Si è conclusa nei giorni scorsi la quarta campagna di scavo dell'Istituto Archeologico Germanico di Roma a Vetulonia, nell'ambito dei resti di un misterioso edificio Durante le tre settimane di campagna è stata portata avanti l'indagine di un sito etrusco nei pressi di Vetulonia (Castiglione della Pescaia), nella Toscana meridionale. Il lavoro sul campo è stato condotto da Dr. Camilla Colombi (DAI Roma) e dalla dott.ssa Valerj Del Segato
La sepoltura è stata recuperata a Castel di Decima, un zona di Roma nell'Agro Romano, a sud della città, esternamente al Grande Raccordo Anulare e confinante con il comune di Pomezia
Si può ipotizzare che la spilla possa provenire da una sepoltura, forse sconvolta nei secoli, da successive arature. L'aratro potrebbe aver disperso progressivamente, su un'ampia area, gli oggetti artigliati dall'aratro. Il materiale in cui è stata realizzata è il bronzo, con inserti di smalto.
Il sarcofago è costituito da una cassa monolitica e da un coperchio a doppio spiovente di tufo. Le superfici interne ed esterne del sarcofago e del coperchio palesano chiaramente i segni di lavorazione lasciati dagli scalpellini che la realizzarono. Lo stato di conservazione dei resti ossei è da considerarsi piuttosto scarso, verosimilmente a causa dell’elevato grado di acidità del terreno circostante. Le ossa di presentano ancora in discreta connessione anatomica, probabilmente per l’uso di un sudario di cui non sono state identificate tracce. Al momento, per tali rinvenimenti, è possibile ipotizzare una datazione alla prima/media età imperiale
La temporalità del contesto è stata stabilita intorno al XV secolo, poiché lo stile ceramico di un vaso, un piatto e una coppia di ciotole è tardo azteco III (1400-1521 d.C.), il più raffinato in termini di manifattura dal regolare e le linee sottili della sua decorazione, supporti innovativi rispetto a pezzi di epoche precedenti e le sue pareti sottili.
Nei tempi più antichi di Roma le falere furono utilizzate come ricompense militari romane per gli ambasciatori esteri, specialmente di origine gallica. Erano utilizzate dagli Etruschi e furono introdotti a Roma dal quinto re, Tarquinio Prisco. Al tempo di Polibio, in età repubblicana, le decorazioni erano concesse al cavaliere che aveva portato le spoglie di un nemico, mentre in età imperiale, alla truppa, ovvero legionari e ausiliari (falerati) che si erano distinti in battaglia. Erano concesse anche collettivamente ad ali e coorti. Sui monumenti romani appaiono di solito nel numero di nove, unità geometricamente uniforme. In dosso ai soldati erano disposte su tre linee, legate con corregge ortogonali a formare un pettorale, indossato poi sulla corazza, in modo da essere agganciate. Le falere potevano essere anche sfoggiate sulle insegne.
Il complesso in cui è stato trovato era costituito dalla torre di avvistamento, da un'armeria e da un muro di contenimento. L'edificio venne prima seriamente danneggiato, poi demolito tra il 1467 e il 1469. Il ritrovamento durante gli scavi
Qui sono stati rinvenuti anche diversi vasi per sacre libagioni, prevalentemente di epoca romana, provenienti sia dall'interno del tempio, sia dai vari terrapieni all'interno di un edificio che sorgeva lì accanto o dai depositi sacri simili alle favisse romane, cioè buche entro il recinto sacro, nelle quali venivano collocati, dopo anni, gli ex voto, per far spazio ad altri oggetti di devozione che giungevano da altri fedeli.
Un interessante dipinto che trae ispirazione del Correggio va in asta in queste ore sul sito internazionale Catawiki. L'opera rappresenta, in chiave simbolica, la carità, in forma di madre che accudisce ed allatta tre bambini. Il dipinto - che vedete in un particolare, nella foto sopra - proviene da una collezione britannica. L'opera, di scuola italiana, è datata a un periodo compreso tra Seicento e Settecento. Le offerte - nel momento in cui scriviamo - sono ferme a 8 euro. Per vedere le altre foto della tela, conoscerne il valore di stima, le dimensioni ecc potete CLICCARE QUI
"Le novità, inattese, - spiega il professor Martini - riguardano le indagini in una piccola cavità adiacente alla grotta del Romito, che è stata utilizzata per molti secoli come luogo di sepoltura a partire dal Neolitico (in questi livelli archeologici sono in atto le indagini di questo mese) sino all'età del Bronzo. Sono stati recuperati i resti di numerosi individui che erano stati collocati in questo piccolo anfratto secondo un rito di sepoltura collettiva. I reperti umani saranno oggetto di studi multidisciplinari secondo le più moderne metodologie, compresi gli studi sul DNA. Lungo la medesima parete rocciosa è stato individuato un altro stanziamento preistorico che sarà oggetto di studio nei prossimi anni"