Cesare Maggi (Roma, 1881 – Torino, 1961), straordinario cantore delle montagne, è stato un celebrato pittore italiano. Nato in una famiglia di attori – dotata di una forte sensibilità per i temi artistici – Maggi ha intrapreso studi classici, assecondando il desiderio del padre, ma, al contempo, ha appreso a dipingere in età molto precoce, prima con l’artista livornese Vittorio Corcos, nel 1897, quindi con Gaetano Esposito, a Napoli . Due ottimi maestri, in grado di gettare le basi tecniche sulle quali Maggi ha costruito e migliorato fino ad esiti finissimi, la propria sensibilità espressiva, dedicata al genere del paesaggio.
Il suo debutto, con una mostra, avviene a Firenze, nel corso dell’ l’Esposizione Annuale della Società di Belle Arti di Firenze (1898 ), ma poichè un artista in carriera non può affrontare, in quegli anni, il lavoro, senza un confronto con le ricerche più avanzate, si reca per un breve periodo a Parigi, dove ha modo di entrare in contatto sia con l’Impressionismo declinante, che con il simbolismo, il cezannismo e quei nuclei da cui si diparte l’avanguardia.
Singolarmente non è Parigi, con gli atelier all’ incessante ricerca di linguaggi alternativi, a far breccia nella sua immaginazione, ma l’incontro, nel 1889, con le opere di Giovanni Segantini della Società milanese di Belle Arti. Il divisionismo segantiniano, mai rigido e mai asservito a una visione scientifica della realtà, aperto a cogliere il senso della vita sia attraverso simboli espliciti che attraverso la voce-rivelazione insita nel paesaggio stesso, costituiscono per Cesare Magi l’elemento di autentica svolta. Dopo un breve soggiorno in Engadina, regione nella quale ha modo di esplicitare creativamente la folgorazione segantiniana, si stabilisce temporaneamente a Milano prima di trasferirsi definitivamente a Torino .
La collaborazione commerciale con Alberto Grubicy, fino al 1913, gli consente di affermarsi rapidamente come uno dei maggiori rappresentanti della seconda generazione di pittori divisionisti in Italia. Dipinge numerosi paesaggi montani d’elevata fruibilità, concentrandosi principalmente sugli aspetti della percezione visiva, raggiungendo grandi esiti di virtuosismo, soprattutto quando coglie i giochi mutevoli e gli accordi cromatici necessari per rendere, con vibrante verità, picchi rosati, zone d’ombra, prati innevati, che rappresentano, in potenza, un vero tranello per ogni pittore che non abbia una preparazione tecnica di grande livello. Specie la neve, infatti, si intride di valori atmosferici secondo regole che non sono facili da codificare e il suo bianco – inesistente – è composto non soltanto dai primari, ma da un’integrazione e sovrapposizione di centinaia di tinte. Parte della critica sottolineerà il fatto che in Maggi permane – come in una parte degli impressionisti – la premiennza della fascinazione ottica, a discapito del valore spiritutale, ben presente, invece, nelle opere di Segantini. Cesare Maggi ha preso parte alle più importanti mostre italiane ed europee, tra le quali la Biennale di Venezia – che gli dedica una sezione – . Dopo una parentesi dedicata alla ritrattistica, il periodo della maturità dell’artista si segnala per una semplificazione della materia. Maggi fu anche un docente. Ottenne, infatti, la cattedra di pittura presso l’ Accademia Albertina di Torino
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Dipinge numerosi paesaggi montani d'elevata fruibilità, concentrandosi principalmente sugli aspetti della percezione visiva, raggiungendo grandi esiti di virtuosismo, soprattutto quando coglie i giochi mutevoli e gli accordi cromatici necessari per rendere, con vibrante verità, picchi rosati, zone d'ombra, prati innevati, che rappresentano, in potenza, un vero tranello per ogni pittore che non abbia una preparazione tecnica di grande livello. Specie la neve, infatti, si intride di valori atmosferici secondo regole che non sono facili da codificare e il suo bianco - inesistente - è composto non soltanto dai primari, ma da un'integrazione e sovrapposizione di centinaia di tinte.