutto di un’evidente sistemazione umana. E’ una fonte d’acqua. La pietra indicava e proteggeva la fonte. Le persone dovevano inginocchiarsi, ai piedi del menhir per prendere l’acqua.
L’acqua nascosta
Il sito ruota, sotto il profilo del culto, attorno a questa sorgente benefica e forse ritenuta magica. I menhir erano le figure ancestrali che l’avevano donata, antenati benigni che l’avevano indicata e che ora la proteggevano da animali e nemici. Una fonte d’acqua pura era una ricchezza da tutelare e preservare: Non solo per la bontà dell’acqua stessa ma perché era già evidente che potesse esistere un collegamento misterioso tra acqua ferme, putride, sporcate dagli animali e le malattie. Celebrazioni si svolgevano, attorno ad essa. Forse famiglie o tribù disperse, in determinati periodi dell’anno tornavano alla fonte degli antenati per condividere acqua e cibo con i parenti.
E’ assai probabile che il luogo fosse tutelato e oggetto di una manutenzione costante da parte di membri della comunità.
Si pensò di isolare questo luogo
La tribù che gestiva questi luoghi probabilmente iniziò a isolare la sorgente naturale affinché la sua acqua non fosse contaminata dal passaggio di animali e uomini. Questi isolamenti avvenivano attraverso recinti o, come in Sardegna, con la costruzione di pozzi sacri coperti. Gli uomini posero questo menhir con il fine sacrale di indicare e proteggere la fonte sacra e, al tempo stesso per magnificare la potenza del gruppo, in grado di palesarsi agli altri uomini come detentori di un rapporto privilegiato con le divinità e con la tecnologia che consentiva di lavorare e trasportare pietre ragguardevoli.
Il gruppo umano che qui operò per la costruzione dello spazio sacro modellò in modo monumentale la sorgente, poggiando su di essa il peduncolo del menhir e sistemando le rocce circostanti e spianando ogni asperità per realizzare una sorta di piattaforma.
Innalzò poi altri menhir, probabilmente in punti in cui il passaggio del sole suggeriva il calendario agricolo, fondamentale per essere massimamente efficaci nei lavori agricoli. La presenza di ceneri vegetali indica che i riti prevedevano l’accensione di fuochi. E’ molto probabile che la fonte elargisse acque copiose in concomitanza con gli equinozi di primavera e di autunno.
Il professor Derek Pitman, della Bournemouth University, ha descritto il ritrovamento come un’opportunità straordinaria per comprendere meglio la ritualità dell’Età del Bronzo.
I menhir sono antiche pietre monolitiche infisse verticalmente nel terreno, erette principalmente durante il Neolitico e l’Età del Bronzo. Il termine deriva dal bretone men (“pietra”) e hir (“lunga”), quindi significa letteralmente “pietra lunga”. Diffusi in Europa, Africa e Asia, i menhir compaiono soprattutto in Bretagna, nelle Isole Britanniche, in Spagna e in Italia (come in Sardegna e in Puglia).
Le loro funzioni esatte restano ancora oggi dibattute. Alcuni studiosi li collegano a pratiche rituali, culti degli antenati o segnali territoriali. In certi casi, i menhir sono allineati in lunghe file (come a Carnac, in Francia), suggerendo un possibile utilizzo astronomico o religioso. Altri ipotizzano che fossero simboli di potere o marker funerari, legati a pratiche sciamaniche o ancestrali.
Le dimensioni variano da pochi metri fino a oltre venti (come il Grand Menhir Brisé, originariamente alto circa 20 metri). Spesso isolati, i menhir possono anche far parte di complessi megalitici più ampi, includendo cromlech (circoli di pietre) e dolmen (strutture tombali).
L’erezione di questi megaliti richiedeva tecniche avanzate di trasporto e sollevamento, dimostrando l’elevata organizzazione sociale delle comunità preistoriche. Oggi i menhir restano tra le testimonianze più enigmatiche dell’antichità, affascinando studiosi e appassionati di archeologia.
Un paesaggio sacro
Il Peak District già ospita almeno 25 cerchi di pietre noti, tra cui il celebre Arbor Low, un grande henge con menhir abbattuti, e il suggestivo Nine Ladies di Stanton Moor. Il fatto che Farley Moor si aggiunga a questa rete di siti sacri suggerisce che l’intera regione fosse un centro spirituale di primaria importanza. Le somiglianze con altri monumenti preistorici indicano che queste comunità erano profondamente connesse tra loro, condividendo pratiche rituali e credenze legate alla terra e agli astri.
Quali segreti restano da svelare?
L’indagine paesaggistica suggerisce che potrebbero esserci altri monumenti sepolti nelle vicinanze, rimasti nascosti sotto la vegetazione per millenni. Il sito di Farley Moor, con la sua piattaforma cerimoniale, la sua cavità e il suo cerchio di pietre, offre uno sguardo affascinante su una civiltà antica e sulle sue pratiche spirituali. Le domande rimaste aperte sono molte: chi eresse questi menhir? Quali cerimonie si svolgevano in questo luogo? E che ruolo aveva la sorgente d’acqua nelle loro credenze?
La scoperta segna un passo significativo nella comprensione delle culture preistoriche britanniche e ci ricorda che sotto la superficie della nostra terra si celano ancora tesori nascosti, in attesa di essere riportati alla luce.
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