di Claudia Ghiraldello
[L’]iconografia di sant’Antonio abate prevede, ai piedi del monaco, la presenza di un suino, spesso della razza Cinta Senese. Tale elemento iconografico, che è il secondo apparso in ordine di tempo dopo il bordone di eremita e che venne seguito dal campanello e dalla fiamma, ricorda il privilegio del 1095 in base al quale i discepoli del santo potevano ricavare lardo dai maiali, lardo da usarsi, unito ad erbe officinali, come rimedio contro il cosiddetto “fuoco di sant’Antonio”.
Antonio, infatti, fu venerato quale protettore da questa malattia da quando, durante la traslazione delle sue reliquie da Costantinopoli in Europa, si verificarono in Francia numerose guarigioni. Secondo una tradizione popolare, il maiale raffigurato accanto al monaco rappresenta il diavolo che, sconfitto da lui, fu condannato da Dio a seguirlo sotto tali spoglie; secondo altre, invece, l’animale ricorderebbe la guarigione di un maiale malato operata dal santo, santo invocato anche contro la peste e lo scorbuto.
Da ulteriori ricerche, tuttavia, risulta che la protezione esercitata dal nostro monaco non sarebbe stata relativa al semplice herpes zoster (il “fuoco di sant’Antonio” sopracitato), bensì all’ergotismo canceroso, affezione assai più pericolosa, causata dall’avvelenamento da parte di un fungo della segale mal conservata o deteriorata. Il morbo provocava piaghe e cancrene repellenti con crisi di convulsioni e demenza, e se si pensa che la segale era alla base dell’alimentazione della gente comune del passato, va da sé dedurre che tale malattia dovesse essere diffusa e di terribile impatto fisico e psicologico. Fu curata per tutto il Medioevo proprio e specialmente dall’ordine ospedaliero-ospitaliero degli Antoniani, riconosciuto da Bonifacio VIII nel 1297, ma attivo nel Delfinato già dall’XI secolo.
All’iconografia antoniana si riferisce pure il campanello, il quale, molto spesso, è attaccato al bastone del santo, forse a ricordo del tinnio dei sonagli che da lontano annunciavano l’arrivo dei questuanti dell’Ordine.
A proposito del bordone, va detto altresì che la sua forma a Tau rimanda al simbolo egiziano di resurrezione e, parimenti, alla raffigurazione della croce di Cristo; inoltre, con la croce a Tau si identificava il segno che gli Ebrei posero sugli stipiti delle porte prima dell’esodo dall’Egitto e il palo su cui Mosè collocò il serpente di bronzo per preservare il popolo d’Israele dal morso dei rettili velenosi del deserto. Simbolo di predestinazione divina, nella foggia rammenta anche il martello di Thor, caro ai Germani.