Maurizio Bernardelli Curuz

Maurizio Bernardelli Curuz

Come e perché gli antichi romani seppellivano i fulmini? Lo spiega la Soprintendenza speciale

Qualche tempo fa durante lo scavo archeologico per la realizzazione della Stazione di Amba Aradam della linea C della metropolitana di Roma sono stati rinvenuti esempi di sepoltura di fulmine. Entrambi databili al I secolo d.C., contenevano macerie di edifici e una piccola lastra di marmo con l'iscrizione Fulgur conditum in un caso e Fulgor conditum nell'altro

“Ecco il riscaldamento a pavimento”. Scoperti i padiglioni della villa romana di Fiumana a Predappio

Osservando le immagini satellitari è stato possibile individuare nuove strutture, che sono state oggetto di scavo. Individuati alcuni ambienti pertinenti a due padiglioni della villa tardoantica, distanti 150 metri uno dall’altro: il primo attribuibile al settore di rappresentanza e il secondo a un impianto termale, come dimostra il rinvenimento di un ambiente riscaldato.

Frida Kahlo e Diego Rivera. Amore, opere, gelosia, dipinti. La mostra aperta a Padova

Il nucleo fondamentale delle opere giunge dalla celeberrima collezione statunitense di Jacques e Natasha Gelman, lui regista di successo e raffinato collezionista, lei che, dopo la morte di lui, continua, con brillante competenza, ad arricchire la collezione, al motto – come ricorda nel suo saggio in catalogo Daniela Ferretti – “Adesso mi tocca lavorare per due”.

“Neruda fu ucciso, non morì di morte naturale”. Il nipote fa aprire il caso. Iniezioni massicce di botulino

Il premio Nobel morì il 23 settembre 1973 nella clinica Santa María de Santiago, 12 giorni dopo il colpo di stato che rovesciò il presidente Salvador Allende. Per 40 anni, la causa ufficiale della sua morte è stata collegata alla metastasi di un tumore alla prostata, ma il suo autista disse poi che il poeta era stato avvelenato. Ciò ha indotto i familiari a disporre approfondimenti, che hanno dato esito positivo

Cosa festeggiavano gli antenati romani in queste ore di febbraio? La risposta nelle foto e nell’articolo

Con più di 80 pagnotte per infornata e 5 macine in pietra lavica nel cortile - nella foto qui sopra -  il panificio di Popidio Prisco era uno dei più grandi forni della città, nelle immediate vicinanze del Foro. Hic habitat felicitas (Qui è di casa la felicità) si legge sulla porta del Panificio. L’attività del forno si era rivelata estremamente lucrativa per la famiglia che abitava nella grande dimora adiacente, riccamente decorata con marmi pregiati.