Bernardo Strozzi(1581-1644), o prete genovese, come veniva frequentemente chiamato, è pittore prima che sacerdote, amante della libertà prima che osservatore delle convenzioni. Queste caratteristiche gli causano non pochi problemi in una Genova, quella del XVII secolo, ancorata alla tradizione. Il suo stile improntato al realismo, l’attenzione alla realtà feriale, faranno scuola fra gli artisti locali, e creeranno interesse presso i collezionisti ma, al tempo stesso, attireranno l’ira della Chiesa. La cuoca (1625) è la tela che forse più di ogni altra può simboleggiare il contrasto tra queste due concezioni del mondo, la prima aperta all’assoluto, la seconda esclusivamente tesa sulla lastra del presente.
Il quadro in cui è ritratta una donna, infatti – e in cui si mescolano sapori di ascendenza nordica e naturalismo – potrebbe essere simile a uno di quelli presi in considerazione dal Tribunale Arcivescovile di Genova per processare l’“eretico” Strozzi con l’accusa di esercizio illecito della pittura e più precisamente “contra decorem dignitatis sacerdotalis exercuit et exercet artem pictoris, images ac picturas tam prophanas quam non”. Il motivo dell’accusa risiede nel fatto che il religioso crei un dipinto che vada oltre i ristretti canoni del tempo, aderendo al processo di secolarizzazione della pittura che vede negli artisti laici del nord-Europa i promotori. Solo per un breve periodo grazie alla protezione di Giovanni Carlo Doria, il Nostro riesce a resistere nei confronti di chi gli è avverso, è infatti costretto, in seguito, ad andarsene a Venezia. Il trasferimento in laguna non è del tutto negativo per Bernardo, che, grazie agli influssi, tra gli altri, di Rubens e Paolo Veronese, compie un’ulteriore evoluzione stilistica. Le tinte acquistano più concretezza, usa colori più caldi e intensi; le figure sono definite e la pittura si fa maggiormente monumentale e aperta. Il tutto contrassegnato, come si è visto, da una spiccata propensione al naturalismo.
Bernardo Strozzi – Il prete processato perché dipingeva opere “profane”
Il quadro in cui è ritratta una donna, infatti – e in cui si mescolano sapori di ascendenza nordica e naturalismo – potrebbe essere simile a uno di quelli presi in considerazione dal Tribunale Arcivescovile di Genova per processare l’“eretico” Strozzi con l’accusa di esercizio illecito della pittura e più precisamente “contra decorem dignitatis sacerdotalis exercuit et exercet artem pictoris, images ac picturas tam prophanas quam non”. Il motivo dell’accusa risiede nel fatto che il religioso crei un dipinto che vada oltre i ristretti canoni del tempo, aderendo al processo di secolarizzazione della pittura che vede negli artisti laici del nord-Europa i promotori