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di Maurizio Bernardelli Curuz
Tecnica e stile di Monet variarono con il passaggio del tempo, come avviene per tutti gli artisti. Egli passò da una pittura più analitica, con stesure più lisce, che rinviavano all’opera di Manet, nel primo periodo, a una sintesi con un linguaggio stenografico nel periodo della maturità mentre nella vecchiaia la sua pittura divenne quasi liquefatta, con pennellate allungate, sinuose e ondeggianti cpme nelle Ninfee e nei Glicini, conl’isolamento di una porzione di paesaggio, in direzione di soluzioni informali e astratte.
Ma è sul periodo della luce frenetica, dell’istante luminoso, moltiplicato in un vertiginoso scintillio di luce che vorremmo, in questo breve saggio, fermare l’attenzione, per passare in rassegna, in altri interventi, modalità pittoriche diverse presenti nello stesso autore.
La domanda: è possibile instaurare un rapporto tra i progressi, la diffusione e il grafismo della stenografia e la convulsa, sincopata raccolta di energie e frasi luminose della natura nella sintesi compiuta da Monet? La scrittura rapida e sintetica della stenografia contribuì a suggerire al maestro modalità diverse di captare e di restituire all’osservatore il brulichio della moltitudine dei fenomeni luminosi? E quanto il pensiero legato allo sviluppo della telegrafia suggerì a Monet l’idea, complementare a quella stenografica, che fosse possibile offrire l’essenza della realtà attraverso un linguaggio cromatico di punti e di linee, incomprensibili se visti da vicino, ma ricomposti dall’occhio alla distanza?
Egli inseguiva anche il desiderio di trasfondere l’idea della luce mutevole e del movimento, nel quadro. Erano gli anni in cui lo studio delle immagini in movimento avrebbe portato alla nascita del cinema. Sallie Gardner at a Gallop, il primo filmato sperimentale realizzato da Eadweard Muybridge, risale al 1873, anno precedente alla nascita ufficiale dell’impressionismo. Le scoperte scientifiche sempre più incalzanti, il rinnovamento delle conoscenze, la velocizzazione di processi tradizionalmente lenti, come i trasporti e le comunicazioni, trasformarono il mondo statico in un mondo in movimento e in continua evoluzione, legato alla realtà e alla conoscenza di fenomeni impercettibili.
Tutto ciò influenzò profondamente l’arte nuova, anti-accademica, contraria alla trasmissione rigida di canoni formali, estetici, tecnici, contenutistici che frenavano un’avvertita necessità di mutamento dei linguaggi che andasse, di pari passo, con la velocità di rinnovamento del mondo della conoscenza e del pensiero. La luce e la sua velocità rappresentarono per Monet il nucleo di un’energia nuova.
Linea, punto. Punto, punto, linea, virgola virgola, punto linea linea, virgola, virgola virgola. Tutti segni che appaiono in rilievo sulla tela. Il colore non viene più steso, come nella pittura accademica. Esce esso stesso dalla superficie, si innalza come un picco monte per catturare lateralmente la luce.
Fermiamoci un istante per osservare i segni, sul particolare del dipinto che pubblichiamo. Monet, specie dopo la nascita del puntinismo, accelera la resa prepotente dell’energia luminosa sulle tele, attraverso rese stenografiche e telegrafiche. Ma non soltanto attraverso il punto, come i suoi emuli più avanzati del puntinismo, ma tramite una direzionalità della pittura, un processo stenografico della luce che vibra nella materia e sulla materia. Con più segni, tra loro correlati e collegati, come avveniva nella stenografia.
Il collegamento tra arte e sviluppo tecnologico non è da sottovalutare. Munch, che ebbe un esordio impressionista, scrisse proprio in quegli anni:”Mi impegnavo a semplificare. E’ in effetti quello che ho sempre tentato di fare. Si può intuirlo in quella costruzione di acciaio (ora completata), la Torre Eiffel (1889, n.d.r). Si può intuirlo nella vibrante linea curva poi ammorbiditasi nello Jugendstil. La linea flessuosa va inoltre ricondotta alla scoperta di nuove energie nell’atmosfera e nella fede in esse. Alle onde radio e ai nuovi mezzi di comunicazione” (Edvard Munch, Frammenti sull’arte, Abscondita, pagina 32).
Analizziamo questo dipinto di Claude Monet, realizzato nel 1891.
Claude Monet, Alice Hoschedé au jardin, Olio su tela, 81×65 cm
Ecco le infinite vibrazioni, le energie della natura racchiuse nella luce, nel vento, nell’acqua; il movimento fluido, direzionale della pittura di Monet. Essa freme di punti e di linee rette, a livello dei fiori, che ascendono come faville di un fuoco, mentre, a livello dell’erba la luce arde attraverso quelle linee curve di energia descritte da Munch. Se osserviamo, in basso a sinistra, e isoliamo un rettangolo di giallo e di blu, siamo perfettamente di fronte a quella che è la pittura di Van Gogh, che potenzia, espressionisticamente, la carica di energia, attraverso una tecnica affidata a linee cromatiche giustapposte e rilevate.