di Chiara Bertoldi
[I]l pittore e poeta inglese Dante Gabriel Rossetti (1828-1882) è senza alcun dubbio uno dei massimi rappresentanti della Confraternita dei Preraffaelliti, fondata nel 1848. I giovani che diedero vita a questo movimento, delusi da tutto quello che li circondava e che consideravano uno stato di decadenza, cercavano le origini nella pittura (come ben esemplifica il nome prescelto) prima di Raffaello, incarnata da artisti come Botticelli e Filippo Lippi e da poeti come Dante. Curioso a tale proposito sottolineare che, nonostante il lavoro di Rossetti traesse profonda ispirazione dalla tradizione italiana, egli non raggiunse mai l’Italia e addirittura si allontanò da Londra, sua città natale, solo in tre occasioni. Profonda fu l’influenza del padre, insegnante d’italiano al King’s College di Londra e grande cultore di Dante, poeta la cui vita costituì uno dei soggetti preferiti da Rossetti. Inoltre, le donne, presenza immancabile nelle sue tele, sembrano svolgere un ruolo simile a quello della Beatrice della Divina commedia dantesca: immerse in un’atmosfera silenziosa svelano attraverso la loro bellezza la dimensione trascendentale.
Se il 1848 fu l’anno della fondazione della Confraternita, non meno cruciale fu per Rossetti il 1850, anno in cui conobbe Elisabeth Siddal (“Lizzie”), anch’ella pittrice e sua futura moglie. Da quel momento la donna sarebbe divenuta la modella preferita del pittore e degli altri rappresentanti preraffaelliti; basti ricordare a tal proposito che fu proprio Lizzie a posare per la celeberrima “Ophelia” di Millais. Ma fu comunque Rossetti a ritrarla in dipinti e disegni, in modo ossessivo anche una volta che la donna prematuramente morì: di salute cagionevole, forse anoressica, diede alla luce una bambina morta e da lì a poco, nel 1863, solo tre anni dopo aver sposato il compagno di una vita, morì per overdose di laudano. Rossetti, disperato, la fece seppellire impulsivamente insieme ai suoi poemi. Poesie che riuscì a recuperare solo nel 1869, dopo aver riesumato il corpo di Elisabeth, per pubblicarle nella raccolta intitolata semplicemente “Poems”. Come un’apparizione dantesca la donna è protagonista di un’opera realizzata dopo la morte ed intitolata emblematicamente “Beata Beatrix”.