Cosa succede se trovi in uno scavo un seme di migliaia d’anni fa e lo pianti? Le sorprendenti risposte dei vasi

Il mistero della germinazione dei semi antichi: un viaggio attraverso i millenni

Dalla misurazione del seme millenario alla pianta @ Foto da Guy Eisner / Sarah Sallon et altri. Dallo studio appena pubblicato

Le indagini proseguono. Pochi giorni fa sono stati pubblicati i risultati di uno studio sulle piante risorte, provenienti da “strati archeologici” e datate con il C 14 con particolare riferimento a una pianta biblica il cui seme millenario è stato trovato in una grotta.

Uno dei fenomeni più affascinanti della biologia e dell’archeologia moderna è la capacità di riportare in vita semi antichissimi, conservati per millenni in contesti archeologici o in ambienti naturali come il permafrost. La più recente impresa in questo campo riguarda un seme di Commiphora, appartenente alla famiglia Burseraceae, che dopo oltre 1000 anni è stato riportato alla vita da un team internazionale di ricercatori. Questo seme, scoperto negli anni ’80 in una grotta nel deserto della Giudea, è diventato un giovane albero di 3 metri, chiamato Sheba, portando con sé nuove scoperte sulle piante menzionate nei testi biblici e la loro importanza nella storia antica. Ora le caratteristiche genetiche della pianta nata da qual seme antico sono state sottoposte ad indagine da parte di un gruppo di ricercatori e presentati nei giorni scorsi.

Il contesto della scoperta: Sheba, il seme millenario

Il seme di Commiphora è stato trovato durante gli scavi condotti dal Dipartimento di Archeologia dell’Università Ebraica di Gerusalemme. Conservato per decenni, solo di recente è stato selezionato per la germinazione grazie all’avanzamento delle tecnologie nel campo dell’agricoltura sostenibile. Dopo essere stato piantato nel 2010, Sheba è germinato in circa cinque settimane e ha iniziato a crescere, rivelando la sua identità come un albero appartenente a un genere di piante oggi quasi estinto nella regione del Levante.

La famiglia Commiphora è celebre per le sue resine aromatiche, in particolare l’incenso e la mirra, apprezzate nell’antichità per l’uso in rituali religiosi, imbalsamazioni e medicina. Il DNA di Sheba ha rivelato una parentela con altre specie africane e della penisola arabica, ma ciò che lo rende particolarmente interessante è il fatto che non appartiene a nessuna delle specie moderne conosciute. I ricercatori ritengono che Sheba potrebbe rappresentare una variante antica di una pianta usata per produrre il “tsori”, una resina menzionata nella Bibbia e utilizzata nell’antichità per scopi medicinali e commerciali.

Le nuove scoperte: sostanze chimiche uniche e il legame con il passato

Lo studio condotto dai dottori Gavin R. Flematti e Björn Bohman dell’Università dell’Australia Occidentale ha portato alla luce dati fitochimici unici riguardanti Sheba. Nonostante la pianta produca pochi composti aromatici rispetto ad altre specie di Commiphora, sono stati identificati nuovi glicolipidi mai descritti prima, con potenziali implicazioni per la medicina moderna. Questi composti, scoperti grazie all’analisi GC-MS (gas-cromatografia accoppiata a spettrometria di massa), aprono la strada a nuovi studi che potrebbero sfruttare queste sostanze in ambito farmaceutico.

Inoltre, nelle foglie di Sheba sono stati trovati alti livelli di squalene, un composto organico usato comunemente in cosmetici e trattamenti per la pelle. Questo risultato suggerisce che l’uso di piante simili in antichità potesse estendersi ben oltre l’aromaterapia e includere applicazioni mediche o estetiche non ancora del tutto comprese.

Semi millenari: non solo Sheba

Sheba non è l’unico caso di successo nella germinazione di semi antichi. Altri semi, risalenti a diverse epoche storiche, sono stati recuperati e fatti germinare con risultati sorprendenti:

  1. Silene stenophylla: uno dei casi più straordinari riguarda una pianta germinata da semi di Silene stenophylla, conservati per 30.000 anni nel permafrost siberiano. Nel 2012, i ricercatori russi sono riusciti a riportare in vita questa pianta estinta che, dopo migliaia di anni, ha ripreso a fiorire, dimostrando la resilienza incredibile dei semi conservati in ambienti estremamente freddi.
  2. Phoenix dactylifera: uno dei più celebri esempi riguarda il dattero della Giudea (Phoenix dactylifera), germinato da semi vecchi di 2000 anni trovati nel sito archeologico di Masada, in Israele. Questi semi erano stati scoperti negli anni ’60 e conservati fino al 2005, quando furono piantati e riportati in vita. La pianta è stata chiamata “Matusalemme” in onore della sua longevità storica.
  3. Anagyris foetida: un altro seme millenario riportato in vita è quello di Anagyris foetida, una pianta leguminosa le cui tracce risalgono a circa 1600 anni fa. Questo tipo di semi ha mostrato un’incredibile resistenza grazie alla capacità di ridurre l’attività metabolica durante la conservazione.
  4. Nelumbo nucifera: forse meno impressionante in termini di età, ma comunque notevole, è il caso del loto sacro (Nelumbo nucifera), i cui semi di 1300 anni sono stati riportati in vita con successo. Questa pianta acquatica è conosciuta per la sua longevità straordinaria.

Come è possibile la germinazione dopo millenni?

La capacità di alcuni semi di germinare dopo millenni è attribuita a una combinazione di fattori ambientali e genetici. In condizioni estreme, come nel permafrost o in ambienti desertici secchi, i semi possono mantenere intatta la loro integrità cellulare grazie alla disidratazione quasi totale, che blocca l’attività metabolica e previene la degradazione del DNA.

Alcuni semi, come quelli delle palme o di altre specie desertiche, possiedono strati protettivi molto spessi, che li isolano dalle variazioni estreme di temperatura e umidità. Questa protezione naturale consente loro di rimanere dormienti per lunghissimi periodi, pronti a rispondere a stimoli ambientali favorevoli come l’acqua e la luce solare. Altri fattori che contribuiscono alla longevità dei semi includono la presenza di sostanze come i glicolipidi, che possono proteggere le membrane cellulari dagli effetti del congelamento o della disidratazione.

Implicazioni scientifiche e future prospettive

Lo studio sui semi antichi offre spunti preziosi non solo per l’archeologia e la botanica, ma anche per la biotecnologia e la farmacologia. Il recupero di semi millenari potrebbe portare alla riscoperta di specie estinte o estirpate, utili per la diversità agricola, il miglioramento delle colture moderne e lo sviluppo di nuove terapie mediche. Ad esempio, i glicolipidi scoperti nelle foglie di Sheba potrebbero avere applicazioni farmacologiche in trattamenti multi-target, una scoperta che potrebbe rivoluzionare lo studio delle piante medicinali.

Inoltre, l’emergente campo della “genomica della resurrezione” punta a utilizzare semi antichi per studiare i genomi originali e confrontarli con le piante moderne, aprendo la strada a un approfondimento sull’evoluzione delle piante e sul loro adattamento ai cambiamenti climatici. Grazie a questo approccio, gli scienziati possono esaminare fenotipi ormai perduti e studiare come le specie si siano evolute per sopravvivere alle sfide del loro tempo.

In conclusione, la germinazione di semi antichi come quello di Sheba rappresenta un importante passo avanti nella comprensione della storia botanica e culturale del mondo. La possibilità di riportare in vita specie perdute offre una finestra unica sul passato e potrebbe fornire soluzioni a sfide moderne come il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare e la biodiversità.

FONTE: Communications Biology. Sarah Sallon, Elaine Solowey, Morgan R. Gostel, Markus Egli, Gavin R. Flematti, Björn Bohman, Philippe Schaeffer, Pierre Adam & Andrea Weeks, “Characterization and analysis of a Commiphora species germinated from an ancient seed suggests a possible connection to a species mentioned in the Bible”. Doi.org/10.1038/s42003-024-06721-5

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Stile Arte è una pubblicazione che si occupa di arte e di archeologia, con cronache approfondite o studi autonomi. E' stata fondata nel 1995 da Maurizio Bernardelli Curuz, prima come pubblicazione cartacea, poi, dal 2012, come portale on line. E' registrata al Tribunale di Brescia, secondo la legge italiana sulla stampa