Bellezze e verita’: nuova vita a Ligornetto per il Museo Vela

Ha riaperto nella città svizzera una delle più importanti case-museo del mondo, raro esempio di gipsoteca in perfetto stato di conservazione - Costruita a partire dal 1862 per volontà del grande scultore, dopo la morte di questi fu donata dal figlio Spartaco alla Confederazione elvetica - La moderna rivisitazione di Mario Botta ed un allestimento che presenta molte più opere che in passato, tra sculture, bozzetti, modelli, dipinti, fotografie - Una mostra inaugurale per «riscoprire» il genio dei Vela.

di Alessandra Zanchi

vela51[D]al 23 giugno ha riaperto a Ligornetto, nel Canton Ticino, il Museo Vela, istituzione di proprietà della Confederazione elvetica e gestita dall’Ufficio federale della cultura. L’edificio ottocentesco è stato ristrutturato integralmente su progetto del noto architetto Mario Botta e si presenta con un nuovissimo allestimento curato dalla direttrice Gianna Mina. A lei chiediamo di raccontare brevemente la storia del Museo, nato per volere dello scultore Vincenzo Vela (1820-1891), che è attualmente una delle più importanti case-museo e soprattutto un raro esempio di gipsoteca in perfetto stato di conservazione. Vincenzo Vela concepì da subito la sua villa a Ligornetto come casa-museo, quindi come abitazione ma anche come atelier e luogo di esposizione delle sue opere. L’edificio fu costruito in tre anni, a partire dal 1862, su progetto dell’architetto del Duca di Genova, Cipriano Ajmetti, e lo scultore vi si trasferì con la famiglia nel 1867, dopo 14 anni trascorsi a Torino, dove aveva insegnato all’Accademia Albertina. Già l’anno successivo la villa fu aperta al pubblico, che poteva così ammirare i bozzetti e i modelli dell’artista, qui trasferiti integralmente dallo studio torinese e a cui si aggiunsero col tempo quelli eseguiti a Ligornetto. Dopo la morte di Vincenzo, il figlio Spartaco donò la villa e tutte le collezioni alla Confederazione elvetica; nel 1898 la struttura fu designata ufficialmente “Museo Vela”, divenendo il secondo museo federale, dopo il Museo Nazionale Svizzero a Zurigo. Occorre ricordare che si tratta di un esempio museale direi unico in Europa: voluto da un artista ancora giovane (nei pur celebri casi di Canova o Thorwaldsen, si tratta invece di gipsoteca postuma o tardiva) e che racchiudeva in un unico complesso vita e lavoro, collezioni di famiglia e museo con una completezza veramente rara, mantenutasi fino ad oggi, a cui si integra il magnifico parco ripulito e riordinato come lo era all’epoca.
Dottoressa Mina, ci parli ora dell’intervento architettonico e di come si è inserita sulla struttura storica la moderna rivisitazione di Mario Botta.
L’edificio della villa ottocentesca costruito da Isidoro Spinelli su progetto di Ajmetti era una struttura ormai inadeguata rispetto alle necessità tecnico-funzionali di oggi. Si è provveduto innanzi tutto a rimodernare gli impianti tecnici (elettrico, di sicurezza, e così via), il collegamento dei tre piani, con scale e ascensore, e il vasto e attrezzato deposito nel piano interrato. Oltre al riordino della corte a nord e dell’edificio esterno, gli interventi consistenti pensati dall’architetto Botta sono stati rivolti all’interno per creare un rapporto visivo diretto fra il centro della villa e gli spazi retrostanti, con l’innalzamento e l’allargamento dell’apertura che dall’abside introduce all’ottagono centrale. La volontà di Botta è stata quella di modificare fortemente il primitivo spirito “domestico” della “casa d’artista”, con i locali legati a precise funzioni abitative, per sottolineare, attraverso le sale perimetrali rese “neutre”, l’eccezionalità dell’ottagono. Spazio di riferimento in grado di offrire orientamento e misura ai visitatori.
Il suo nuovo allestimento invece sottolinea i punti forti di quello originale, tramandato da documenti iconografici e descrittivi. Può illustrarci gli aspetti più importanti?
Il nuovo allestimento presenta molte più opere rispetto al precedente proprio per avvicinarsi il più possibile all’originale e creare così un interessante connubio tra antico e moderno. Mentre le principali opere di Vela si trovano riunite per temi nelle sale perimetrali, il grande salone centrale torna oggi ad essere dominato dalla poderosa statua equestre del Duca di Brunswick, allontanata nel corso del Novecento; intorno ad esso è stato ricreato il “pantheon” di uomini illustri del Risorgimento italiano, con molti splendidi ritratti. L’idea è stata quella di ripristinare l’atmosfera del “sacrario” ottagonale così come lo aveva voluto l’artista, con il suo straordinario affollamento di monumenti, busti, rilievi e medaglioni esposti in registri sovrapposti. Atmosfera alquanto singolare, se si pensa che è la testimonianza di una fase importantissima della storia italiana ospitata in suolo elvetico.
La tecnica della scultura ottocentesca con la creazione dei modelli in gesso delle stesse dimensioni del «prodotto» finale, quindi spesso e volentieri monumentali (non per nulla siamo nel secolo delle grandi opere commemorative), richiedeva una lavorazione assai complessa. Vela ci ha lasciato importanti testimonianze documentarie del suo procedimento creativo, e soprattutto ha voluto preservare i suoi modelli come sculture autonome. Desiderio autocelebrativo ma anche un’esperienza educativa ed emozionale unica sia per il pubblico dell’epoca che per quello di oggi. Cosa ne pensa?
L’intento di Vela fu certamente autocelebrativo, proprio perché l’artista, nel pieno vigore della sua carriera, era ben consapevole del suo successo. Tuttavia, aprendo la villa al pubblico, da buon padrone di casa affabile e generoso qual era (come si tramanda sin dalle prime testimonianze), egli coniugava l’intento di stupire con quello di fornire un’esperienza di arricchimento culturale agli ospiti (che ai tempi non potevano però accedere all’atelier). Oggi più che mai, invece, il nuovo allestimento, con i freschissimi bozzetti in terracotta e gesso al piano terreno e con le interessantissime fotografie, consente al visitatore moderno di capire come lavorava l’artista. Dalla prima fase di documentazione nella biblioteca – che avveniva con l’aiuto della colta consorte Sabina -, al disegno, al bozzetto e via via fino al modello in gesso e poi all’opera finale.
Le collezioni del Museo Vela non comprendono solo la gipsoteca di Vincenzo. Può illustrarci i nuclei più importanti delle opere dello scultore e degli altri artisti della famiglia?
Il museo conserva oltre 4.300 pezzi. Accanto alle opere di Vincenzo, tra cui si annoverano nuove rilevanti attribuzioni, vi sono la pinacoteca con i dipinti della sua collezione, la biblioteca di famiglia e una preziosa raccolta di fotografie d’epoca del tutto inedite. Ma non si possono dimenticare i lasciti del figlio e pittore Spartaco e del fratello Lorenzo, scultore animalista misconosciuto, con i suoi modelli in gesso, le sculture in marmo e in terracotta e la sua raccolta personale di quadri ottocenteschi lombardo-piemontesi.
Ci parli infine della mostra inaugurale “Bellezze e verità. Le collezioni dell’Ottocento”. Quali sono le novità esposte?
La mostra, presentata nelle sale al primo piano, che anche in futuro ospiteranno esposizioni temporanee, offre al pubblico l’occasione di ammirare sculture di Vincenzo e Lorenzo Vela da poco restaurate e solitamente conservate nei depositi, non trovando posto nell’allestimento permanente. Vengono così rivalutati nuclei tematici un poco trascurati quali il ritratto d’infanzia e la scultura di genere, nel caso di Vincenzo, o la scultura di ispirazione letteraria, nel caso del fratello. Particolarmente interessanti, inoltre, le fotografie con dedica di opere di allievi che testimoniano l’attività accademica di insegnante del grande scultore ticinese.

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa