31 nuove unità grafiche, risalenti al Paleolitico, sono emerse grazie a recenti indagini nella Grotta Romanelli, in Puglia. Sono figure geometriche incise o sintesi di figurazione zoomorfa, che rappresentano bovidi e anche un imponente volatile. Altro materiale era stato portato alla luce in passato, sia come opere parietali che a livello di quella che viene definita arte mobile, costituita da placchette di pietra incise, trovate sul pavimento della grotta.
La Romanelli è una delle grotte naturali costiere salentine, vicino a Castro. E simile alla cavità di una grande conchiglia. E’ lunga 35 metri ed è affacciata direttamente sul mare.
La grotta fu individuata e aperta tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, dopo la rimozione dei materiali consistenti che si erano depositati sia all’entrata che all’interno dell’antro. Le ricerche hanno permesso di stabilire che frequentazione e attività espressive si svilupparono in un periodo compreso tra i 14 000 e gli 11.000 anni orsono. Nuovi rilevamenti hanno portato – come dicevamo – all’isolamento e all’evidenziazione di altre incisioni, che moltiplicano le testimonianze di una forte ritualità espressiva da parte della comunità umane che frequentarono questo luogo protetto. Un’anticipazione dello studio – condotto dall’equipe italiana composta da Dario Sigari, Ilaria Mazzini, Jacopo Conti, Luca Forti, Giuseppe Lembo, Beniamino Mecozzi, Brunella Muttillo, Raffaele Sardella – è stata pubblicata nelle ore scorse da Cambridge University Press.
Gli studiosi hanno evidenziato almeno quattro diverse tecniche di incisione, sottolineando l’abilità degli artisti nel selezionare strumenti appropriati a superfici rocciose di diversa durezza. La scoperta delle nuove incisioni non solo amplia la testimonianza figurativa della Grotta Romanelli e dell’arte paleolitica italiana più in generale, ma segna anche un passo importante verso l’inserimento di questo sito nel più ampio e complesso panorama dell’arte paleolitica. Le nuove figure forniscono la prova di un patrimonio visivo condiviso in un’ampia parte dell’Eurasia durante il tardo Paleolitico superiore, ponendo nuove domande sulle dinamiche sociali e sulla diffusione di motivi iconografici comuni nel bacino del Mediterraneo, all’interno del quale la grotta pugliese risulta un sito chiave tra l’Europa occidentale e orientale.
Come un’immensa chiesa. Altri 31 “quadri” del Paleolitico emergono dalla grotta marina pugliese
Sono figure geometriche incise o sintesi di figurazioni zoomorfe, che rappresentano bovidi e anche un imponente volatile. Altro materiale era stato portato alla luce in passato, sia come opere parietali che a livello di quella che viene definita arte mobile, costituita da placchette di pietra incise, trovate sul pavimento della grotta