Angelo Venturoli, (Medicina 1749 – Bologna 1821), fu un architetto e un promotore delle arti e della formazione dei giovani artisti. Venne nominato principe dell’Accademia clementina di Bologna e fondò il collegio -che oggi porta il suo nome – destinato ai giovani che mostrassero predisposizione per le materie artistiche. Come progettista, inclinato al neoclassicismo, basato sulla ripresa di modelli filtrati, nel Cinquecento, da Palladio, realizzò, tra gli altri, il palazzo Hercolani e la facciata della chiesa dei Santi Gregorio e Sirio.
Una deliziosa mostra – Angelo Venturoli. Una eredità lunga 190 anni, curata da Roberto Martorelli e da Luigi Samoggia – ne ha celebrato figura e istituzione educativa, rendendo, attraverso cento opere, la temperie di un’epoca. Un omaggio reso da Medicina, il luogo natale, al suo illustre concittadino. Nel testo che segue, di Gloria Malavasi, esamina gli erbari che gli studenti realizzavano dopo passeggiate di svago, durante le quali, comunque non si perdeva di mira il lato educativo. Fiori e piante che poi venivano copiati, affinché l’artista non fosse indotto ad immaginazione, ma ad un’osservazione e a una riproduzione del vero.
di Gloria Malavasi
A testimonianza della fervida attività didattica in ambito scientifico cui venivano sottoposti gli studenti del Collegio artistico Venturoli di Bologna durante il rettorato di Augusto Romagnoli (dal 1870 al 1903), sono consultabili 120 cartelle sciolte, composte da un foglio di carta grezza piegato al centro a guisa di carpetta, numerate da 27 a 4996 e datate per il periodo 1882-1886. La numerazione farebbe quindi presupporre un assai più corposo insieme, probabilmente smembrato volutamente o sottoposto comprensibilmente a continui rimaneggiamenti, poiché sono molte le cartelle riutilizzate e rinumerate tramite l’escamotage del semplice rovesciamento del foglio di contenimento e la cancellazione del precedente titolo con un tratto di matita.
Ogni cartella contiene da 1 a 5 piante essiccate affiancate dalla relativa placchetta colorata descrittiva, in cui vengono fornite 4 tipologie di informazioni: Genere, Specie (in termini latini e secondo la nomenclatura binomia linneana), Località di raccolta e Data.
Tali schede non sempre sono compilate integralmente, mentre il genere e la specie sovente vengono ripetuti sul fronte della cartella a matita.
Le piante, a volte dotate anche dell’apparato radicale, sono essiccate, pressate e posizionate tra i due fogli della coperta senza alcun vincolo di spago o di colla, permettendone in tal modo comodamente la visione fronte e retro.
Alcune cartelle (poche in verità) hanno anche un foglio più rigido interno che le rende meno fragili, oppure una carta assorbente, il che farebbe presupporre che il confezionamento sia avvenuto a essicazione non ancora completata. In altre è presente un foglio sul quale la pianta è stata anche disegnata.
Esse contengono piante raccolte durante le passeggiate che si svolgevano prevalentemente nei mesi estivi ma anche nei mesi invernali (vedi carpetta 31 datata 10 febbraio 1884). Le località prescelte erano urbane (es. zona Fossolo, porta San Mamolo, strada di Gaibola, Convento dell’Osservanza) prative o montane situate spesso nei dintorni di Bologna (Paderno, Barbiano, Mongardino, Campi di Lustrole, lungo Reno, Monte Vigese, Monte Cimone, Corno alle Scale, Ronzano, prati di Baricella). .
Erano previste infatti uscite di svago (della durata di almeno un’ora e mezza al giorno) durante le quali gli studenti, oltre a praticare attività all’aperto, ritenuta indispensabile per un’ottima salute, venivano invitati a continuare l’attività di studio nelle diverse materie, cosicché la visita culturale a un’esposizione, a una chiesa o a un monumento laico diveniva occasione per raccogliere campioni di rocce, fossili, piante, per l’approfondimento degli studi nelle materie scientifiche, tramite l’osservazione partecipe e consapevole del mondo esterno.
Alcune passeggiate erano organizzate proprio con lo scopo di raccogliere fiori, oppure assistere ai fenomeni dell’alba o del tramonto, oppure osservare il cielo, la qual cosa procurava particolare piacere e divertimento nonché momenti di riflessione profonda ai ragazzi. Durante l’osservazione diretta della natura vigeva l’uso di prendere appunti e venivano redatti resoconti mensili dall’alunno designato “segretario” del mese. I fiori venivano utilizzati poi anche come soggetti da riprodurre nelle varie tecniche artistiche.
Particolarmente significativo è quanto scrive Alfonso Modonesi durate il segretariato del mese di settembre 1887: «…E’ sempre meglio copiare dalla natura che da quello che hanno fatto gli uomini. Almeno in questo modo non si è copisti dell’arte di un secolo; ma si riesce sempre nuovi perché si prendono delle idee da delle cose che hanno tutta la ragione di essere e in natura non c’è nemmeno un filo d’erba o il più piccolo insetto che non abbia il suo perché d’esistere».